1203: la prima presa di Costantinopoli
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1203: i preparativi per l'attacco

A Calcedonia c'era un palazzo imperiale dove si stabilirono i principali capi della Crociata, mentre l'esercito pose le tende lungo la riva del mare. Dopo tre giorni, l'armata si mosse di nuovo ed andò ad un altro palazzo imperiale, chiamato Scutari (oggi Üsküdar), situato proprio di fronte a Costantinopoli ed al suo porto. I capi alloggiarono in quel palazzo e in quei giardini dove l'Imperatore Alessio poco prima si era occupato di far spianare montagne e colmare valli.

Intanto i Crociati percorrevano le campagne al di là di Scutari, dove alcuni scoprirono, distante tre leghe dal campo, le tende del capo dell'armata imperiale il quale si era piazzato sul pendio di una collina con 500 soldati. Allora i Crociati si avvicinarono per assaltarli e i bizantini su disposero in battaglia. Questa fu breve: al primo scontro i soldati bizantini fuggirono abbandonando tende, provviste e bestie da soma.

Questa facile vittoria atterrì tutto il paese; nessuno osava aspettare i Crociati con le armi in mano; Allora l'Imperatore Alessio cominciò a risvegliarsi del suo letargo e spedì dai Crociati un ambasciatore per salutarli e chiedere quali progetti avessero.


guerriero bizantino XIII secolo

Questo ambasciatore, un italiano chiamato Niccolò Rossi, si presentò davanti ai capi della Crociata e disse:
“L'Imperatore sa che voi siete grandissimi e potentissimi tra tutti i principi che non portano corona e che comandate ai popoli più valorosi del mondo; ma si meraviglia assai che, essendo voi cristiani come lui, siate venuti nei suoi domini senza preavvisarlo e chiedergli permesso.
Gli è stato riferito che il principale scopo del vostro viaggio era la liberazione di Terra Santa. Se, per eseguire un così pio disegno, vi mancano le vettovaglie, egli è disposto darvene e vuole inoltre aiutare con ogni suo potere la vostra impresa; ma vi prega di uscire volontariamente dal suo territorio, onde non vi abbia a costringere con la forza poiché la sua potenza è grande; e quando voi foste in numero venti volte tanto di quello ora siete, non potreste salvarvi dal suo sdegno se volesse assaltarvi e punirvi”
.

Conone di Béthune, un saggio cavaliere incaricato di rispondere all'ambasciatore, disse:
“Grazioso signore, il tuo padrone si meraviglia che i nostri signori e baroni siano entrati nel suo territorio e nondimeno tu sai bene che questa terra non è sua, che egli la tiene a torto e contro Dio e che appartiene a suo nipote il quale tu vedi assiso fra noi.
Se dunque vuole chiederli perdono e restituirli la corona imperiale noi interporremo le nostre preghiere presso Isacco II Angelo e suo figlio affinché lo perdonino e gli accordino una sistemazione onorevole e degna della sua condizione.
Ma, da qui in avanti, non essere più tanto temerario da presentarti a noi con simili messaggi”
.

Niccolò Rossi, riportò ad Alessio III Angelo questa risposta. Il giorno dopo i baroni, tenuto consiglio, deliberarono di fare un tentativo con il popolo di Costantinopoli e mostrare loro il giovane principe Alessio, figlio di Isacco II Angelo.

Furono allestite alcune galere sulle quali salirono i baroni ed i cavalieri e sulla capitana c'era il giovane Alessio, che il Doge di Venezia e il Marchese Bonifacio del Monferrato tenevano per mano.


il Doge di Venezia e il Marchese del Monferrato
tengono per mano il giovane Alessio

In questo modo si avvicinarono alle mura, mentre un araldo d'armi gridava: “Ecco il vostro legittimo signore. Noi non siamo venuti qua per farvi male, ma per aiutarvi e difendervi se farete il vostro dovere. Non ignorate che quello al quale obbedite, si è iniquamente impadronito della suprema potestà, né ignorate con quale perfidia ha trattato il suo principe e signore. Ecco il figlio ed erede di Isacco II Angelo: se verrete al suo partito farete il vostro dovere, se no, aspettatevi ogni male”.

Nessuno osò rispondere; tutti temevano l'usurpatore, per cui i cavalieri e baroni ritornarono al campo e si prepararono a cominciare la guerra.

1203: la marcia su Costantinopoli

Il 6 di luglio del 1203, i capi della Crociata si radunarono e tennero consiglio a cavallo in una vasta pianura. Li fu deliberato, che l'esercito si rimbarcasse ed attraversasse il Bosforo.

I Crociati francesi furono divisi in sei squadroni. Il Conte Baldovino IX delle Fiandre fu proposto all'avanguardia perché aveva più balestrieri ed arcieri degli altri capi. Enrico, fratello di Baldovino, doveva condurre il secondo squadrone con Mathieu de Valincourt e altri valenti cavalieri delle provincie delle Fiandre e di Hainaut.

Comandava il terzo squadrone il Conte Ugo di Saint-Paul ed erano con lui Pietro di Amiens, Eustachio de Canteleu, Ansaldo de Cayeux ed altri bravi cavalieri di Piccardia. Il Conte Luigi di Blois e Chartres guidava il quarto squadrone, composto da cavalieri e da guerrieri partiti dalla Loira.


i crociati attaccano Costantinopoli da mare e da terra
illustrazione delle “Memorie o Cronaca de La Quarta Crociata e la conquista di Costantinopoli”
scritte da Goffredo di Villehardouin

Conducevano il quinto squadrone Mathieu de Montmorency e Andrea de Champlitte ed avevano sotto le loro bandiere i Crociati di Borgogna, quelli di Champagne, dell'Ile-de-France e della Touraine. Con loro c'era anche Goffredo di Villehardouin, Oger de Saint-Cheron, Manassès de Lille, Miles de Brabant e Macario de Sainte-Menehould. I Crociati di Lombardia di Toscana e gli Alpigiani formavano il sesto squadrone capitanato dal Marchese Bonifacio del Monferrato.

Organizzato in questo modo l'esercito, i Preti ed i Vescovi esortarono i soldati a confessarsi ed a fare il loro testamento, cosa che fecero con gran zelo e devozione. Il giorno nel quale si doveva passare lo stretto, l'esercito si levò di buon mattino e il buon Villehardouin, che non vedeva altro che miracoli e strani pericoli, proruppe in una delle sue solite esclamazioni: “Veramente fu quella la più pericolosa impresa che mai si facesse”.

Dato il segno, baroni e cavalieri montarono i loro cavalli e, armati di tutto punto, salirono su delle navi chiamate “Palengrie”, mentre gli arcieri, i balestrieri ed i fanti salirono sulle navi più grosse. Le galere a due e tre ordini di remi procedevano in testa dell'armata ed ognuna rimorchiava una o due navi.

L'imperatore Alessio III Angelo, visti i preparativi dei Crociati, si piazzò con i suoi soldati sulla riva occidentale del Bosforo e teneva il pendio della collina dei Fichi, cominciando dal luogo che i Turchi chiamavano “Punta di Tophana”, fino ad un luogo detto “Betaschi”.

L'aspetto dell'esercito bizantino non frenò il coraggio impaziente dei Crociati; non si chiedevano chi dovesse andare per primo o chi per secondo, ma ognuno voleva precedere agli altri. Via via che si avvicinavano alla sponda, i cavalieri, con l'elmo in capo e la spada alla mano, saltavano nel mare fino alla cintola per correre alla battaglia sulla riva.


l'Imperatore Alessio III Angelo

Ogni nave abbordò: si sbarcarono i cavalli e gli arcieri si posero in testa alle schiere, mentre l'esercito bizantino era schierato sulla sponda opposta. Alessio, che avrebbe potuto vincere i Crociati nella confusione dello sbarco, quando li vide così ben ordinati, vinto dalla paura se ne fuggì nella città ed il suo esercito seguì l'esempio dell'Imperatore; così che i Crociati, senza combattere, si impadronirono della costa e del campo nemico e poterono andare sotto la Torre di Galata.


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