1249: la Campagna d'Egitto
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1249: i preparativi per la partenza

L'inverno era prossimo alla sua fine e si avvicinava il giorno fissato per la partenza dei Crociati. Il Re di Francia fece costruire una grande quantità di imbarcazioni a fondo piatto per facilitare la discesa dell'esercito sulle coste dell'Egitto.


Luigi IX assiste ai preparativi per la partenza dal porto di Limassol

E visto che l'armata Genovese sulla quale si erano imbarcati i Francesi ad Aigues-Mortes era andata via dal porto di Limassol, il Re si stava procacciando da ogni parte navigli per il trasporto dell'esercito e delle grandi provviste fatte nell'isola di Cipro.

Il Re pregò anche di mettere a disposizione le proprie navi sia i Genovesi che i Veneziani che si erano stabiliti sulle coste della Siria, i quali, non partecipando alla Crociate ed occupandosi soltanto di commercio, chiesero prezzi tanto spropositati che la loro cupidigia fu oggetto di gravissimo scandalo.


ritratto equestre del Re Luigi IX di Francia
(dipinto di Emile Signol)

Fu allora che giunsero alcune navi dell'Imperatore Federico II che mandava ai Crociati molte provviste e si scusava di non poter mandare dei soldati né di poter partecipare di persona alla Crociata, essendo impedito dalla guerra con il Pontefice. Il Re di Francia ringraziò Federico II e deplorò l'ostinazione del Papa che privava i difensori della Croce di un così potente alleato.

I preparativi per la partenza proseguivano con grande celerità; di giorno in giorno giungevano nuovi Crociati dai porti d'Occidente, molti dei quali avevano passato l'inverno nelle isole dell' Arcipelago e sulle coste della Grecia.

Tutta la nobiltà di Cipro aveva preso la Croce; Francesi e Ciprioti convivevano molto amichevolmente; nelle chiese greche ed in quelle latine si pregava per il buon successo delle armate cristiane e le meraviglie e le ricchezze dell'Oriente riempivano la fantasia dei Francesi che già si ritenevano sicuri delle loro conquiste

1249: le lettere dei Gran Maestri

Mentre tutti gli animi erano in queste esaltazioni e speranze, Guillaume de Chateauneuf, Gran Maestro dell'Ordine di San Giovanni e Guillaume de Sonnac, Gran Maestro dell'Ordine dei Templari, scrissero al Re Luigi informandolo che c'era la possibilità di accordarsi col Sultano del Cairo.


Guillaume de Chateauneuf
Gran Maestro dell'Ordine di San Giovanni

I capi dei due Ordini desideravano liberare i loro cavalieri fatti prigionieri dopo la Battaglia di Forbie-Gaza; oltre a ciò non condividevano la cieca sicurezza dei Francesi nella vittoria, ben preparati dall'esperienza delle altre Crociate nelle quali i guerrieri d'Occidente, e in special modo i Francesi, all'inizio si dimostravano più che coraggiosi e poi, indeboliti dalle discordie o dalle fatiche della spedizione, o per la loro naturale volubilità, abbandonavano senza difesa i Cristiani d'Oriente al furore dei nemici.

Quindi i due Gran Maestri avrebbero voluto approfittare dei potenti soccorsi d'Occidente per concludere una pace utile e durevole. Ma tali proposte, fatte nel momento in cui più fervevano gli spiriti per la speranza delle ricche prede e nella sicurezza che il dominio degli infedeli fosse giunto alla sua fine, furono ricevute con stupore e sdegno.

Quindi il Re Luigi rispose che non era andato in Oriente con un poderoso esercito per liberare pochi prigionieri e proibì severamente ai Gran Maestri di rinnovare quelle proposte ingiuriose ai guerrieri cristiani e alla sua maestà.

I Crociati, ebbri dei loro futuri successi, pensavano piuttosto alle ricchezze che alla forza dei loro nemici. I Capi della Crociata fondavano principalmente le loro speranze sulle divisioni dei principi musulmani che si disputavano le provincie della Siria e dell'Egitto. Infatti, dopo la morte di Saladino, la discordia raramente aveva cessato di turbare la famiglia degli Ayyubidi.

Visto che le contese tra gli Ayyubidi producevano frequenti guerre civili, la popolazione si faceva sempre più bellicosa e il loro impero, ma anche se era debole internamente, riusciva più formidabile quando il pericolo comune riuniva le potenze musulmane.

1249: i preparativi del Sultano

Regnava allora in Egitto al-Salih Ayyub, figlio secondogenito del Sultano al-Malik al-Kamil che nel 1220 aveva vinto ad Al Mansura l'esercito Crociato di Giovanni di Brienne e del Cardinale Pelagio Galvani.


il Sultano al-Salih Ayyub

Sebbene per nascita non potesse aspirare al trono, tentò di conquistarselo con le armi, ma fu vinto e fatto prigioniero dal suo fratello maggiore; ma durante una ribellione recuperò la sua libertà e ottenne il trono.

Appena preso il potere, superò i suoi predecessori nell'arte del governo e nella guerra; riordinò le provincie e l'esercito. Prima si avvalse dei mercenari Corasmi per impadronirsi di Damasco e per opprimere i Cristiani ed i loro alleati; poi estese le sue conquiste fino alle rive dell'Eufrate, riunendo sotto il suo governo quasi tutto l'Impero fondato da Saladino.

Quando Luigi IV era sbarcato nell'isola di Cipro, il Sultano del Cairo si trovava in Siria dove era in guerra contro il principe di Aleppo e teneva sotto assedio la città di Homs. Fu lì che venne a sapere dei progetti dei Cristiani e provvide subito alla difesa delle coste dell'Egitto. Quando seppe che l'esercito cristiano stava per imbarcarsi, concluse subito tregua col Principe di Aleppo e corse in Egitto a dirigere egli stesso le opere di difesa.

Gli Orientali consideravano i Francesi come i più coraggiosi d'Occidente e ritenevano il Re di Francia il condottiero più formidabile fra i cristiani, così che le opere di difesa fatte da al-Salih Ayyub furono proporzionali alla paura che gli ispiravano i nuovi nemici.

Le coste furono fortificate in tutti i punti importanti e Damietta venne rifornita di cibo, armi e difensori. Poi il Sultano fece allestire una grande flotta e la fece condurre alla foce del Nilo.

Fakhr al-Din Ibn Shaykh al-Shuyukh, il migliore tra gli Emiri del Sultano, si accampò con un esercito a ponente della foce del fiume, nello stesso luogo dove 33 anni prima erano sbarcati i Crociati di Giovanni di Brienne.

Tutti questi preparativi, fatti con prudenza e sano accorgimento, sarebbero stati più che sufficienti a impedire ai Francesi lo sbarco, se il Sultano del Cairo avesse potuto dirigere egli stesso le sue truppe, ma era affetto da una grave infermità che i suoi medici avevano giudicato fatale.

In quello stato di cose, durante il quale tutto dipendeva dalla vita del Sultano, la certezza della sua prossima morte scoraggiava estremamente le sue genti e l'Egitto era pieno di confusione e di terrore.

Alcuni storici riferiscono di una lettera che il Re Luigi, prima di partire da Cipro, avesse mandato, secondo la consuetudine cavalleresca, un araldo d'arme al Sultano del Cairo per dichiararli la guerra. Il Sultano aveva risposto con molta dignità, facendo comunque notare al Re l'ingiustizia dell'aggressione e della guerra che moveva senza alcuna ragione contro chi non lo aveva mai offeso; dimostrava peraltro di non avere alcun timore dei Francesi e concludeva la sua risposta col versetto del Corano: “Quelli che combattono ingiustamente periranno”.

1249: la partenza per l'Egitto

Luigi IX dette il segale della partenza il venerdì che precedeva la Pentecoste (30 maggio 1249). Uscì dal porto di Limassol con 1800 navi sulle quali vi erano Francesi e Ciprioti.


Luigi IX in viaggio per l'Egitto

Si erano da poco allontanati dalle rive di Cipro quando improvvisamente il vento diede vita ad una violenta tempesta che disperse tutta l'armata. Il Re Luigi si salvò rientrando nel porto di Limassol, dove poi seppe che più della metà delle sue navi erano state spinte dai venti sulle coste di Siria.


il Conte di Salisbury
Guglielmo II Longespée

Giunsero allora a Cipro il Duca Ugo IV di Borgogna, che aveva passato l'inverno in Morea, il Conte di Salisbury Guglielmo II Longespée con 200 cavalieri inglesi e Guglielmo II di Villehardouin, Principe d'Acaia. Questi rinforzi inaspettati sollevarono di molto l'angustiato spirito del Re Luigi e dei capi dell'esercito.

Senza aspettare ulteriormente le navi disperse dalla tempesta, furono nuovamente spiegate le vele ai venti, questa volta favorevoli, i quali portarono l'armata verso l'Egitto.

Il quarto giorno dopo la partenza, il pilota della prima nave gridò: “Che Dio ci aiuti! Che Dio ci aiuti! eccoci davanti a Damietta!” Queste grida passarono rapidamente dall'una all'altra nave e tutte si accostarono a quella dove c'era il Re. I principali capi vi salirono a bordo; il Re era in attesa in un atteggiamento bellicoso e li esortò a ringraziare Dio per averli condotti alla presenza dei suoi nemici.


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