1098: il primo assedio di Antiochia
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1098: il primo assedio di Antiochia

L'assedio di Antiochia aveva molti ostacoli e pericoli ed i capi dei Crociati si consultarono fra di loro prima di intraprendere l'operazione. Qualcuno pensò che sarebbe stato poco saggio iniziare l'assedio all'avvicinarsi dell'inverno. Non avevano paura delle armi del nemico, ma delle piogge, delle gelate, delle malattie e della carestia.


Guerrieri Turchi

Si pensò di attendere l'arrivo dei Crociati che erano ancora nelle province e nelle città circostanti, oltre agli aiuti promessi dall'Imperatore Bizantino Alessio I Comneno; si ritenne opportuno aspettare anche il ritorno della primavera.

Tale parere venne ascoltato con insofferenza da molti capi Crociati, tra i quali il Vescovo Ademaro de Monteil e Goffredo di Buglione. Infatti Goffredo disse:
“Non dovremmo godere del terrore diffuso tra i nemici? Dovremmo consentire loro il tempo di dare l'allarme? Non sappiamo forse che hanno implorato l'aiuto del Califfo di Baghdad e del Sultano di Persia?
Qualsiasi tipo di ritardo potrebbe fortificare gli eserciti dei musulmani ed i cristiani perderebbero i frutti delle loro vittorie.
Abbiamo parlato dell'arrivo dei Greci, ma c'è stato bisogno dei Greci per attaccare il nemico già sconfitto più volte?
Per quanto riguarda i rigori dell'inverno, che sembra che facciano paura, questo è un insulto ai soldati di Gesù Cristo, visto che li crediamo incapaci di sopportare il freddo e la pioggia.
Perché dobbiamo frenarci per il timore della carestia e della fame? Fino ad ora non abbiamo trovato le risorse?
Dobbiamo sapere che la vittoria ha sempre fornito tutte le risorse occorrenti ai Crociati. In una parola, l'abbondanza, la sicurezza e la fama sono tra le mura di Antiochia; la miseria e soprattutto la vergogna, sono le più grandi calamità per i cavalieri e per i baroni”.


Goffredo di Buglione

Questo discorso toccò i cuori dei più forti e più coraggiosi. Quelli che erano di parere contrario temevano di essere accusati di timidezza e rimasero in silenzio. Perciò il consiglio decise che avrebbero iniziato l'assedio di Antiochia.

L'esercito Crociato si avvicinò alle mura della città. Alla testa dei battaglioni sventolavano bandiere d'oro e di porpora, ovunque si udiva il suono delle trombe e dei tamburi, il nitrito dei cavalli, le grida dei soldati. Le rive del fiume Oronte potevano vedere 600.000 pellegrini della croce e 300.000 di questi erano armati.

Il primo giorno l'armata cristiana piantò le sue tende; Boemondo di Taranto e Tancredi di Altavilla, con i loro italiani, si posizionarono a est, di fronte alla porta di San Paolo, sulle colline senza alberi. Nella pianura intorno alla riva sinistra del fiume Oronte si accampò il Conte Roberto II di Fiandra con i suoi normanni, fiamminghi e bretoni: Poi veniva il Conte Raimondo di Tolosa ed il Vescovo Ademaro de Monteil con i loro provenzali; infine le truppe di Goffredo di Buglione, accampate vicino alla porta del Ponte.

La città fu quindi divisa in tre zone di attacco: est, nord-est e nord; i Crociati non potevano attaccare il lato sud perché era inaccessibile a causa delle montagne e dei precipizi. Ad ovest di Antiochia, le mura e le torri occidentali erano meno potenti, ma un accampamento in quel punto sarebbe stato troppo esposto agli attacchi degli assediati.


l'assedio di Antiochia (miniatura medievale)

I Turchi Selgiuchidi si erano rinchiusi tra le mura di Antiochia, nessuno era sulle mura e non si sentiva alcun rumore proveniente dalla città. I Crociati pensavano di aver visto in questa evidente immobilità e silenzio lo scoraggiamento e la paura.

Illusi dalla speranza di una facile conquista, non presero alcuna precauzione e si diffusero nelle campagne vicine. Gli alberi erano ancora coperti di frutta e molte greggi che i turchi non avevano potuto portare con loro vagavano nei pascoli. L'abbondanza di cibo, il bel cielo della Siria, le sorgenti, le sponde del fiume Oronte, fecero presto dimenticare ai pellegrini lo scopo e lo spirito dell'impresa dei soldati di Gesù Cristo.

La cieca sicurezza e l'ozio fiducioso dei Crociati non tardarono a dare coraggio ai difensori di Antiochia. I Turchi fecero diverse incursioni e sorpresero i loro nemici; solo alcuni Crociati si occupavano di fare la guardia ai campi, mentre gli altri erano sparsi in giro. Tutti quelli che, sperando di saccheggiare, erano stati attratti nei villaggi e nei frutteti vicino al fiume Oronte, trovarono la schiavitù o la morte.

Il giovane Alberoni, arcidiacono di Metz e figlio di Corrado, Conte di Lüneburg, pagò con la vita l'intrattenimento che poco concordava con l'austerità della sua professione. Mentre era sdraiato sul prato e stava giocando a dadi con una donna siriana di rara bellezza, i Turchi Selgiuchidi che erano fuori dalle mura di Antiochia avanzarono tra gli alberi senza essere visti, per poi apparire improvvisamente armati di spade e frecce. Quasi tutti i numerosi i pellegrini che erano con l'arcidiacono, per la paura, dimenticarono i dadi e fuggirono rapidamente.

I Turchi decapitarono il povero Alberoni e portarono con loro in città diversi prigionieri e la donna siriana senza far loro alcun male ma, dopo aver soddisfatto la loro brutale passione, gli sfortunati prigionieri perirono sotto la scure; poi le loro teste e quella dell'arcidiacono furono lanciate con una catapulta nel campo cristiano.

Dopo questo spettacolo i Crociati giurarono di vendicare la morte dei loro compagni sorpresi e massacrati. Ma all'esercito cristiano mancavano le scale e macchine da guerra per fare un attacco; costruirono quindi un ponte di barche sul fiume Oronte per fermare le incursioni dei musulmani sulla sponda opposta. Poi raddoppiarono gli sforzi per chiudere tutti i valichi di frontiera agli assediati ed impedire loro di attraversare le porte della città.


i Crociati attraversano il ponte di barche sul fiume Oronte

I Turchi uscivano da un ponte in pietra costruito su una palude, di fronte alla porta del Cane: i Crociati, raccolti picconi, martelli e tutti gli strumenti di ferro che erano nel campo, iniziarono a demolire il ponte, protetti da una grande torre di legno che però crollò consumata dalle fiamme. Infine, gli assedianti non trovarono altro modo per fermare queste uscite del nemico, che ammucchiare davanti alla porta enormi massi, detriti e grandi alberi.

Mentre erano così chiuse le porte di Antiochia, Tancredi d'Altavilla, il più valoroso dei cavalieri Crociati, era continuamente in agguato intorno alla città. Un giorno sorprese una banda di Turchi Selgiuchidi che erano in cerca di foraggio per i cavalli: uccise tutti quelli che gli si presentarono davanti e le teste di 70 infedeli furono inviate al Vescovo Ademaro de Monteil “come decima sulla carneficina”.


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