1162: il Regno di Amalrico I
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1165: la spedizione in Egitto

Le continue sconfitte dei cristiani diedero a Norandino l'opportunità di proseguire senza rischi la sua attività contro l'Egitto; già il suo generale Shirkuh aveva conosciuto la ricchezza di questo paese ed il suo debole governo e, tornato a Damasco, aveva suggerito a Norandino di riunire questo ricco territorio al suo impero.

Norandino mandò i suoi ambasciatori da Al-Mustanjid, Califfo di Baghdad, non per chiedere aiuto, ma per dare un motivo religioso per la sua impresa.

Per molti secoli i Califfi di Baghdad e del Cairo erano stati divisi da un odio implacabile: ognuno di loro si vantava di essere il vicario del Profeta e guardava il suo rivale come il nemico di Dio.

Nelle moschee di Baghdad si maledicevano i Califfi d'Egitto ed i loro seguaci; in quelle del Cairo si dedicavano ai poteri dell'inferno gli Abbasidi ed i loro sostenitori.


il Califfo di Baghdad Al-Mustanjid

Al-Mustanjid non esitò ad acconsentire ai desideri di Norandino. Così diede l'incarico agli Imam di predicare la guerra contro i Fatimidi d'Egitto promettendo i piaceri del paradiso a tutti coloro che avrebbero preso le armi per la santa spedizione.

Alla voce del Califfo di Bagdad un gran numero di fedeli musulmani accorsero sotto le bandiere di Norandino ed il generale Shirkuh si apprestò a tornare in Egitto a capo di un potente esercito. La notizia dei preparativi si diffuse in tutto l'Oriente ed in particolare in Egitto, dove causò l'allarme più terrificante.

Il Re Amalrico, che da poco era ritornato nei suoi domini, ricevette a Gerusalemme gli ambasciatori del Visir Shawar che cercavano il suo aiuto ed una alleanza contro Norandino

I baroni del Regno di Gerusalemme si riunirono a Nablus, dove il Re spiegò i vantaggi di una nuova spedizione in Egitto. Presto l'esercito cristiano si organizzò per andare a combattere sulle rive del Nilo contro le truppe Norandino.

Intanto il generale Shirkuh, nell'attraversare il deserto con il suo esercito, venne colto una violenta tempesta; improvvisamente il cielo si era oscurato e la sabbia sembrava come il mare in tempesta. Le onde di sabbia erano spazzate via dai venti e si alzavano in vortici che muovevano le dune e che inghiottirono uomini e cavalli.

Durante la tempesta, l'esercito di Norandino aveva abbandonato il suo carico, perdendo così rifornimenti e armi, tanto che, quando Shirkuh arrivò sulle rive del Nilo, non aveva altro per difendersi se non il ricordo delle sue prime vittorie. Ma fu ben attento a nascondere le perdite che aveva subito ed i resti del suo esercito furono sufficienti per instillare il terrore in tutte le città d'Egitto.

Il Visir Shawar, terrorizzato dall'avvicinarsi dell'esercito di Shirkuh, mandò nuovi ambasciatori dal Re di Gerusalemme, per rinnovare la sua promessa di grandi ricchezze e per esortarlo ad affrettare la sua marcia. Da parte sua, Amalrico inviò Ugo di Cesarea ed il Cavaliere Templare Fulcherio dal Califfo d'Egitto per ottenere la ratifica del trattato di alleanza.


Ugo di Cesarea e Fulcherio incontrano il Califfo

Ugo e Fulcherio vennero introdotti in un palazzo dove non si era mai visto entrare un cristiano. Dopo aver attraversato diverse gallerie, un gran numero di stanze e di cortili dove brillavano tutte le meraviglie d'Oriente, arrivarono in una specie di santuario dove il Califfo era in attesa, seduto su un trono d'oro splendente di pietre preziose.

Il Visir Shawar, che li aveva accompagnati, si prostrò ai piedi del suo padrone e lo pregò di accettare il trattato di alleanza con il Re di Gerusalemme. Il comandante dei credenti, sempre docile alla volontà dell'ultimo dei suoi schiavi, fece un cenno di approvazione e tese la mano agli ambasciatori cristiani in presenza dei suoi ufficiali e cortigiani.

Ben presto l'esercito di Amalrico arrivò al Cairo, ma la politica del Re di Gerusalemme era quella di far durare il più a lungo possibile la guerra, così da prolungare il suo soggiorno in Egitto. Dopo aver lasciato passare diversi giorni, finalmente Amalrico ingaggiò una battaglia sull'isola di Maallé, vicino alla città del Cairo; in quest'occasione riuscì a catturare il campo nemico, ma non volle sfruttare la sua vittoria e si accontentò della ritirata di Shirkuh.

Nella sua ritirata verso l'Alto Egitto, Shirkuh cercò di risvegliare l'ardore dei soldati di Norandino. Ricordò loro tutti i mali che avevano sperimentato durante il passaggio nel deserto, ma questa memoria ancora fresca ed il successo iniziale dei cristiani, sembravano abbattere il loro coraggio anziché rianimarlo; allora un ufficiale di Shirkuh, nel Consiglio, disse:
“Voi che temete la morte o la schiavitù, tornare in Siria; andare a raccontare a Norandino, che vi ha conferito le sue benedizioni, che avete abbandonato l'Egitto agli infedeli per rinchiudervi in un serraglio con le donne ed i bambini”.

Queste parole rianimarono lo zelo ed il fanatismo nei guerrieri di Norandino. I cristiani e gli egiziani che stavano inseguendo l'esercito di Shirkuh furono sconfitti e costretti ad abbandonare in disordine il campo di battaglia.

Il generale di Norandino, godendo della sua vittoria, andò a mettere una guarnigione ad Alessandria, che gli aveva aperto le porte, e tornò ad assediare la città di Coptos, una città della Tebaide.

Ad Alessandria per parecchi mesi i soldati di Norandino si dovettero difendere dalle ribellioni degli abitanti e dagli attacchi dei cristiani. Così arrivarono infine ad una onorevole capitolazione e, visto che il loro esercito si stava indebolendo ogni giorno di più per la fame e per la stanchezza, si ritirarono di nuovo a Damasco.

Liberato dai suoi nemici, il Visir Shawar si affrettò a rimandare indietro i cristiani, dei quali temeva la presenza. Egli promise di pagare al Re di Gerusalemme un tributo annuale di 100.000 scudi e acconsentì a ricevere al Cairo una guarnigione cristiana. Così ricoprì di ricchi doni i cavalieri e baroni ed anche i soldati poterono godere della sua generosità.

Amalrico, mentre tornava nella sua capitale, osservò l'aspetto sterile e montuoso delle sue province, la povertà dei suoi sudditi, gli angusti limiti del suo regno e si rammaricò di aver perso l'opportunità di conquistare un grande Impero.

1168: l'alleanza con i Bizantini

Al suo ritorno a Gerusalemme, Almarico sposò Maria Comnena, figlia del Duca di Cipro Giovanni Comneno e nipote dell'Imperatore Bizantino Manuele. Mentre il popolo e la corte festeggiavano con gioia e gli auguravano la prosperità del suo regno e della sua famiglia, un solo pensiero occupava giorno e notte Almarico e lo seguiva anche durante i festeggiamenti: le ricchezze del Califfo del Cairo, la popolazione e la fecondità dell'Egitto, le sue flotte numerose, la comodità dei suoi porti, erano sempre nella mente di Amalrico.


matrimonio tra Almarico e Maria Comnena

Con il matrimonio tra Almarico e Maria Comnena, si era venuta a creare un'alleanza tra l'Impero Bizantino ed il Regno di Gerusalemme; così che Amalrico, per l'esecuzione dei suoi progetti, voleva approfittare di questa alleanza. Mandò quindi degli ambasciatori a Costantinopoli per coinvolgere Manuele nella conquista dell'Egitto. Manuele plaudì al progetto del Re di Gerusalemme, promise di inviare le sue flotte e condividere i pericoli e la gloria di una impresa che doveva interessare il mondo cristiano.


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