1098: il secondo assedio di Antiochia
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Questa decisione diffuse il terrore in tutte le province cristiane dell'Anatolia. Donne, bambini e tutte le famiglie cristiane presero i loro beni e seguirono l'esercito dell'Imperatore che ritornava a Costantinopoli. A niente servirono i reclami dei soldati, soprattutto i Crociati che seguivano l'esercito dei Bizantini, i quali accusarono Stefano di Blois per aver disertato la bandiera di Gesù Cristo ed accusarono anche se stessi per non aver preceduto l'esercito dei Bizantini e non essere giunti in tempo per soccorrere i Crociati di Antiochia o morire con loro.

Intanto nella città assediata la devastante carestia aumentava. La miseria avanzava ed il silenzio era così grande che sembrava che la città fosse sepolta in una notte profonda, o che non vi fosse rimasta più alcuna persona. I Crociati avevano paura di circolare e si trattenevano all'interno delle case che oramai consideravano le loro tombe.

Le mura della città venivano attaccate ogni giorno. I musulmani fecero irruzione in una torre abbandonata; la guarnigione mussulmana della cittadella che, attraverso una porta aperta verso oriente, riceveva di continuo rinforzi dall'esercito Kerbogha, spesso attraversava il fossato e le mura opposte a quelle dove veniva attaccata e fece una carneficina nelle strade abitate dai cristiani. Ma le provocazioni del nemico, la presenza del pericolo, le grida dei feriti, il tumulto della guerra, niente poteva risvegliare il coraggio intorpidito della maggior parte dei Crociati.

Boemondo, che aveva assunto il comando della città, cercò invano di far ritornare il coraggio ai Crociati; invano le trombe ed i sergenti d'arme li chiamavano a combattere; alla fine, per strapparli dai loro nascondigli, il Principe di Taranto fece incendiare diversi quartieri di Antiochia.

I Baroni che non riuscivano a farsi rispettare dai loro soldati, non avevano più la forza di dare l'esempio. Alcuni di loro chiesero a Kerbogha di poter abbandonare la città e, quando il generale Turco respinse la loro richiesta, spinti dalla disperazione progettarono di abbandonare l'esercito e fuggire nella notte: furono comunque fermati dalle esortazioni di Goffredo di Buglione e del Vescovo Ademaro de Monteil, che mostrò loro la vergogna alla quale stavano andando incontro.

Il feroce Kerbogha pressava ancora di più con l'assedio della città. Sembrava sicuro della vittoria e guardava tutti i Crociati come prossime vittime delle spade dei musulmani. Alcuni prigionieri cristiani, indeboliti dalla fame e quasi nudi, vennero spediti in catene al Califfo di Baghdad, per mostrargli con quali miserabili nemici i musulmani dovevano combattere.

In tutte le città musulmane della Siria, venne annunciata la prossima rovina e distruzione dell'esercito cristiano, ma Kerbogha non sapeva che la salvezza dei cristiani proveniva dall'alto ed era superiore alla loro disperazione e che quello spirito di entusiasmo che li aveva portati in Asia gli avrebbe fatto superare tutti gli ostacoli.

1098: la scoperta della Lancia Sacra

Ogni giorno tra l'esercito cristiano accadevano rivelazioni, profezie, miracoli. Sant'Ambrogio apparve ad un venerabile sacerdote e gli disse che i cristiani, dopo aver abbattuto tutti i nemici, sarebbero arrivati come conquistatori a Gerusalemme, dove Dio avrebbe premiato il loro operato.

Stefano di Valenza, un monaco lombardo che aveva trascorso la notte in una chiesa di Antiochia, aveva visto Gesù Cristo con la Vergine e il Principe degli Apostoli. Il figlio di Dio, irritato dal comportamento dei Crociati, respingeva le loro preghiere e li voleva abbandonare al loro destino, ma la Vergine, con le sue lacrime placò l'ira del Salvatore.


varie “lance sacre” raccolte negli archivi segreti del Vaticano

Disse allora il figlio di Dio al monaco: “Alzati, insegna al mio popolo il ritorno della Mia misericordia; corri a predicare ai cristiani che, se tornano a Me, il giorno della loro liberazione è arrivato”.

Coloro che Dio aveva scelto così bene come custodi dei suoi segreti e delle sue volontà offrirono, per attestare la verità delle loro visioni, di buttarsi giù dalla cima di una torre, o di passare attraverso le fiamme, o di consegnare le loro teste al carnefice; ma queste prove non erano necessarie per convincere i Crociati sempre pronti a credere nei miracoli, sopratutto nel momento del pericolo.

La fantasia dei capi e dei soldati fu presto colpita dalle promesse che erano state fatte in nome di Dio e la speranza di un futuro migliore cominciò a risvegliare il loro coraggio.

Tancredi d'Altavilla, il cavaliere leale e coraggioso, giurò che sarebbe rimasto con i suoi sessanta compagni e che non avrebbe abbandonato il progetto di liberare Gerusalemme. Goffredo di Buglione, Ugo di Vermandois, Raimondo di Saint Gilles e Tolosa Roberto II di Normandia e Roberto II di Fiandra fecero lo stesso giuramento. Tutto l'esercito, come i suoi comandanti, promise di lottare e soffrire fino al giorno che avrebbe segnato la liberazione dei luoghi santi.

Tra il rinnovato entusiasmo, due disertori si presentano davanti all'esercito cristiano e raccontarono che quando avevano cercato di fuggire da Antiochia, erano stati fermati: uno da Gesù Cristo stesso che gli aveva promesso di salvare Antiochia e l'altro da suo fratello morto in battaglia che gli aveva promesso che avrebbe lasciato la tomba con tutti i compagni morti con lui, per combattere al fianco dei Crociati.


il Vescovo Ademaro de Monteil assiste allo scavo

Per dare il tocco finale a tutte le promesse del cielo, un monaco di Marsiglia, di nome Pietro Bartolomeo raccontò al Consiglio dei capi dell'apparizione di Sant'Andrea apostolo, che gli era apparso per quattro volte durante il sonno.

Il santo apostolo gli aveva detto: “vai nella chiesa di mio fratello Pietro ad Antiochia. Vicino all'altare si trova, scavando sotto terra, il ferro della lancia che trafisse il costato del Redentore. In tre giorni, questo strumento di salvezza eterna si rivelerà ai suoi discepoli. Questo ferro mistico, portato alla testa dell'esercito, opererà la liberazione dei cristiani e trafiggerà i cuori degli infedeli”.

Il Vescovo Ademaro de Monteil, Raimondo di Saint Gilles e Tolosa e gli altri capi dei Crociati, crederono o finsero di credere a questa apparizione e la notizia si diffuse presto in tutto l'esercito. I soldati dissero che nulla era impossibile per il Dio cristiano e pensarono anche che Gesù Cristo era interessato alla loro salvezza e che Dio avrebbe fatto miracoli per salvare i suoi seguaci e sostenitori.

Tre giorni dopo, dodici Crociati scelti tra i più rispettabili tra il clero ed i cavalieri andarono sul luogo indicato da Pietro Bartolomeo ed iniziarono a scavare la terra sotto l'altare maggiore. Il più profondo silenzio regnava nella chiesa mentre l'esercito intero, riunito davanti ai cancelli, aspettava con impazienza i risultati della ricerca.

La sera, quando lo scavo aveva raggiunto la profondità di più di dodici metri, la lancia non era stata ancora trovata e l'impazienza dei cristiani cresceva. Nell'oscurità della notte venne fatto un nuovo tentativo e, mentre i dodici Crociati pregavano sul bordo della buca, Pietro Bartolomeo riapparve fuori dalla fossa tenendo il ferro sacro in mano.


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