la Terra Santa tra il 1254 e il 1257

1255: la guerra di San Saba

Il Re Luigi IX, durante la sua dimora in Palestina, non solo aveva fatto fortificare diverse città cristiane, ma si era anche dedicato a ristabilire la pace fra i cristiani, ritenendo che fosse fa cosa migliore da fare per sostenere gli assalti dei musulmani.

Disgraziatamente per i cristiani di Palestina, che Luigi avrebbe voluto salvare mettendo in pericolo anche della sua vita, i suoi consigli furono presto dimenticati e la discordia subentrò ai sentimenti generosi che avevano prodotto i suoi discorsi e l'esempio delle sue virtù.

Diversi popoli marittimi avevano considerevoli attività commerciali a San Giovanni d'Acri, divenuta metropoli di Palestina. Fra quei popoli i Genovesi e i Veneziani venivano primi fra tutti; ognuno di essi abitava un quartiere separato, aveva leggi diverse e interessi che li tenevano sempre divisi; la sola cosa che possedevano in comune era la chiesa di San Saba, nella quale assistevano insieme alle cerimonie religiose.

Questo comune possesso era stato spesso soggetto di contese fra Genovesi e Veneziani: poco tempo dopo la partenza del Re Luigi IX, nacquero nuove discordie e si accesero tutti i risentimenti che poteva ispirare lo spirito di rivalità e di gelosia tra due popoli che da lungo tempo si contendevano l'impero del mare e i vantaggi del commercio in Oriente.

In questa contesa, nella quale il suo stesso motivo avrebbe dovuto ravvivare nei cuori sentimenti di pace e di carità, i Genovesi e i Veneziani vennero spesso alle mani nella stessa città di San Giovanni d'Acri e più di una volta la chiesa di San Saba, che i due popoli avevano fortificato, era divenuto luogo di guerra che rimbombava del fragore dei loro sacrileghi combattimenti.

Queste discordie superarono anche i mari e portarono nuovi sconvolgimenti in Occidente. Genova si alleò con i Pisani e si procurò alleati ed ausiliari perfino tra i Bizantini, allora impazienti di ritornare a Costantinopoli, i quali dal lato loro sollecitarono l'intervento dei Genovesi promettendo loro per ricompensa il quartiere di “Pera”, che serviva allora di emporio comune alle mercanzie dei popoli marittimi dell'Italia.

Venezia per vendicare le sue onte, sollecitò l'alleanza de Re Manfredi di Sicilia, scomunicato dal Papa. Furono assoldate genti, allestite armate e vi furono battaglie terrestri e marittime. Questa guerra, che invano il Pontefice tentò di sedare, durò più di venti anni, talora favorevole ai Veneziani, talora ai Genovesi, ma sempre funesta agli stati cristiani d'Oriente.

1259: la discordia tra Templari e Ospitalieri

Lo spirito di discordia invase anche gli Ordini rivali di San Giovanni e dei Templari: il sangue di quei valorosi difensori della Terra Santa scorse a torrenti in quelle stesse città che era loro dovere difendere; gli Ospitalieri e i Templari si perseguivano e si assaltavano con tale furore che non li distraeva nessun'altra causa e ognuno dei due Ordini invocava l'aiuto dei cavalieri rimasti in Occidente.


Cavalieri Templari

Nel 1259 tra i Cavalieri Templari e quelli di San Giovanni vi fu una battaglia tanto sanguinosa che si salvò solo Cavaliere del Tempio, che portò ai capi del suo Ordine la notizia della sconfitta.

Così le più nobili famiglie della Cristianità si trovavano trascinate in queste sanguinose contese, né si chiedeva più in Europa se i Franchi avevano vinto i musulmani, ma se erano vittoriosi i Cavalieri Templari o quelli di San Giovanni.

Il prode Sergines, che Luigi IX partendo aveva lasciato a San Giovanni d'Acri, e i più prudenti tra gli altri capi della Terra Santa, non avevano autorità sufficiente a ristabilire la pace e, tanto meno, genti sufficienti a resistere agli assalti dei musulmani.


Cavaliere Ospitaliero

L'unica speranza che rimaneva ai cristiani di Siria, era che la discordia cessasse. Manfredi, figlio di Federico II, si era impadronito del trono di Sicilia e per mantenerlo aveva assoldato i Saraceni d'Africa. Aveva inoltre fornito 400 cavalieri all'Imperatore Latino di Costantinopoli nella sua guerra contro i Bizantini; ma le sue genti erano stare sconfitte nel 1259. Nella battaglia di Pelagonia, contro il generale bizantino Giovanni Paleologo, vi trovarono la morte i 400 cavalieri inviati da Manfredi e Guglielmo II di Villehardouin, Principe di Acaia, venne fatto prigioniero.

1257: la morte della Sultana Shajar al-Durr

Ma mentre che le divisioni affievolivano la potenza dei Latini, andava aumentando quella dei loro nemici. Se dal debole Regno di Gerusalemme, volgiamo la nostra attenzione all'Egitto, vi troveremo lo strano spettacolo di un governo fondato dalla ribellione, che si corroborava in mezzo alle burrasche politiche. Le colonie cristiane, dopo la presa di Gerusalemme fatta da Saladino, non avevano più un centro comune, né un legame fra loro; i Re di Gerusalemme, perdendo la loro capitale, avevano perso anche la regia autorità che serviva almeno a tenere uniti gli animi.

Del regno di Gerusalemme si era conservato soltanto il nome; i mamelucchi, invece che una nazione, erano piuttosto un esercito nel quale prima si dividevano per nominare un capo, ma poi tutti gli obbedivano ciecamente. Ognuna delle loro rivoluzioni partoriva un nuovo despota militare, armato di tutte le passioni che lo avevano prodotto; e ciò che doveva accrescere i timori dei cristiani, tale despota era sempre pronto alla guerra ed alle conquiste.

E' stato raccontato in precedenza che il Turkmeno Izz al-Din Aybak, dopo aver sposato la Sultana Shajar al-Durr, era salito sul trono di Saladino; ma il suo regno fu ben presto turbato dalle rivalità degli Emiri: la morte di Faris ad-Din Aktai, uno degli Emiri più avversi al nuovo Sultano, dissipò i progetti dei faziosi, ma la gelosia d'una donna riuscì dove non avevano potuto la licenza e la discordia.

La Sultana Shajar al-Durr non poté perdonare ad Izz al-Din Aybak di aver chiesto come seconda moglie una figlia di Badr ad-Din Lu'lu, Emiro di al-Mousil, e fece assassinare lo sposo infedele nel bagno dai suoi schiavi.

La Sultana, dopo aver soddisfatto la sua vendetta, chiamò l'Emiro Saif-Eddin per proporgli di ascendere con lei sul trono dei Sultani d'Egitto. Saif-Eddin, introdotto nel palazzo, trovò la Sultana seduta, che aveva ai suoi piedi il corpo sanguinante di suo marito. A tale vista l'Emiro inorridì e la tranquillità che la Sultana dimostrava e la vista del trono insanguinato sul quale gli proponeva di sedersi, accrebbero il suo orrore.


Saif-Eddin trova la Sultana seduta, con ai piedi il corpo di Izz al-Din Aybak
(incisione di G. Dorè)

Al rifiuto di Saif-Eddin, a Sultana chiamò altri due Emiri, che non poterono sopportare la sua presenza e fuggirono spaventati da ciò che avevano visto.

Tale scena accadde nella notte; allo spuntare del giorno, nel Cairo si diffuse la notizia dell'assassinio di Izz al-Din Aybak; l'indignazione fu generale sia nel popolo che nell'esercito.

Lo storico Deguignes ci racconta come si concluse la storia:
“La Sultana Shajar al-Durr fu parimenti trucidata dagli schiavi e il suo corpo gettato ignudo nella fossa del castello; fu di ammonimento a tutti quelli che si contendevano l'Imperio, perché anche le rivoluzioni hanno la loro giustizia”.

In tale tumulto, Al-Mansur Ali, un figlio quindicenne di Izz al-Din Aybak, fu preposto all'Impero; ma una prossima guerra doveva precipitare dal trono quel fanciullo. Grandi avvenimenti si preparavano in Asia ed in Persia si addensava una tempesta che doveva minacciare la Siria e l'Egitto.


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