1248: partenza e permanenza a Cipro
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Il Re Luigi penò molto a trattenerli; gli storici concordano nel dire che i signori e i baroni non gli obbedivano quasi per niente, tanto che il Re, per mantenere il buon ordine nell'esercito, usò piuttosto la pazienza e l'evangelica tolleranza che la regia autorità.

Gli ecclesiastici latini al seguito di Re Luigi erano spesso in contesa con gli ecclesiastici greci dell'isola di Cipro, ma il Re Luigi riuscì a riappacificali. I Templari e gli Ospitalieri lo presero per giudice delle loro contese e Luigi fece loro giurare di non avere altri nemici che quelli di Gesù Cristo. I Genovesi e i Pisani stabiliti a San Giovanni d'Acri, erano in continua guerra fra loro e per poco o niente venivano spesso alle mani: Luigi ristabilì fra loro la pace.

Aitone I, Re della Piccola Armenia, ed il Principe Boemondo V di Antiochia e di Tripoli, erano nemici implacabili: spedirono ambedue i loro ambasciatori al Re Luigi che fece loro concludere una tregua. A quel tempo il territorio di Antiochia era devastato da bande di nomadi turcomanni; Luigi mandò da Boemondo V 600 balestrieri perché lo difendessero.

Aitone I avendo fatto un'alleanza con i Mongoli, si preparava ad invadere gli Stati del Sultano d'Iconio. Il Principe Armeno aveva in Oriente una grande reputazione per la sua prodezza ed esperienza nelle armi e molti cavalieri francesi, impazienti di far mostra del loro valore, partirono da Cipro per andare a combattere sotto le sue bandiere e partecipare al frutto delle sue vittorie. Jean de Joinville, dopo aver parlato della loro partenza, non li menziona più e accenna solo scrivendo: “nessuno di loro ritornò più all'esercito”.

1248: la visita degli ambasciatori Mongoli

Giunsero frattanto al Re degli ambasciatori mandati da Eljigidei, un Principe Mongolo che si era convertito alla fede cristiana e si mostrava zelante per il trionfo del Vangelo.

Il capo di questi ambasciatori, di nome David, presentò al Re una lettera piena di esagerate offerte di amicizia e gli annunziò che Oghul Qaimish, Gran Khan dei Mongoli, aveva ricevuto il battesimo già da tre anni e che era pronto a favorire la spedizione dei Crociati francesi con tutte le sue forze.


il Principe mongolo Eljigidei con sua moglie

La notizia di questa ambasciata, essendosi divulgata nell'esercito, sollevò gli animi e le speranze dei Crociati; tutti parlavano dei grandi aiuti promessi dal Gran Khan dei Mongoli; capi e soldati, tutti accorrevano per vedere gli ambasciatori del Principe Eljigidei del quale si raccontava che fosse uno dei primi baroni dell'Impero Mongolo.

Il Re di Francia interrogò più volte gli ambasciatori riguardo al loro viaggio, al loro paese, al carattere e alle intenzioni del loro sovrano e, avendo sempre risposte confacenti ai suoi desideri, non sospettò alcun inganno, né si accorse di alcuna menzogna, per cui li ammise alla sua corte e alla sua mensa e li condusse egli stesso ai divini offici nella metropoli di Nicosia, dove tutto il popolo rimase meravigliato per la loro devozione.


Oghul Qaimish, Gran Khan dei Mongoli

Alla loro partenza, il Re e il Legato Pontificio consegnarono loro molte lettere per il Principe Eljigidei e per il Gran Khan dei Mongoli. A queste lettere vennero anche aggiunti dei regali: fra i doni il più degno di considerazione era una tenda scarlatta sulla quale Luigi IX aveva fatto raffigurare a foggia di arazzo l'Annunciazione della Vergine Maria, con tutti gli altri simboli della fede (così scrive Jean de Joinville).

II Re scrisse alla Regina Bianca e al Legato al Pontefice la notizia di tale straordinaria ambasceria venuta dalle più lontane regioni dell'Oriente. La felice novità dell'alleanza fatta con i Mongoli colmò tutti i popoli di Occidente di allegria e di grandi speranze per la Crociata.

Il Re Luigi, pieno del suo gran fervore per la religione, mandò subito in Mongolia un buon numero di missionari a confermare nella fede quelli che già erano convertiti ed a convertire quelli che ancora non erano venuti alla luce del Cristianesimo.

Ma questi missionari, cammin facendo, seppero di come fosse falsa la conversione del Gran Khan e scoprirono molte altre menzogne dei finti ambasciatori mongoli.

Gli storici moderni tendono a concludere che la grande ambasceria mongola non era stata altro che una grossa “bufala” organizzata dai monaci armeni, fatta all'ignoranza ed alla vanità dei Francesi.


l'Imperatrice Maria di Brienne
moglie di Baldovino II

Frattanto giunse a Cipro l'Imperatrice Maria di Brienne, moglie di Baldovino II, Imperatore Latino di Costantinopoli, la quale veniva a supplicare soccorsi al Re Luigi. Fu mandato a riceverla a Paphos Jean de Joinville, che la condusse a Nicosia.

Egli ci narra che l'Imperatrice di Costantinopoli era coperta soltanto da una misera cappa ed era in pessimo arnese e che egli stesso le dette una veste. 200 cavalieri promisero all'Imperatrice che dopo la Crociata sarebbero andati in difesa delle rovine dell'Impero fondato dai soldati della croce.

 


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