1204: la seconda presa di Costantinopoli
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1204: l'Imperatore Costantino Lascaris

Murzulfo si affaticò a rimettere insieme i suoi dispersi soldati, ma questi non avevano più orecchie per ascoltarlo né coraggio per seguirlo. Goffredo di Villehardouin racconta che Murzulfo, vedendo che non riusciva a concludere niente, si allontanò a poco a poco dai luoghi occupati dal nemico e, raggiunta la porta Aurea, fuggì. Con lui uscì dalla città gran parte del popolo senza che i Crociati se ne potessero accorgere.


Costantino Lascaris

Quando la fuga di Murzulfo fu nota a tutti, i Bizantini gli imprecarono dietro orrende maledizioni e poi corsero nella chiesa di Santa Sofia per eleggere il suo successore. Si presentarono a competere Teodoro Ducas e Costantino Lascaris. Venne eletto quest'ultimo e subito, per ravvivare il coraggio del suo popolo, si fece avanti e disse all'assemblea:
“Greci sventurati, non vogliate con la viltà della disperazione accrescere la perversità della fortuna. Il numero dei Latini è piccolissimo e dentro questa città, piena ancora di innumerevoli difensori, procedono avanti tremando; ardiscono appena scostarsi dalle loro navi, unico rifugio che loro rimanga dopo una sconfitta.
Conoscendo bene quanto la loro vittoria sia incerta e che i pericoli li sovrastano, si aiutano come possono meglio con gli incendi e velano così la loro paura. Questi pirati non combattono né per la religione, né per la patria, né per i loro beni, né per le loro famiglie. Voi invece difendete le più care cose, le quali debbono far crescere il vostro coraggio e la vostra forza.
Se ancora siete bizantini, se vi rammentate della vostra antica virtù, la vittoria è sicura. 20.000 barbari si sono spontaneamente chiusi tra le vostre mura e la fortuna li pone alla decisione del vostro valore”
.

Dopo di ciò, il nuovo Imperatore esortò i soldati e le guardie imperiali, ricordando che la loro salvezza era una cosa sola con quella di Costantinopoli; che non vi era altro scampo per loro se non il combattere e vincere o morire; che nella fuga non avrebbero trovato rifugio né in terra, né in mare, ma ovunque sarebbero stati perseguitati dallo sterminio, dalla miseria e dalla vergogna.

Il giorno dopo squillarono le trombe dei Crociati ed i Bizantini, esterrefatti, si guardarono in volto l'un l'altro. Ad un tratto tutti abbandonarono il nuovo Imperatore ed anche lui se ne fuggì da quella città che nessuno osava difendere. Così Costantinopoli, che in una sola notte aveva avuto due Imperatori, col nuovo giorno si trovò senza Principe, in preda ai suoi conquistatori.

1204: la conquista di Costantinopoli

L'incendio appiccato dai Crociati durò tutta la notte, arse alcuni quartieri e divorò moltissime case.

Il giorno dopo i Crociati si ordinarono in battaglia e prudentemente stavano andando verso il centro della città, quando sentirono un gran numero di voci supplichevoli, di pianti, di gemiti e di richieste di pietà. Erano donne, fanciulli e vecchi preceduti dal clero che portava avanti a sé la Croce e le immagini dei santi e che si moveva in processione per implorare la misericordia dei vincitori.

I capi dei Crociati ebbero compassione ed un araldo d'arme fu mandato tra l'esercito gridando che si usasse clemenza, che nessun cittadino fosse offeso e che si avesse rispetto delle donne e delle fanciulle.

L'esercito dei crociati avanzava al suono delle trombe e nei principali quartieri della città vennero inalberate le bandiere Crociate. Quando il Marchese Bonifacio del Monferrato entrò nel palazzo di Bucoleone dove credeva che vi fossero ancora le guardie imperiali, vi trovò solo le matrone di tutte le più nobili famiglie dell'Impero.

Margherita, figlia del Re d'Ungheria e già moglie di Isacco II Angelo e Agnese, figlia del Re di Francia Luigi VII e già moglie di due Imperatori, abbracciarono le ginocchia dei baroni e dei cavalieri, supplicandoli di avere pietà di loro. Il Marchese del Monferrato ebbe riguardo per loro e pose delle guardie al palazzo perché difendessero le spaventate matrone.

Mentre Bonifacio occupava il palazzo di Bucoleone, Enrico di Hainaut si impadronì di quello delle Blacherne. Questi due palazzi, pieni di immense ricchezze, furono vietati alla rapacità dei soldati. Ma i Crociati avidi di bottino, correvano per tutti i quartieri, razziando ogni cosa. I bizantini, spogliati d'ogni loro avere e maltrattati dai vincitori, non avevano altro da fare che raccomandarsi umilmente alla umanità dei Conti e dei baroni e ricorsero soprattutto al Marchese del Monferrato gridando: “Santo Re Marchese abbi pietà di noi”.

Effettivamente Bonifacio tentò di ridestare nei Crociati un senso di pietà e di moderazione, ma la soldatesca era stimolata dal bottino e “quando il cavallo imbizzarrito perde il morso dai denti, invano si affanna il cavaliere a tirare le briglie”.

Se i Crociati lasciarono in vita i vinti, non frenarono le violenze e gli oltraggi per spogliarli e per trovare i tesori nascosti. A Costantinopoli, nonostante i severissimi divieti fatti dai capi dell'esercito, il pudore delle donne e la santità dei templi vennero crudelmente violati. Furono predate le tombe degli Imperatori e il corpo di Giustiniano, dopo tanti secoli che riposava in pace nella sua tomba, fu spogliato dei suoi ornamenti.

L'altare della Madonna, prezioso ornamento di Santa Sofia, fu fatto in pezzi, e il velo del santuario ridotto in brandelli. I vincitori giocavano ai dadi sopra gli altari e si ubriacavano tracannando il vino greco nei sacri calici. Per portare via il bottino portarono cavalli e muli nei templi e li caricarono tanto che cedevano sotto il carico, allora li punzecchiavano con le spade, sporcando il pavimento di sangue, di immondizie e di carogne. A completare la scena una prostituta salì sulla cattedra del Patriarca e, presenti i Crociati, si mise a cantare una lasciva canzone, al suono della quale tutti cantavano e ballavano.

Lo storico Niceta nel suo racconto rimprovera i Crociati per aver superato i Turchi nella barbarie e loda Saladino ed i suoi soldati che, presa Gerusalemme, rispettarono il pudore delle donne e non coprirono di cadaveri il sepolcro di Cristo, né afflissero i Cristiani col ferro, col fuoco, con la fame e con la nudità.

Le stesse scene si presentavano nelle campagne intorno al Bosforo. I villaggi, le chiese e le ville furono devastate e saccheggiate. Le strade erano piene di fuggitivi che andavano senza saper dove, urlando per la disperazione. Si vedevano i patrizi vagare miseri e cenciosi in cerca di asilo. Pure il Patriarca fuggiva elemosinando; tutti i ricchi erano diventati poveri e la plebe bizantina, finita in mezzo ad una strada, assaltava e finiva di spogliare i fuggitivi dicendo che era giunto il giorno della giustizia e della perfetta eguaglianza.


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