1189: l'assedio di San Giovanni d'Acri
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1189: la battaglia di San Giovanni d'Acri

La vasta pianura che si estendeva tra le colline occupata dai due campi ostili, divenne il teatro delle più sanguinose battaglie. Da 40 giorni i Crociati assediavano San Giovanni d'Acri e costantemente dovevano combattere contro le truppe di presidio nella città.

Il 4 ottobre 1189, l'esercito di Saladino mosse ad est della città, giunse nella pianura in prossimità del campo di Guido e si ordinò in battaglia occupando un immenso spazio. L'esercito cristiano, che contava 7.000 fanti e 400 cavalieri, presentava un aspetto formidabile e sembrava così pieno di fiducia che un cavaliere esclamò con entusiasmo: “Resti pure neutrale Dio, ma la vittoria sia nostra”.

L'ala destra era comandata da Guido di Lusignano e davanti a lui quattro cavalieri portavano il libro dei Vangeli; il suo esercito era composto dai signori feudali del regno di Gerusalemme, dai Cavalieri Ospitalieri guidati dal loro Gran Maestro Garnier de Naplouse e dai guerrieri francesi guidati da Giacomo I di Avesnes, Enrico I di Bar, Andrea di Brienne, i fratelli Roberto II e Filippo di Dreux e dal Vescovo di Beauvais.

Anche gli Arcivescovi di Nazareth e Montreal ed i Vescovi di San Giovanni d'Acri e di Betlemme, avevano indossato l'elmo e la corazza e, armati di lancia e spada, guidavano i guerrieri di Gesù Cristo.

Al centro dell'esercito c'erano i guerrieri della Germania che obbedivano al Margravio Luigi III di Turingia ed i Pisani che obbedivano al loro Arcivescovo. L'ala sinistra era comandata da Corrado del Monferrato; il suo esercito era composto dai soldati di Tiro, dai Veneti guidati dall'Arcivescovo Gerardo di Ravenna e dai Lombardi guidati dal Vescovo di Verona.

Il Gran Maestro dei Templari Gérard de Ridefort, con i suoi Cavalieri ed il Duca Ottone I di Gheldria con i suoi soldati, formavano il corpo di riserva, e dovevano accorrere dovunque fossero stati chiamati. La guardia del campo venne affidata a Gerardo d'Avesnes e Goffredo di Lusignano.


Saladino

Quando l'esercito cristiano si era schierato in ordine di battaglia nella pianura, l'esercito musulmano, costituito da truppe provenienti da Egitto, Turkestan, Siria e Mesopotamia, uscì dall'accampamento e si preparò a sopportare l'attacco dei Crociati; si schierò a semicerchio ad oriente della città, rivolto all'interno verso di essa. L'esercito crociato era schierato in mezzo, con in prima linea gli arcieri ed i balestrieri dotati di corazza leggera ed in seconda linea la cavalleria pesante.

Il combattimento iniziò con uno scontro disgiunto tra i Templari e l'ala destra di Saladino, guidata da Al-Muzaffar Taqi al-Din Umar, nipote del Sultano. Il successo dei Crociati fu tale che il nemico dovette inviare rinforzi da altre parti del campo di battaglia.

La costante avanzata del centro cristiano contro le truppe di Saladino, nella quale le balestre preparavano la strada per la carica della cavalleria pesante, non incontrò grande resistenza. Il centro ed il fianco destro dell'esercito di Saladino furono messi in fuga.

Presto le bandiere dei Crociati sventolarono sulla collina di Kisan. Poi i Crociati vittoriosi scesero sul lato opposto della collina e misero in fuga quello che restava dell'esercito di Saladino. Il terrore era così grande tra gli infedeli, che molti di loro fuggirono all'interno delle mura di San Giovanni d'Acri.

Gli schiavi che erano al seguito dell'esercito musulmano fuggirono portando via i bagagli e tutto quello che potevano trovare nel campo. Questa fuga causò maggior confusione e Saladino non poté trattenere che solo alcuni dei suoi Mamelucchi.

La vittoria dei cristiani sarebbe stata completa se questi non avessero violato le leggi della disciplina. Ma come trattenere la moltitudine dei Crociati che aveva ottenuto un trionfo così facile? Molti tra i pellegrini accorsi da tutte le nazioni d'Occidente, estranei gli uni agli altri, armati e vestiti in modo diverso, che parlavano lingue diverse, avevano combattuto per la prima volta e, una volta entrati nel campo turco, si sparpagliarono nelle tende per saccheggiarle: presto il disordine divenne maggiore tra i vincitori che tra i perdenti.

Saladino, rendendosi conto che i cristiani si erano dati al saccheggio e non inseguivano più i suoi soldati, riorganizzò i suoi uomini e tornò indietro; quando i cristiani cominciarono a ritirarsi dal campo turco carichi di bottino, scatenò la sua cavalleria leggera che fece strage dei cristiani.

Questi, senza nessuno che li coordinasse, non seppero opporre resistenza; ora i Crociati non lottavano più per la vittoria o per il bottino, ma per difendere la loro vita e molti preferirono fuggire abbandonando le armi; invano i loro capi tentarono di frenarli e di riportarli a combattere; loro stessi vennero trascinati dalla moltitudine in fuga. Corrado del Monferrato, abbandonato dai suoi soldati e rimasto da solo nella mischia, fu salvato dal coraggio generoso di Guido di Lusignano. Gerardo d'Avesnes perse il suo cavallo di battaglia e non poteva né combattere né fuggire.

In questo scontro furono trascinate anche le riserve incaricate di bloccare i saraceni che si trovavano dentro la città di San Giovanni d'Acri; 5.000 guerrieri turchi uscirono dalla città, si unirono ai soldati di Saladino e, insieme, si abbatterono sui Templari che, dopo aver resistito quasi da soli, persero i loro più coraggiosi cavalieri e dovettero ritirarsi. Andrea di Brienne morì in battaglia e Gérard de Ridefort, il Gran Maestro dei Templari, fu fatto prigioniero e, il giorno dopo la battaglia, fu ucciso nella tenda di Saladino.

Dopo la disastrosa battaglia, nella quale avevano perso 7.000 uomini, i Crociati sfuggiti agli infedeli ritornarono nel loro campo, circondati da ogni lato da un esercito vittorioso. La piana di San Giovanni d'Acri, calpestata durante la battaglia da più di 200.000 guerrieri, il giorno successivo era piena di uccelli rapaci e di lupi attratti dall'odore della morte.

I cristiani non osarono lasciare il loro campo, ma la vittoria non poteva rassicurare Saladino, che per diverse ore era stato abbandonato da tutto il suo esercito. La più grande confusione regnava nel campo turco che era stato saccheggiato dagli schiavi. I soldati e gli Emiri avevano inseguito gli schiavi fuggitivi, ognuno cercava le sue cose ed in tutto il campo risuonavano i lamenti. In mezzo a tale confusione il Sultano non poteva sfruttare il vantaggio che aveva acquisito sui Crociati.


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