1097: la marcia in Anatolia

Entro la fine di aprile del 1097 tutti i Crociati attraversarono il Bosforo, e subito si diedero da fare più per il loro tornaconto che per fare la guerra ai musulmani.

Ricordiamo che i Turchi Selgiuchidi avevano invaso l'Asia Minore e fondato il Sultanato di Iconio, che si estendeva dai fiumi Oronte ed Eufrate sino a Nicea. I Turchi Selgiuchidi non erano riusciti a conquistare le aree costiere perché non avevano una propria marina, ma dominavano le province più ricche che erano appartenute all'Impero Bizantino e questo permise loro di accedere alla cultura dei greci.


Passaggio del Bosforo da parte di Goffredo di Buglione.
Al suo fianco vi sono due ministri dell'Imperatore bizantino Alessio Comneno
e suo fratello Baldovino de Boulogne con la moglie e i loro bambini
(dipinto di Emile Signol)

I Turchi Selgiuchidi del Sultanato di Iconio vivevano in tende, non conoscevano altra occupazione se non la guerra e la ricchezza degli altri come bottino. Erano guidati da Jalal al-Dawla Malikshah che, da quando aveva conquistato le terre dell'Impero Bizantino, era stato soprannominato Qilij Arslan (“la Spada del Leone”).

Con l'avvicinarsi dei Crociati, Qilij Arslan chiamò i suoi vassalli ed i suoi alleati per la difesa di tutte le sue province. Anche i più coraggiosi difensori dell'islamismo si schierarono sotto la sua bandiera.


i crociati si riuniscono a Calcedonia

Non contento di aver radunato un enorme esercito, Qilij Arslan impiegò tutti i suoi sforzi per fortificare la città di Nicea, che riteneva fosse il primo obbiettivo dei cristiani. Questa città della Bitinia era la capitale del Sultanato di Iconio ed era a Nicea che i Turchi Selgiuchidi, come in un avamposto, aspettavano l'occasione per attaccare Costantinopoli e muoversi verso l'Occidente.

Non appena i Crociati attraversarono il Bosforo si ricongiunsero a Calcedonia. I baroni riunirono i loro battaglioni e partirono subito per Nicea. Dopo diversi giorni di cammino, i Crociati arrivarono a Nicomedia, dove rimasero tre giorni, dopo di che l'esercito ripartì.

Una volta giunti a Civetot raggiunsero le tende dei soldati dell'esercito di Pietro l'eremita che erano sfuggiti alla carneficina ed avevano vissuto in clandestinità sulle montagne e nelle foreste circostanti. Alcuni erano coperti di stracci, altri nudi, diversi erano feriti. Stremati dalla fame, avevano sopportato una vita miserabile al rigore delle stagioni ed alla barbarie dei Turchi Selgiuchidi.

La comparsa di questi fuggiaschi sfortunati e la storia della loro miserie si diffuse in tutto l'esercito cristiano e le lacrime scorrevano abbondanti quando i Crociati appresero i disastri dei primi soldati della croce.

I soldati di Pietro l'eremita fecero vedere il luogo dove chi, pressato dalla fame e dalla sete, si era arreso ai Turchi Selgiuchidi e che era stato immediatamente massacrato, poi fecero vedere la montagna ai piedi della quale ogni Crociato dell'esercito di Gualtieri Senza Averi era stato decapitato.


i Crociati marciano in silenzio
tra i resti dell'esercito di Pietro l'eremita

I Crociati marciarono in silenzio, incontrando ossa umane, brandelli di bandiere, lance rotte coperte di polvere e ruggine, tristi resti di un esercito sconfitto. In mezzo a queste triste scenario, non potevano vedere senza un fremito di dolore il campo dove Gualtieri Senza Averi aveva lasciato le donne ed i malati: i cristiani erano stati sorpresi dai musulmani mentre i sacerdoti celebravano la Messa e donne, bambini, anziani e tutti coloro che erano rimasti al campo, furono inseguiti sino all'altare e tradotti in schiavitù o in uccisi sul posto.

La vista di un tale disastro riaccese lo zelo per la Crociata. I baroni approfittarono di questa terribile lezione ed emanarono ordini utili per il mantenimento della disciplina. Poi arrivò la primavera: la campagna coperta di verde e di fiori, il clima, il bel cielo di Bitinia e l'ardore dei soldati, lasciavano presagire che Dio benediceva le loro armate e sarebbe stato più felice di loro se avessero combattuto i musulmani.

I Crociati attraversarono il fiume Draco, famoso tra i pellegrini. Non lontano dalla sorgente del Draco, attraversarono il fiume Arganthon e poi niente più che stretti sentieri tra le rocce e scogliere a picco. Goffredo di Buglione inviò in avanti 4.000 uomini armati di asce e badili per aprire le strade e piantare croci di legno a intervalli regolari per segnalare il passaggio ai Crociati. Lasciando questi percorsi difficili, si poteva vedere la piana di Nicea.

I Crociati avanzarono fiduciosi nella loro forza sapendo che nessuno poteva opporvisi. Mai le campagne di Bitinia avevano visto uno spettacolo più imponente ed il terribile numero di Crociati superava la popolazione di molte grandi città. Il loro numero copriva una vasta area ed i Turchi Selgiuchidi, sulle cime delle montagne dove erano accampati, avevano paura al solo vedere un esercito di 100.000 cavalieri ed innumerevoli fanti.