1217: la Crociata di Egitto
(pagina 2 di 9)

Nel giorno prefissato, le due navi che portavano il castello di legno mossero all'assalto; vi erano sopra trecento soldati. Un gran numero di musulmani era affollato sopra le mura della città, incuriosito da questa strana guerra.

Intanto le due navi procedevano lungo il fiume, mentre i Crociati, in parte schierati in battaglia sulla riva del Nilo ed in parte sulle circostanti colline, facevano alte grida di acclamazione verso quelli che erano sulle navi pronti a combattere.

Le due navi, giunte vicino alle mura, gettarono le ancore ed i soldati si prepararono all'assalto. Da una parte i Cristiani scagliavano i loro giavellotti, dall'altra gli assediati lanciavano il fuoco greco contro la torre galleggiante. Le grida di incoraggiamento degli uni e degli altri assordavano l'aria.

Nel fervore della battaglia la grande macchina dei Crociati prese fuoco e il suo ponte levatoio, che era già stato gettato sulle mura della torre, barcollò; l'alfiere del Duca d'Austria cadde nel Nilo e la bandiera dei Cristiani venne presa dai nemici. A tale vista i musulmani mandano grida di gioia ed il Patriarca di Gerusalemme, il clero e l'esercito si inginocchiarono ed alzarono le mani al cielo supplicando l'aiuto di Dio.


le navi cristiane assediano la torre di Damietta

L'incendio fu facilmente spento dai soldati chiusi nella torre galleggiante, i quali, con maggior ardore di prima, continuarono l'assalto. Dalla vetta della loro macchina da guerra raggiunsero le mura della torre e combatterono con le spade, le picche, le asce e le mazze ferrate.

Due soldati saltarono sul terrazzo dove combattevano gli egiziani, i quali, piuttosto spaventati, scesero e si rifugiarono nel primo piano della torre e, per impedire ai Cristiani d'inseguirli, incendiarono il piano soprastante.

Ma questo espediente fu inutile, poiché mentre quei Crociati che erano rimasi sulle navi percuotevano violentemente i muri della torre egizia, tanto che ne sembrava imminente il crollo, gli Egizi, non vedendo alcuna via di scampo, deposero le armi e si arresero. Era il 17 agosto del 1218.

Così i Crociati ottennero la torre del Nilo. I prigionieri furono portati in trionfo per il campo cristiano e presentati ai principi ed agli altri capi.

I prigionieri chiesero di vedere gli uomini vestiti di bianco che li avevano battuti e quando furono mostrati loro i soldati della torre galleggiante, i prigionieri dissero di non riconoscerli, essendo sembrati loro molto più terribili in battaglia di quello che apparivano adesso.

1218: la morte di Safedino

Il 31 agosto del 1218, dopo 14 giorni dalla cattura di Damietta, in Siria morì il celebre Safedino, però prima aveva ricevuto notizia della vittoria dei Crociati a Damietta; dal che i Cristiani pensarono che il dolore di tale sconfitta fosse stato la causa della sua morte.

Morto Safedino, le cose mutarono aspetto: iniziò il declino dell'Impero degli Ayyubidi, da lui instaurato. L'ambizione degli Emiri proruppe in cospirazioni fatte contro la suprema autorità; gli eserciti si rilassarono e quelli che difendevano l'Egitto scossero maggiormente il freno della disciplina militare.

Ma i Crociati non approfittarono di queste circostanze a loro favorevoli per opprimere i nemici; forse perché non avevano navi a sufficienza per attraversare il Nilo, o forse perché la riva sulla quale era situata Damietta era circondata da fortificazioni inespugnabili.

Rimasero invece a riposare nel loro campo, dimenticando ad un tratto le fatiche, i pericoli e il motivo dell'impresa già cominciata. E frattanto in molti di loro nasceva il desiderio di ritornarsene in Europa e le diserzioni si moltiplicavano di giorno in giorno.

Il clero se ne doleva e pregava Dio affinché mostrasse ai disertori il segno della sua ira. E in questa preghiera furono esauditi, perché 6.000 Crociati della Bretagna, ritornandosene in Europa, naufragarono sulle coste della Puglia e quasi tutti perirono davanti a Brindisi.

Quando i Crociati della Frisia ritornarono nei loro paesi, le più ricche provincie d'Olanda, furono sommerse dal mare e 100.000 abitanti ed alcune città sparirono nelle acque e questo, senza considerare che per ogni colpevole erano morti più di mille innocenti, fu attribuito alla divina vendetta per la diserzione dalla Crociata.

Al Papa Onorio III dispiacevano molto queste diserzioni e, per porvi rimedio, sollecitò la partenza dei Crociati ancora rimasti in Europa.

1218: l'arrivo di nuovi Crociati

Secondo l'antica consuetudine dei naviganti, vi erano due periodi dell'anno prestabiliti per traversare i mari. I pellegrini si imbarcavano quasi sempre nel mese di marzo o in quello di settembre, sia per andare in Oriente che per ritornare in Europa.

Ad ogni passaggio, il Mediterraneo era pieno di navi che trasportavano Crociati, parte dei quali ritornavano alle loro case e l'altra parte che andava a combattere gli infedeli. Per cui, non appena erano partiti dall'Egitto i Crociati della Frisia e gli Olandesi, giunsero al campo di Damietta nuovi Crociati dalla Germania, Pisa, Genova, Venezia e da alcune provincie della Francia.

Tra questi nuovi Crociati, meritano essere ricordati alcuni. Enrico III, Re d'Inghilterra, che aveva preso la Croce dopo il Concilio Lateranense, non potendo lasciare i suoi Stati travagliati dalla guerra civile, mandò a sciogliere il voto in sua vece il Barone Richard d'Harcourt, il sesto Conte di Chester Ranulf de Blondeville ed il quinto Conte di Arundel Hugh d'Aubigny.

Tra i Signori Francesi che giunsero in Terra Santa vi erano il Conte di Nevers Hervé IV de Donzy, il Conte de la Marche Ugo IX di Lusignano, il Visconte Savary de Mauléon, i quali erano accompagnati dall'Arcivescovo di Bordeaux Guillaume Amanieu di Ginevra, dal Vescovo d'Autun Gualtiero II, dal Vescovo di Beauvais Milon de Nanteuil, dal Vescovo di Parigi Pierre de La Chapelle, dal Vescovo di Meaux Guillaume de Nemours, dal Vescovo di Noyon Étienne de Nemours, etc.

1218: l'arrivo del Cardinal Pelagio Galvani

Tra i nuovi Crociati vi erano anche due Cardinali mandati dal Papa come Legati Pontifici presso l'esercito cristiano: uno era Robert Courçon, uno dei predicatori della Crociata, il quale aveva la missione di predicare la morale evangelica nel campo Cristiano e mantenere l'entusiasmo dei soldati; il secondo era il Cardinal Pelagio Galvani, Vescovo di Albano, a cui il Pontefice aveva affidato le somme per le spese della guerra e il comando dei Crociati romani e di quelli d'alcune altre città Italiane.


il Cardinal Pelagio Galvani

Gli scrittori dell'epoca dicono del Cardinal Pelagio Galvani che fosse di carattere orgoglioso, che in ogni cosa voleva avere la precedenza su tutti, che nel conclave fosse stato insolente anche con lo stesso Pontefice, che volesse essere a capo di ogni impresa, che fosse ostinatissimo nei suoi propositi.

Dicono pure che se egli aveva esposto la sua opinione, sebbene contraria a tutte le altre, voleva che in ogni modo fosse adottata e minacciava i dissenzienti delle ecclesiastiche folgori. Qualcuno scrisse anche che il Pontefice, non potendo più tollerare la natura superba del Cardinale, lo avesse mandato in Terra Santa per toglierselo davanti per qualche tempo.


LA STORIA DELLE CROCIATE LE CROCIATE DEL NORD LA STORIA DELLA RECONQUISTA
I CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO I CAVALIERI DI SAN LAZZARO I CAVALIERI OSPITALIERI
I CAVALIERI TEMPLARI I CAVALIERI TEUTONICI I CAVALIERI DI SAN TOMMASO I MONACI CISTERCENSI
I CAVALIERI PORTASPADA I FRATELLI DI DOBRZYN L'ORDINE DI SANTIAGO L'ORDINE DI CALATRAVA
L'ORDINE DI ALCANTARA L'ORDINE DI MONTESA L'ORDINE DEL CRISTO L'ORDINE DI SAN BENEDETTO DI AVIS