1153: il Regno di Baldovino III
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1153: l'assedio di Ascalona

La Crociata di Luigi VII, così disastrosa per la Francia, non aveva per niente cambiato le condizioni dei cristiani della Palestina; i loro continui litigi, le loro ambizioni, il loro insaziabile desiderio di accrescere la loro potenza e le loro ricchezze, impedirono loro di approfittare del disordine nelle dinastie dei Turchi e dei Saraceni.


Norandino

La necessità di difendere il loro paese e la loro religione aveva eccitato il fanatismo degli infedeli e li aveva spesso uniti ma, da quando i Crociati li avevano dispersi e messi in fuga, nelle loro armate subentrò la discordia e gli Emiri ne approfittarono per dividersi il potere, così che ciascuna città diventò un Principato del quale si disputavano il possesso.

Allora i cristiani avrebbero potuto approfittare di tale disordine, estendere il loro impero e consolidare il loro potere. Ma l'orgoglio dei baroni che non volevano riconoscere né un capo né un generale nel Re di Gerusalemme Baldovino III, fu loro fatale, visto che da questo caos stava sorgendo l'impero di Norandino, che doveva rovinare per sempre i cristiani di Palestina.

Norandino era figlio di quello Zengi che si era impossessato della città di Edessa prima della Seconda Crociata; da suo padre aveva ereditato tutte le sue conquiste, alle quali aveva aggiunto l'Emirato di Damasco.

Norandino era cresciuto tra i guerrieri che avevano giurato di versare il loro sangue per la causa del profeta e su di lui un poeta arabo scrisse:
“Norandino unisce il più nobile eroismo alla più profonda umiltà. Quando prega nel tempio, i suoi sudditi credono di vedere un santuario in un altro santuario.
Incoraggia le scienze, coltiva le lettere e si applica a far fiorire la giustizia nel suo regno. Il suo popolo ammira la sua clemenza e la sua moderazione e gli stessi cristiani elogiano il suo coraggio ed il suo eroismo.
Seguendo l'esempio di suo padre Zengi, è diventato l'idolo dei guerrieri per la sua liberalità e specialmente per il suo zelo nel combattere i nemici dell'Islam.
Dietro il suo esempio le passioni e tutti gli sforzi dei popoli della Siria ora sono diretti verso lo stesso obbiettivo: il trionfo del Corano e la distruzione delle colonie cristiane”.


Raymond du Puy de Provence
Gran Maestro degli Ospitalieri

Spesso i Crociati avevano diretto le loro armate contro Ascalona, il più solido baluardo d'Egitto, vicino alla Siria. Anche Baldovino III, seguito dai suoi cavalieri, si spinse nei pressi di Ascalona con l'intento di devastare il suo territorio.

L'avvicinarsi dei cristiani diffuse un tale terrore fra gli abitanti, che convinse il Re di Gerusalemme ad organizzare l'assedio della città. Baldovino immediatamente inviò messaggeri a tutte le città cristiane, annunciando la sua impresa come ispirata da Dio stesso ed invitò tutti i guerrieri cristiani ad aggiungersi al suo esercito.

Ben presto si videro accorrere baroni, cavalieri, Vescovi e prelati della Giudea e della Fenicia, tutti a prendere parte alla santa spedizione; Fulcherio di Angoulême, Patriarca latino di Gerusalemme, era in testa e portava con sé la vera croce di Gesù Cristo. All'invito risposero anche Raymond du Puy de Provence e Bernard de Tremelay, rispettivamente Maestri degli Ospitalieri e dei Templari.

La città di Ascalona si elevava, nella sua caratteristica forma circolare, sulla riva del mare e presentava dal lato verso terra delle mura massicce e torri inespugnabili; tutti gli abitanti erano addestrati a combattere e l'Egitto, che aveva un grande interesse nella conservazione di questa città, inviava quattro volte ogni anno, cibo, armi e soldati. Al momento dell'assedio ad Ascalona c'erano molti difensori, pari al doppio degli assedianti ed avevano una fornitura di cibo sufficiente per durare per anni.

Furono costruite alcune torri mobili ed iniziò l'assedio. Dopo due mesi, in prossimità delle festività pasquali, mentre l'esercito cristiano attaccava le mura della città, sbarcarono nei porti di Giaffa e di San Giovanni d'Acri un gran numero di pellegrini provenienti dall'Occidente.


l'assedio di Ascalona

I capi Crociati di Giaffa e di San Giovanni d'Acri decisero che le navi arrivavate dall'Europa dovevano essere trattenute, mentre i pellegrini vennero invitati ad andare ad aiutare i loro fratelli che assediavano Ascalona. Molti pellegrini accettarono prontamente e quindici navi, sotto il comando di Gerardo di Sidone, partirono per Ascalona. Al loro arrivo, tutto l'esercito cristiano rimase felicemente sorpreso e non mise più in dubbio la vittoria.

L'abbondanza regnava nel campo cristiano e la disciplina era rigorosamente rispettata con una sorveglianza accorta sia di giorno che di notte. La vigilanza era molto alta anche tra i capi degli assediati, che non si allontanavano mai dalle mura, incoraggiando costantemente i loro soldati e, per impedire che la città venisse sorpresa nel mezzo delle tenebre, fecero appendere ai merli delle torri delle lanterne di vetro che diffondevano durante la notte una luce simile a quella diurna.


il campo Crociato

Con il legno di alcune navi i cristiani costruirono un gran numero di macchine d'assedio, tra le quali una torre su ruote di una altezza immensa, come una fortezza con tutta la sua guarnigione. Questa, una volta spinta verso le mura, diffuse un tremendo caos nella città. Poi tutte le macchine d'assedio agirono insieme, alcune lanciando pietre, altre scuotendo le mura, mentre costantemente si ripetevano gli assalti ed i sanguinosi combattimenti.

Erano trascorsi cinque mesi dall'inizio l'assedio e le forze nemiche erano esauste, quando una flotta egiziana di settanta navi entrò nel porto di Asalona, portando agli assediati rinforzi e rifornimenti.

Accresciuti nel numero, gli assediati raddoppiarono il loro coraggio, ma lo zelo dei cristiani non rallentò ed i loro attacchi divennero più frequenti e più mortali, mentre la loro enorme torre mobile faceva crescere la paura tra gli infedeli ogni giorno di più.

Alla fine gli assediati decisero di distruggere questa macchina formidabile; gettarono tra la torre e il bastione una grande quantità di legname su cui versarono olio, zolfo e tutto ciò che poteva essere infiammabile e poi appiccarono il fuoco; ma il vento proveniente da est, invece di spingere le fiamme contro le torri, le spinse contro la città.

L'incendio durò tutto il giorno e tutta la notte; quando il vento cambiava direzione, si poteva osservare che le pietre delle mura si stavano sbriciolando, cotte dal fuoco. Il giorno dopo, all'alba un'ampia sezione delle mura collassò con uno schianto terribile.


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