1143: il regno di Baldovino III
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I cavalieri e soldati cristiani si riunirono attorno al Vescovo di Nazareth che portava il legno della Vera Croce e lo implorarono di smettere di piangere e di recitare le sue preghiere che non potevano più sopportare. Il Vescovo di Nazareth, toccato dalla loro disperazione, sollevò la croce implorando la misericordia del cielo e, immediatamente il vento cambiò direzione.


i soldati di Gerusalemme si ritirano, portando con loro morti e feriti

Le fiamme e il fumo che sino ad allora avevano afflitto i cristiani, improvvisamente si spostarono sui musulmani ed i cristiani continuarono la loro marcia convinti che Dio avesse fatto un miracolo per salvarli. Un cavaliere sconosciuto, su un cavallo bianco e con in mano una bandiera rossa, si mise alla testa ai cristiani: i soldati lo presero per un angelo venuto dal cielo e la sua presenza miracolosa rianimò le loro forze ed il loro coraggio.

Infine l'esercito di Baldovino tornò a Gerusalemme; il popolo si rallegrò al suo ritorno e lo accolse cantando le parole del Vangelo: “Dobbiamo gioire perché la gente che era morta ora è risorta, era perduta ed ora si è ritrovata”.

1144: l'assedio di Edessa

Zengi, che il Califfo di Baghdad e vari musulmani consideravano come il vero scudo e sostegno dell'Islam, stava estendendo il suo impero da Mosul al confine di Damasco e accresceva incessantemente le sue vittorie e conquiste, mentre i cristiani facevano pochi sforzi per fermare l'avanzata di una potenza così formidabile.

Zengi ostentava una grande sicurezza e nessuno voleva risvegliarsi dal suo sonno per portare colpi fatali al suo impero. Egli sapeva per esperienza che nulla era più fatale per i cristiani di un periodo di riposo troppo lungo; i crociati si indebolivano quasi sempre in tempo di pace e, quando non dovevano combattere contro i musulmani, combattevano tra di loro.


Zengi

Zengi non trascurò nessun mezzo per aumentare i suoi domini, e guardava costantemente alla discordia dei cristiani per approfittare della loro inazione o della loro negligenza. Gli storici arabi prodigano i più alti elogi per il genio ed il carattere del Principe di Mosul, lodano il suo coraggio e l'abilità in guerra, la generosità che lo rese amato dai suoi servi e dai suoi soldati, la sua attività instancabile che lo rendeva presente dappertutto e soprattutto la cura che metteva nel cercare di conoscere i pensieri più intimi dei suoi nemici.

Nonostante le lodi alla sua moderazione ed alla sua giustizia, la storia ci mostra più di una volta come usasse la violenza ed il tradimento per aumentare o mantenere il suo potere e come si circondasse sempre di un apparato così terribile che gli uomini morivano di paura al suo cospetto.

La più grande abilità di Zengi, o meglio la sua principale forza nella guerra contro i cristiani, fu quella di convincere i musulmani che il cielo lo aveva mandato per difendere la religione di Maometto: “Quando Dio ha voluto rovesciare i demoni della croce come aveva colpito gli angeli ribelli, ha gettato lo sguardo sui campioni dell'Islam ed non ha trovato nessuno adatto ad attuare i suoi disegni come il martire ‘Imad al-Din Zangi”.

Inoltre Zengi, padrone di gran parte della Siria e della Mesopotamia, cercava l'occasione per aggiungere la città di Edessa al suo impero. Questa conquista venne accreditata agli occhi dei mussulmani come una missione divina della quale Zengi era stato incaricato.

Per intrattenere Josselin II nella sua funesta sicurezza, il Principe di Mossul finse di fare la guerra contro altri musulmani, e quando lo si credeva occupato nell'attacco dei pochi castelli musulmani della Mesopotamia, apparve improvvisamente con un formidabile esercito sotto le mura di Edessa.

La città aveva alte mura, delle torri, una forte cittadella; ma tutte queste cose, secondo l'espressione dell'Arcivescovo di Tiro, “sono buone per chi ha voglia di combattere e diventano inutili se ci sono persone dal di dentro che non le difendono”.

In quel momento gli abitanti di Edessa erano quasi tutti caldei ed armeni, mentre la maggior parte dei Franchi aveva seguito il giovane Josselin II a Turbessel ed a quei pochi che erano rimasti ad Edessa mancava un capo che li guidasse in battaglia.

Zengi, arrivando sotto le mura della città, si accampò nei pressi della “Porta delle Ore”. Immediatamente molte macchine da assedio vennero indirizzate contro le mura. I residenti, il clero ed i monaci si piazzarono sui bastioni, mentre le donne ed i bambini li rifornivano di acqua, cibo ed armi. Con la speranza di essere presto tratti in salvo, presero posto. Aspettavano il soccorso dei valorosi Crociati e ogni giorno speravano di vedere dalle loro torri le bandiere dei Franchi. Vane speranze! Quando si diffuse in Siria la notizia dell'assedio di Edessa, la desolazione si diffuse tra i cristiani, ma nessuno prese le armi.

Gerusalemme era separata da Edessa da una distanza troppo grande e l'ordine di inviare le truppe, dato da Melisenda che governava il Regno con suo figlio Baldovino III, non ebbe seguito. I guerrieri di Antiochia potevano arrivare in tempo, ma Raimondo di Poitiers, che aveva un odio mortale verso Josselin, godeva dell'avanzata di Zengi che avrebbe causato l'umiliazione e la rovina del figlio del suo rivale.


la battaglia di Edessa (miniatura medievale)

Josselin II inviò i suoi ambasciatori ovunque, chiamò tutti i suoi guerrieri e organizzò un piano per marciare in aiuto di Edessa, ma invece di rispondere alle sue esortazioni, nessuno prese le armi per andare a salvare dalla disgrazia l'ultima città cristiana della Mesopotamia.

Intanto Zengi continuava senza sosta l'assedio di una città che sembrava abbandonata dai cristiani. Ogni giorno l'esercito musulmano riceveva rinforzi ed i curdi, gli arabi ed i turcomanni accorrevano attratti dalla speranza di bottino.

La città era circondata da tutti i lati. Sette enormi torri d'assedio si elevavano più alte delle pareti della città. Alcune formidabili macchine d'assedio battevano costantemente contro le mura o lanciavano nella città degli enormi massi e materiale incendiario. Dei minatori di Aleppo, scavavano delle gallerie sotto le mura e le torri della città, per poi, al primo segnale, farle crollare, consentendo così il passaggio dei soldati musulmani.


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