1118: il regno di Baldovino di Bourg
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1123: la cattura del Re Baldovino II

Balak ibn Bahram ibn Ortok, nipote e successore di Ilghazi ibn Artuq, seminava il terrore sulle rive dell'Eufrate e, come il leone costantemente in cerca di preda, riuscì a sorprendere Joscelin di Courtenay e suo cugino Galéran du Puiset, che furono condotti in catene fino ai confini della Mesopotamia.

Quando la notizia arrivò nel Regno di Gerusalemme, il Re Baldovino II corse ad Edessa per confortare la gente e per cercare il modo di spezzare le catene dei principi imprigionati. Ma, confidando troppo nel suo coraggio e vittima della sua generosità, egli stesso cadde nelle insidie del Sultano Balak: venne catturato e condotto nella fortezza di Kharpût, dove divenne il compagno di sventura di quelli che voleva liberare.

Le antiche cronache celebrano il valore eroico dei cinquanta armeni che tentarono di liberare i Principi cristiani. Questi, dopo aver invocato la protezione dell'Onnipotente, si introdussero nella fortezza di Kharpût sotto mentite spoglie, travestiti da monaci. Appena entrati nella cittadella, i coraggiosi armeni lasciarono il loro travestimento e, tirando fuori le loro armi, massacrarono la guarnigione musulmana e resero la libertà agli illustri prigionieri.


Joscelin de Courtenay (dipinto di Edouard Odier)

La fortezza conteneva cibo in abbondanza ed ogni sorta di attrezzature da guerra; Balak vi aveva lasciato le sue mogli, i suoi tesori ed i bottini più preziosi dei paesi che aveva devastato. I guerrieri armeni esultarono per il successo della loro impresa, ma ben presto i turchi si riunirono ed assediarono la fortezza dove in quel momento sventolava la bandiera di Cristo.

Il Sultano Balak aveva raccolto il suo esercito ed aveva giurato di uccidere Baldovino II, Joscelin ed i loro liberatori e questi non avrebbero resistito a lungo a tutte le forze riunite dei Turchi se non fossero giunti in soccorso i loro fratelli cristiani.

Si decise allora che Joscelin sarebbe uscito dalla fortezza per andare nelle città cristiane a cercare l'aiuto dei baroni e cavalieri. Quindi Joscelin, dopo aver giurato che si sarebbe lasciato crescere la barba e che non avrebbe bevuto vino fino a quando non avesse adempiuto alla sua pericolosa missione, fuggì attraverso la moltitudine dei minacciosi musulmani, passò l'Eufrate utilizzando due otri di pelle di capra e, attraversando tutta la Siria, finalmente arrivò a Gerusalemme, dove depose nella chiesa del Santo Sepolcro le catene che lo avevano tenuto prigioniero e raccontò le disavventure ed i pericoli di Baldovino e dei suoi compagni.

Alla sua voce, un gran numero di cavalieri e guerrieri cristiani giurarono di marciare fino alla prigione del loro monarca. Joscelin si mise alla loro testa ed avanzò verso l'Eufrate assieme ai più coraggiosi guerrieri di Edessa e di Antiochia, quando si seppe che il feroce Balak aveva appena espugnato la fortezza di Kharpût.

Dopo la partenza di Joscelin, Baldovino II, Galéran du Puiset ed i guerrieri armeni avevano a lungo sostenuto gli attacchi dei musulmani, ma le fondamenta del castello erano state minate ed i guerrieri cristiani si trovarono improvvisamente in mezzo a delle rovine.


Joscelin di Courtenay passa l'Eufrate su due otri di pelle di capra

Balak, lasciando in vita il Re di Gerusalemme e Galéran du Puiset, li fece nuovamente imprigionare nella fortezza di Kharpût. I coraggiosi armeni morirono tra le torture e la palma del martirio fu il prezzo per la loro dedizione.

Quando Joscelin ed i guerrieri che lo avevano seguito appresero la triste notizia, persero ogni speranza di attuare il loro progetto e tornarono indietro, dispiaciuti di non poter dare la vita per la libertà dei Principi cristiani.

1123: la battaglia di Ibelin

I Saraceni d'Egitto cercarono di trarre profitto dalla prigionia di Baldovino II e si radunarono nella pianura di Ascalona con l'intenzione di espellere i Franchi dalla Palestina. Da parte loro, i cristiani di Gerusalemme e delle altre città del Regno, confidando nel loro coraggio e nella protezione di Dio, si apprestavano a difendere il proprio territorio.

Come sempre, i cristiani attribuivano ai loro peccati il successo degli infedeli; quindi i preparativi per la guerra dovevano sempre iniziare con la preghiera e l'espiazione. Il popolo e il clero di Terra Santa in questa occasione inizialmente cercò di allontanare l'ira di Dio con alcune rigorose penitenze. Ne vennero ordinate velocemente due: la prima prevedeva che le donne rifiutassero ai loro figli ancora in culla il latte delle loro mammelle; la seconda prevedeva che le greggi venissero tolte dai loro pascoli abituali e private di qualsiasi cibo.

La guerra fu poi proclamata al suono della grande campana di Gerusalemme. L'esercito cristiano, composto solo da 3.000 uomini, era comandato da Eustachio de Grenier, Conte di Sidone, che era stato nominato reggente di Gerusalemme in assenza di Baldovino.

In testa all'esercito, il Patriarca della Città Santa portava il legno della Vera Croce. Dietro di lui marciava Ponce, Abate di Cluny, che portava la Sacra Lancia con cui era stato trafitto il fianco del Salvatore; al suo fianco c'era il Vescovo di Betlemme, che era portava il vaso miracoloso nel quale era conservato il latte della Vergine, Madre di Gesù Cristo.

Quando i guerrieri cristiani uscirono da Gerusalemme, gli egiziani stavano assediando Giaffa per terra e per mare. All'approccio dei Crociati, la flotta musulmana, piena di terrore, si allontanò dalla riva, mentre l'esercito, accampato ad Ibelin, attendeva con ansia l'esercito cristiano.

Infine, i due eserciti si scontrarono. Nel mezzo della battaglia, una luce simile al lampo brillò nel cielo e improvvisamente esplose tra le fila degli infedeli.

Questi restarono immobili e terrorizzati ed i cristiani, armati di fede, raddoppiarono il loro coraggio; i nemici vennero rapidamente sconfitti ed i resti del loro esercito, che era due volte più grande di quello dei cristiani, fuggì per ripararsi nelle mura di Ascalona. I Crociati, vittoriosi e carichi di bottino, tornarono a Gerusalemme, cantando le lodi di Dio.


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