1249: la Campagna d'Egitto
(pagina 2 di 16)

Fu mandato l'ordine a tutte le navi affinché si preparassero a combattere. Dall'altra parte i musulmani, avendo visto da lontano le vele nemiche, si disposero valorosamente alla difesa.

I soldati che, dalle torri di Damietta furono primi a vedere le navi nemiche, avvertirono la città; una campana rimasta nella grande moschea dopo l'occupazione di Giovanni di Brienne, fu fatta suonare per avvisare i paesi circostanti dell'avvicinarsi del nemico.

Quattro galere musulmane si mossero per conoscere le forze dei Crociati e tre furono affondate, mentre la quarta, rientrata nel Nilo, portò precise notizie sulla flotta nemica.

Le navi cristiane proseguirono ordinate in battaglia e si ancorarono ad un quarto di lega lontano dalla costa egiziana. Il mare era coperto di navi sulle quali sventolava lo stendardo della Croce.

La flotta mussulmana, composta di innumerevoli navi piene di soldati e di macchine da guerra, stava alla difesa della foce del Nilo. L'Emiro Fakhr al-Din Ibn Shaykh al-Shuyukh, capitano degli egiziani, indossava una lucente armatura e si mostrava con tanta pompa ai suoi guerrieri, che Jean de Joinville, nei suoi scritti, lo paragonò al Sole.

1249: lo sbarco a Damietta

Nell'aria di sentiva il suono dei corni, delle nacchere e dei grossi tamburi. Tutti i capi si radunarono in consiglio sulla nave del Re. Alcuni proponevano che per sbarcare si aspettassero le navi che erano in ritardo a causa della tempesta, non ritenendo prudente assaltare il nemico senza aver unito tutte le loro forze.


la partenza per Damietta

Altri mostravano le difficoltà e i pericoli dello sbarco in quelle terre sconosciute ed il disordine che ne doveva conseguire al primo scontro e la quasi impossibilità di riordinare la flotta e l'esercito nel caso che non potesse vincere immediatamente il nemico.


l'arrivo a Damietta

Il Re opponendosi a queste considerazioni, disse:
“Non siamo venuti qui per udire pazientemente le minacce dei nostri nemici e per starcene molti giorni immobili spettatori dei loro preparativi.
Temporeggiando non faremo altro che accrescere il loro coraggio e scemare quello dei guerrieri francesi.
Qui non abbiamo né rada né porto per ripararci dai venti e dagli assalti improvvisi dei Saraceni; una nuova tempesta potrebbe dissipare i resti della nostra flotta e toglierci i mezzi per cominciare la guerra con buona speranza di successo.
Dio oggi ci manda la vittoria, forse più tardi ci punirebbe per aver trascurato l'occasione per vincere”.

I signori ed i baroni accettarono il parere del Re, per cui fu deciso lo sbarco per il giorno dopo. Tutta la notte fu passata in veglia, furono accesi molti fuochi sulle navi e alcune di queste si accostarono alla foce del Nilo per ispezionare i movimenti dei musulmani.

Sorto il giorno, tutta l'armata levò le ancore; i musulmani si ordinarono in battaglia sulla spiaggia dove supponevano che i Crociati sarebbero sbarcati. Quando le navi furono vicine alla costa, i guerrieri cristiani discesero nei battelli a fondo piatto e si ordinarono in due file.

Luigi IX era nel primo battello della fila destra con i suoi due fratelli e il fiore dei suoi cavalieri. Con il Re c'era anche il Cardinale Legato il quale portava la Croce ed era preceduto da una barca sulla quale sventolava lo stendardo di Francia.

Guido di Ibelin, Conestabile del Regno di Cipro, era in testa alla fila sinistra dell'armata e guidava la cavalleria di Cipro e i baroni di Palestina: il suo battello era il più leggero della flotta e portava le insegne del Conestabile dipinte sulla poppa e sulla prua. Intorno alla sua bandiera si potevano vedere sventolare bandiere di mille colori e 300 vogatori rendevano il battello più veloce fra tutti.

Guido di Ibelin, con le sue genti scelte, occupava il centro della fila con suo fratello Baldovino di Ibelin, Siniscalco di Cipro, che comandava un migliaio di guerrieri. I cavalieri e i baroni erano in piedi sui battelli e con a lato i loro cavalli e in mano la lancia. Precedevano la flotta sul fronte e sulle ali i battelli dei balestrieri che dovevano scacciare i nemici dalla spiaggia per dare ai Crociati la possibilità di scendere.


Luigi IX sbarca a Damietta (dipinto di Rouget Georges)

Giunti a tiro di freccia, sia dalla riva che dalle navi dei Crociati, partirono dense nuvole di pietre, di frecce e di giavellotti. I ranghi dei Cristiani per un attimo furono scossi, ma il Re comandò che si facesse ogni estremo sforzo per prendere terra. Egli stesso, malgrado che il Legato lo volesse trattenere, saltò nel mare con lo scudo sul petto e la spada in mano; aveva l'acqua fino alle spalle.

Tutti i Francesi, visto il loro Re, saltarono nell'acqua gridando: “Montjoie-Saint-Denis!” Tanta moltitudine di uomini e di cavalli che cercavano di guadagnare la riva, sollevavano le onde e come una piccola marea giungevano fino ai piedi dei musulmani; i guerrieri si spingevano e si urtavano a vicenda, il fracasso delle onde e dei remi, le grida dei soldati e dei marinai, l'urtare delle navi fra di loro e delle barche che si erano disordinate, occupavano il mare e la riva in una scena impressionante.

Jean de Joinville e Baldovino di Ibelin furono i primi a prendere terra; veniva subito dietro di loro Guido di Ibelin. Subito la loro cavalleria si schierò in battaglia e immediatamente la cavalleria mussulmana si mosse ad assaltarli. Ma i Crociati strinsero le loro fila, si coprirono con gli scudi e, presentando le punte delle loro lance, ne sostennero l'urto con poco danno. Frattanto dietro a loro si andavano via via ordinando quelli che prendevano terra

1249: la presa di Damietta

Già sulla riva era stata piantata l'Orifiamma ed il Re era appena giunto che subito, senza pensare al pericolo, si pose in ginocchio per ringraziare il Cielo e chiamò intorno a sé i suoi più valorosi cavalieri. Uno storico arabo narra che il Re fece immediatamente piantare la sua tenda rossa scarlatta.

Infine tutto l'esercito prese terra e cominciò una sanguinosa battaglia lungo tutta la spiaggia, mentre le due flotte si scontravano alla foce del Nilo.


la Regina Margherita di Provenza

Mentre la riva e il mare rimbombavano del fragore delle armi, la Regina Margherita e la Duchessa d'Angiò, rimaste sulla capitana, aspettavano tremando la fine della battaglia e piangendo supplicavano Dio che favorisse i Cristiani; frattanto i pii sacerdoti, riuniti in cerchio, cantavano salmi per ottenere la protezione di Dio.

La flotta musulmana ebbe la peggio: molte delle loro navi furono affondate, altre fuggirono risalendo il fiume. Allo stesso modo, dopo una lunga e valorosa difesa, l'esercito musulmano si ritirò in disordine e i Crociati, favoriti dalla fortuna e dal loro valore, poterono assicurarsi il litorale.


un Guerriero Mamelucco

Poi i Francesi inseguirono i musulmani fino alle loro trincee, dove iniziarono la battaglia finale. I musulmani, sconfitti per la seconda volta, abbandonarono il campo e la riva occidentale del Nilo, lasciando molti dei loro Emiri sul campo di battaglia: nulla poteva resistere ai Francesi, fortificati dalla presenza e dall'esempio del loro Re.

Durante i combattimenti l'Emiro Fakhr al-Din Ibn Shaykh al-Shuyukh aveva spedito alcuni colombi viaggiatori al Sultano del Cairo, il quale, gravemente infermo, era in un villaggio fra Damietta ed Mansura. Non essendo ritornata all'esercito alcuna risposta a tale messaggio, si diffuse la notizia che il Sultano era morto.

La maggior parte degli Emiri era ansiosa di sapere quale destino li attendeva sotto un nuovo Sultano: molti disertarono e l'esercito cominciò a ritirarsi. La ritirata aumentò ulteriormente il disordine; verso sera l'intero esercito musulmano era allo sbando ed i soldati, abbandonati dai loro comandanti, pensavano unicamente alla fuga.

Per questo colpo di fortuna i Crociati rimasero padroni della spiaggia e delle sponde del Nilo ed ebbero una facile vittoria acquisita quasi senza spargimento di sangue. In questo giorno glorioso perirono solo due o tre cavalieri. Tra i signori francesi, non morì altri che il Conte di La Marche Ugo X di Lusignano, che aveva cercato la morte accanto al suo Re.

Venuta la sera i Crociati piantarono le tende sul campo di battaglia; i preti cantarono il “Te Deum” e la notte fu passata tutta in allegria. Mentre l'esercito vittorioso era impegnato nella gioia, la più grande confusione regnava a Damietta; i fuggitivi avevano attraversato la città seminando il terrore dovunque e giustificando la loro viltà esaltando le forze e il valore dei nemici.


LA STORIA DELLE CROCIATE LE CROCIATE DEL NORD LA STORIA DELLA RECONQUISTA
I CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO I CAVALIERI DI SAN LAZZARO I CAVALIERI OSPITALIERI
I CAVALIERI TEMPLARI I CAVALIERI TEUTONICI I CAVALIERI DI SAN TOMMASO I MONACI CISTERCENSI
I CAVALIERI PORTASPADA I FRATELLI DI DOBRZYN L'ORDINE DI SANTIAGO L'ORDINE DI CALATRAVA
L'ORDINE DI ALCANTARA L'ORDINE DI MONTESA L'ORDINE DEL CRISTO L'ORDINE DI SAN BENEDETTO DI AVIS