1202: l'assedio di Zara
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1202: l'assedio della città

Essendo tutto pronto per la spedizione di Zara, fu rimandata ad un altro momento la decisione di intervenire in favore del principe Alessio. Così che l'armata Crociata di 40.000 uomini tra fanti e cavalieri, salì su 420 navi veneziane e spiegò al vento le vele.


i Crociati si imbarcano

Ecco come Goffredo di Villehardouin descrive la partenza da Venezia nelle sue “Memorie o Cronaca de La Quarta Crociata e la conquista di Costantinopoli”:
“Allora erano le navi erano divise tra quelle per i baroni e quelle per i cavalieri. Ah, Dio che bei cavalli da battaglia vi erano in esse. E quando le navi erano piene di armati, cavalieri e sergenti, gli scudi vennero disposti intorno ai bastioni ed ai castelli delle navi, e le bandiere erano in mostra, molte e giuste.
E sia noto a voi che le navi trasportavano più di 300 catapulte e mangani, e tutte le macchine necessarie per la presa delle città, in grande abbondanza. Mai una flotta più completa ha fatto vela da qualsiasi porto. E questo accadeva nell'ottava della festa di San Remigio, nell'anno dell'Incarnazione di Gesù Cristo 1202. Così hanno fatto vela dal porto di Venezia, come già è stato detto”
.


a conquista di Zara (dipinto del Tintoretto)

I Crociati subito conquistarono Trieste ed alcune altre città marittime dell'Istria che si erano ribellate a Venezia; poi giunsero finalmente a Zara il 10 novembre del 1202.

Ecco come Goffredo di Villehardouin descrive l'arrivo a Zara:
“Alla vigilia di San Martino siamo arrivati d'avanti a Zara in Sclavonia, e vidi la città racchiusa da alte mura e alte torri; invano si potrebbe cercare città più giusta, o una di forza maggiore, o più ricca.
E quando i pellegrini la videro, si meravigliarono assai e si dissero l'un l'altro: “Come può una città essere presa con la forza, se non con l'aiuto di Dio stesso?
Le navi che giunsero per prime gettarono l'ancora e attesero le altre. Al mattino la giornata era molto bella e molto chiara, e tutte le galee si avvicinarono, seguite dalle altre navi che erano dietro, e hanno preso il porto con la forza e hanno rotto la catena che lo difendeva ed era molto forte; e sbarcarono in tale ordine che il porto era tra loro e la città.
Poi si poterono vedere molti cavalieri e molti sergenti sciamare fuori delle navi, e prendere dalle navi di trasporto molti buoi cavalli da battaglia, e molte tende e molti ricchi padiglioni. Fu così che fecero l'accampamento. E Zara fu assediata nel giorno di San Martino”
(11 novembre 1202).

Zara, situata sulla costa orientale del golfo Adriatico a sessanta leghe da Venezia era una città ricca, popolosa, cinta da alte mura e circondata da un mare pieno di scogli. Il Re Emerico d'Ungheria vi aveva inviato le sue armate per difenderla e gli abitanti erano risoluti a seppellirsi sotto le rovine della loro patria, piuttosto che arrendersi ai Veneziani.


Zara nel XIII secolo

Giunti davanti alla città, i Crociati si resero conto della difficoltà dell'impresa perché la città era circondata da mura e fortificazioni altissime. Allora il partito contrario a questa guerra cominciò a mormorare, ma i capi dettero comunque il segnale per l'assalto.

Furono subito rotte le catene del porto e poste in azione le macchine da guerra. Le mura qua e là accennavano già a crollare quando gli abitanti di Zara, dimenticata l'intenzione di morire nella difesa della città e pieni di spavento, mandarono dal Doge i loro rappresentanti i quali dimostrarono subito il loro pentimento, per cui il Doge promise di perdonarli.

Ma alcuni Crociati malignamente dissero ai rappresentanti di Zara: “perché vi arrendete? Non abbiate timore dei Francesi che sono venuti qui per mostra e non per altro”. I rappresentanti di Zara allora riferirono ai loro concittadini che i Crociati non erano loro nemici e quelli, rotte le trattative della resa, ripresero le difesa della città.

Frattanto il partito dei malcontenti ricominciò a mormorare ed a cercare di far nascere divisioni nell'esercito, correndo per le tende e sconfortando i soldati da quella guerra che il Legato pontificio persisteva chiamare empia.


l'assalto alle mura di Zara (dipinto di Andrea Vicentino)

Guy, Abate cistercense di Vaux-de-Cernay, secondo alcuni su istigazione del Legato pontificio, si diede da fare affinché l'impresa di Zara non andasse avanti: diceva che questa guerra ritardava i Crociati dal loro fine principale e che era un attentato contro la religione.

Alla fine, Guy si alzò durante il Consiglio e comandò ai Crociati di non sguainare mai le loro spade contro i cristiani; ma quando provò a leggere una certa lettera del Papa, si levò subito un tal frastuono di grida minacciose e di dileggio che, spaventato, ammutolì. Sorse un grande tumulto e l'Abate corse un gran pericolo di perdere la vita, se il Conte Simone IV di Montfort che segretamente lo favoriva, non si fosse mosso in sua difesa.

Ma la maggioranza dei baroni e dei cavalieri riteneva che non si dovesse mancare alla promessa di combattere per la Repubblica di Venezia e che fosse indegno deporre le armi davanti a un nemico che aveva proposto d'arrendersi e che ora li scherniva.

E quanto più il partito del Legato Pontificio, del Conte Simone IV di Montfort e dell'Abate Guy di Vaux-de-Cernay si affaticava per impedire la guerra, tanto più gli altri baroni e cavalieri si ostinavano nel voler continuare l'impresa.

Gli assediati, che speravano nel disaccordo degli assedianti, piantarono la Croce sulle mura persuasi che li avrebbe protetti dalle macchine da guerra, ma presto si accorsero che non c'era altro scampo che la resa. Il quinto giorno d'assedio i cittadini di Zara aprirono le porte e non ebbero altra concessione dai vincitori che la vita e la libertà.

1202: il saccheggio di Zara

Fu dato il sacco alla città ed il bottino fu diviso tra Veneziani e Francesi. Allora esplose la discordia nell'esercito fino allo spargimento di sangue. Essendo la stagione troppo inoltrata perché l'armata si rimettesse in mare, il Doge propose ai Crociati di svernare a Zara.


la resa di Zara

I Veneziani ed i Francesi si divisero dunque i quartieri della città e, quando ognuno fu alloggiato, i Francesi cominciarono a lamentarsi del fatto che i Veneziani avevano scelto le case migliori, più belle e più comode. Dopo le minacce e le liti, si giunse alle armi e in ogni strada vi furono zuffe.

Frattanto gli abitanti di Zara si rallegravano delle sanguinose contese dei vincitori ed i sostenitori dell'Abate Guy di Vaux-de-Cernay soffiavano sul fuoco. Ma il Doge ed i baroni accorsero per dividere i combattenti; inizialmente né le preghiere, né le minacce poterono sedare i tumulti che durarono sino a mezza notte. Il giorno dopo le due parti stavano per azzuffarsi di nuovo, perché sia ai Francesi che ai Veneziani pareva che i loro avversari li schernissero. Per più di una settimana i capi non riuscirono a ricomporre in pace le cose.

Quando ritornò l'ordine, giunse una lettera del Pontefice con la quale disapprovava la presa di Zara e comandava ai Crociati di restituire il bottino fatto in una città cristiana e riparare solennemente l'offesa. Rimproverava poi acremente i Veneziani per aver indotto i soldati di Cristo in quella guerra empia e sacrilega.


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