1193: il Regno di Isabella ed Enrico
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1196: l'ascesa di Safedino

Safedino, convinto che la guerra potesse servire alle sue ambizioni, non parlò più di pace, e si mise a capo dell'esercito d'Egitto. Dopo aver intimidito con le sue minacce alcuni importanti emiri di al-Afdal, per prima cosa prese possesso di Damasco in nome di al-Aziz, ma di fatto si mise a governare direttamente le province più ricche della Siria.

Ogni nuovo giorno nascevano discordie tra i Principi ed Emiri e tutti coloro che avevano combattuto con Saladino pensavano fosse giunto il momento di far valere i loro crediti. Alla fine, tutto l'Oriente era sconvolto: le divisioni sanguinose desolavano la Persia dove combattevano tra di loro i discendenti dei Selgiuchidi. L'impero dei Corasmi, che ogni giorno faceva nuove conquiste, minacciava sia la capitale di Korasan che quella di Baghdad, sede del capo della religione musulmana.

Dal momento che i Califfi non potevano più prendere parte attiva negli eventi che avevano cambiato il volto della Siria e la loro autorità si limitava solo a consacrare le vittorie di chi vinceva, al-Afdal, cacciato da Damasco, invano invocò la protezione del califfo di Baghdad, che non poté fare altro che raccomandargli di avere pazienza, dicendogli che “i nemici di Dio avrebbero capito quello che avevano fatto”.

Tra le rivalità che dividevano i Principi musulmani, Safedino non trovò alcun ostacolo ai suoi piani; il disordine e la discordia che i suoi piani avevano partorito e le guerre intraprese contro di lui, tutto contribuiva a consolidare ed ampliare il suo potere.

1196: la cattura di Boemondo III di Antiochia

Dopo la partenza del Re d'Inghilterra, come era sempre accaduto dopo ogni Crociata, le colonie cristiane si incamminarono velocemente verso il loro declino. Enrico II di Champagne, responsabile del governo della Palestina, voleva rinunciare al titolo di Re di Gerusalemme perché desiderava tornare in Europa e guardava il suo regno come un luogo di esilio.

I tre Ordini militari, trattenuti in Asia dai loro giuramenti, costituivano il principale punto di forza di uno Stato che una volta aveva tutti i guerrieri d'Europa come difensori. Guido di Lusignano si era ritirato nell'isola di Cipro, non si occupava più di Gerusalemme ed impiegava tutti i suoi sforzi per rimanere nel suo nuovo regno, costantemente disturbato dalle rivolte degli isolani e minacciato dagli Imperatori di Costantinopoli.

Boemondo III, nipote di Raimondo di Poitiers e discendente dal famoso Boemondo di Taranto, eroe della prima Crociata, governava il Principato di Antiochia e la Contea di Tripoli. In mezzo a tante disgrazie che avevano colpito le colonie cristiane, il Principe era interessato solo ad allargare il suo dominio e tutto gli sembrava lecito per raggiungere i suoi obiettivi.


Leone II, Principe di Armenia

Boemondo rivendicava i suoi diritti anche sul Principato di Armenia e per prenderlo usava alternativamente la forza e l'astuzia. Dopo diversi tentativi infruttuosi, nel 1182 riuscì ad attirare nella sua capitale Ruben III d'Armenia, Principe delle Montagne della Cilicia Armena e lo tenne prigioniero. Poi gli offrì la libertà a condizione che gli rendesse omaggio. Al rifiuto di Ruben, Boemondo entrò Armenia ma fu battuto da Leone II, fratello di Ruben, che lo costrinse a liberare il suo prigioniero.

Diversi anni dopo nuovi contenziosi animarono la lite tra Boemondo e Leone II, divenuto Principe di Armenia. Con il pretesto di parlare di pace, Boemondo invitò Leone ad incontrarlo. I due Principi giurarono di presentarsi all'incontro senza scorta, ma entrambi avevano il segreto pensiero di non dare fede al giuramento ed ascoltare solo l'odio.

Il Principe Armeno fu il più infido fra i due e riuscì a sorprendere Boemondo che, carico di catene, fece rinchiudere in una delle sue roccaforti. Così la guerra ricominciò con maggior furore; i popoli d'Armenia e di Antiochia corsero alle armi e le campagne e le città dei due Principati furono a loro volta invase e devastate.

Ma si continuò a parlare di pace; dopo qualche discussione sulle condizioni, il Principe di Antiochia venne restituito ai suoi domini. Con un accordo stipulato tra i due Principi, Alix, figlia di Ruben, sposò Raimondo, il figlio maggiore di Boemondo. Questa unione sembrava essere una garanzia di pace duratura, ma il germe di molte divisioni esisteva ancora: le due parti mantennero il loro risentimento per gli insulti che avevano ricevuto, ogni trattato di pace diveniva un nuovo argomento di contesa e la guerra era sempre pronta ad essere riaccesa.

1196: la rivalità degli Ordini Militari

Dopo l'ultima Crociata, l'ambizione e la gelosia divisero l'Ordine dei Templari e degli Ospitalieri. Al tempo dell'ultima Crociata, gli Ospitalieri ed i Templari erano potenti come principi sovrani: possedevano in Asia e in Europa città, castelli ed anche province. I due Ordini rivaleggiavano in potenza e gloria, non preoccupandosi molto di difendere i luoghi santi ed occupandosi principalmente di accrescere le loro ricchezze; i vasti possedimenti, le rispettive prerogative, la fama dei cavalieri, il credito dei capi, tutto, anche il valore dei trofei, era per loro una questione di rivalità.


Templare

La principale causa della rivalità tra i due Ordini era la disuguaglianza di ricchezze: l'Ordine degli Ospitalieri aveva 19.000 manieri mentre i Templari ne possedevano solo 9.000. Alla fine, questo spirito di discordia e gelosia si trasformò in guerra aperta.

Un nobile francese che si era stabilito in Palestina, possedeva, come vassallo dell'Ordine degli Ospitalieri, un castello nelle vicinanze di Margat, sulla costa della Siria. I Templari affermavano che il castello apparteneva a loro e lo presero d'assalto. Robert Séguin (così si chiamava il nobile francese), denunciò la cosa all'Ordine degli Ospitalieri: questi subito corsero a prendere le armi ed andarono a cacciare i Templari che avevano catturato il castello. Da allora i due Ordini di cavalieri ogni volta che venivano in contatto l'uno con l'altro non risolvevano le loro questioni senza provocare un combattimento.


Ospitaliero

La maggior parte dei cristiani che vivevano in Siria si schierarono, alcuni con l'Ordine degli Ospitalieri, altri con l'Ordine dei Templari. Il Re di Gerusalemme ed i baroni più saggi provarono ogni modo per riportare la pace ed anche molti Principi cristiani cercarono invano di portare la pace tra i due Ordini rivali; persino il Papa stesso aveva qualche difficoltà a far accettare la sua santa mediazione e non bastarono le sue lunghe discussioni, a volte armate di saette evangeliche, a risolvere una sfida che i cavalieri avrebbero preferito decidere con lancia e spada.

Tra queste divisioni, nessuno pensava di difendersi dai Turchi. Una delle conseguenze più fatali dello spirito di fazione fu che esso condusse ad un inquietante disinteresse per la causa pubblica. Così che nessuno badava ai pericoli che minacciavano le colonie cristiane e né i Cavalieri Templari né gli Ospitalieri, né i cristiani di Antiochia, né quelli di San Giovanni d'Acri, pensarono di chiedere aiuto contro gli infedeli.

La situazione dei cristiani in Palestina era davvero così incerta e pericolosa che anche i più saggi non osavano prendere una decisione. Se avessero invocato l'aiuto di guerrieri dell'Occidente, avrebbero rotto la tregua fatta con Saladino e si sarebbero esposti al furore degli infedeli, se avessero rispettato i trattati, la tregua poteva essere rotta dai musulmani, sempre pronti a godere dei guai che affliggevano i cristiani.

Con questo stato di cose, nulla sembrava preannunciare una nuova Crociata. In primo luogo perché non era richiesta dai cristiani della Siria e d'altra parte, per quale motivo la cristianità religiosa d'Occidente doveva salvare un popolo lontano impegnato solo nella corruzione e nella discordia? Va detto, tuttavia, che il grande nome di Gerusalemme, ancora profondamente colpiva la mente con il ricordo della prima Crociata che ancora animava l'entusiasmo dei cristiani ed il rispetto per i luoghi santi fu preservato al di là dei mari e nei principali paesi dell'Occidente.


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