1097: la presa di Tarso
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1097: la marcia da Dorylaeum ad Iconio

Il 3 luglio 1097, quando i Crociati ripresero la loro marcia, decisero di non separarsi più. Questa risoluzione li riparava da qualsiasi sorpresa, ma esponeva un esercito troppo grande a morire di fame in un paese devastato dai Turchi. Lasciata la pianura di Dorylaeum, trovarono le campagne deserte e furono costretti a vivere con le radici delle piante selvatiche o con quanto aveva abbandonato il nemico in fuga. Inoltre la mancanza di acqua e di foraggio fece morire molti cavalli.


Turchi Selgiuchidi

La maggior parte dei cavalieri erano obbligati, come i fanti, a camminare a piedi, portando in spalla le loro armi il cui peso li sopraffaceva. L'esercito cristiano quindi offrì lo strano spettacolo dei cavalieri che montavano su asini e buoi, alla testa delle loro truppe. Montoni, capre, maiali, cani e tutti gli animali disponibili erano carichi di bagagli che, per la maggior parte, vennero poi abbandonati lungo la strada.

I Crociati poi, prima di arrivare ad Iconio, attraversarono la Frigia e l'Isauria. Le cronache sono piene di dettagli sulle sofferenze patite dai Crociati lungo il viaggio: provarono tutti gli orrori della sete ed ogni giorno perivano almeno 500 persone. Invano imploravano il miracolo che Dio aveva operato nel deserto per il suo popolo eletto. Nelle valli sterili della Frigia risuonarono per giorni le loro preghiere, le loro lamentele, e forse anche le loro bestemmie.

Poi i cristiani fecero una scoperta che avrebbe potuto salvarli ma che in realtà si rivelò mortale: i cani al seguito dei Crociati avevano lasciato i loro padroni e vagavano dappertutto alla ricerca di una fonte. Un giorno tornarono indietro diversi cani la cui pelliccia sembrava sporca di terra bagnata: pensando che avevano trovato l'acqua, alcuni soldati li seguirono e scoprirono un fiume.

Tutti i crociati si precipitarono al fiume, sopraffatti dal calore e dalla sete e, senza fare alcuna attenzione, si gettarono in acqua. Ma l'acqua era stata avvelenata e oltre 300 di loro morirono quasi improvvisamente e molti altri si ammalarono gravemente e non poterono continuare il loro viaggio.

Comunque l'esercito crociato riuscì ad arrivare ad Iconio, che aprì loro le sue porte. Questa città era situata in mezzo a prati, ruscelli e boschi. La vista di un paese sorridente e fertile indusse i cristiani a fermarsi per qualche giorno e ben presto dimenticarono tutto il dolore che avevano sofferto.

La notizia della marcia e le vittorie dei Crociati si era diffusa in tutti i paesi limitrofi, i quali inviarono i loro emissari per offrire aiuto e giurare fedeltà. Ma per i nuovi conquistatori l'unico pensiero era quello di sconfiggere i nemici di Cristo; la popolazione dell'Asia Minore era quasi interamente cristiana e la maggior parte delle città, sottomesse al giogo dei musulmani, li accolse come liberatori.


Goffredo di Buglione uccide l'Orso

Durante il viaggio Goffredo di Buglione, che si era perso tra i boschi, corse un grave pericolo nel difendere un soldato attaccato da un orso. Riuscì ad uccidere la bestia ma, per una ferita alla coscia, rischiò di morire dissanguato nel campo dei Crociati.

Tutti i Crociati piansero, pregando il cielo per la vita di Goffredo; fortunatamente la ferita non era grave ma, indebolito dalla perdita di sangue, Goffredo rimase a lungo senza riprendere forza.

1097: la presa di Tarso

Mali maggiori minacciavano i Crociati. Fino ad allora tra di loro era prevalsa la pace e la loro unione era la loro forza. Improvvisamente la discordia scoppiò tra alcuni capi e fu sul punto di coinvolgere tutto l'esercito.

Baldovino di Boulogne e Tancredi d'Altavilla, il primo che guidava una truppa di guerrieri fiamminghi, l'altro un gruppo di soldati italiani, erano stati inviati in avanscoperta per proteggere i cristiani del posto ed ottenere delle forniture.


i turchi si arrendono a Tancredi

Andarono prima nella città di Iconio ma, non avendo incontrato il nemico e trovando la città deserta, proseguirono verso mare attraverso le montagne del Tauro. Tancredi, che era partito per primo, arrivò senza ostacoli sotto le mura della città di Tarso, situata in una pianura a tre ore dal mare. I Turchi che difendevano la città promisero di arrendersi se avessero avuta salva la vita.

Mentre Tancredi accettava le promesse dei Turchi, vide arrivare le truppe controllate da Baldovino di Boulogne. Entrambi i distaccamenti crociati si congratularono per il loro incontro e si abbracciarono con gioia. I crociati fiamminghi, dopo un pasto frugale, trascorsero la notte in pace, ma all'alba, la vista della bandiera di Tancredi che sventolava dalla torre della città di Tarso eccitò la gelosia di Baldovino e dei suoi compagni.

Baldovino sosteneva che il suo esercito era più grande e che la città doveva appartenere a lui. Non vedendosi riconosciuti i suoi diritti, entrò in collera e inveì grossolanamente contro Tancredi, Boemondo di Taranto e tutti gli “avventurieri” di razza normanna.

Dopo lunghe discussioni si convenne di chiedere il parere della popolazione di Tarso, per vedere quale dei due Principi avrebbero preferito: questi scelsero Tancredi. A questa risposta, Baldovino minacciò turchi ed armeni della sua vendetta, promettendo al tempo stesso la sua protezione e quella dei suoi Crociati qualora gli stendardi di Tancredi fossero stati ammainati.

Gli abitanti, a loro volta, impauriti dalle minacce e sedotti dalle promesse di Baldovino, si decisero ad obbedirgli ed ammainarono la bandiera di Tancredi che venne vergognosamente buttata fuori dalle mura.


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