1258: i Mongoli in Oriente

1258: i mongoli prendono Baghdad

I Mongoli sotto la guida di Hulagu Khan, si erano accampati intorno a Baghdad. La città era divisa in più di sette zone, tutte intente a combattersi fra di loro e per niente preoccupate a scacciare il formidabile nemico che li circondava. Il Califfo di Baghdad e il suo popolo si erano inviliti nella mollezza e questo gli fece trascurare l'organizzazione di una difesa.


i mongoli assediano Baghdad (miniatura medievale)

I Mongoli presero d'assalto la città e la sottoposero a tutti i mali della guerra. Il Califfo al-Musta'sim, l'ultimo e 37° dei successori di Abu l-Abbas al-Saffah, trattato come un vile schiavo, perse la vita fra il tumulto e i disordini, senza che la storia possa sapere se sia morto di disperazione e se sia stato trucidato dai suoi nemici.

Questa violenza commessa contro il capo della religione mussulmana ed il fatto che i Mongoli si stavano spostando verso la Siria, spaventarono i mamelucchi. Allora sostituirono al giovane Sultano Al-Mansur Ali, un capo che sapesse difenderli in un così grave pericolo ed elessero come Sultano Al-Muzaffar Sayf ad-Din Qutuz, un valoroso Emiro molto esperto nell'arte militare.

Mentre in Egitto si facevano i preparativi per resistere ai Mongoli, i Cristiani aspettavano la loro liberazione da questa guerra mossa contro i mussulmani. Hulagu Khan aveva promesso al Re Aitone I d'Armenia di portare le sue armate fino sulle rive del Nilo, e i Cronisti orientali riferiscono che le milizie armene si erano unite all'esercito dei Mongoli, i quali, dopo aver attraversato l'Eufrate, si impadronirono di Aleppo, di Damasco e delle principali città di Siria.

Da tutte le parti i musulmani fuggivano davanti ai Mongoli e le orde vittoriose proteggevano i cristiani, i quali acclamavano quei feroci barbari quali loro liberatori.

Nelle chiese e sul sepolcro medesimo di Gesù Cristo, furono fatte preghiere per la vittoria dei Mongoli e, nell'eccesso della loro allegria, i Cristiani di Palestina non pensavano più a implorare i soccorsi dell'Europa.

1259: i mongoli devastano la Polonia e l'Ungheria

Il Papa, avuta notizia della presa di Baghdad e della morte del Califfo al-Musta'sim, padre spirituale dei musulmani, spedì subito in Asia i suoi missionari con l'incarico di presentare le sue congratulazioni ad Hulagu Khan e salutarlo come Principe alleato dei cristiani.

Ma appena gli ambasciatori del Papa si imbarcarono, si divulgò improvvisamente la notizia che le orde mongole stavano devastando le rive del Niester e del Danubio.


arcieri mongoli (miniatura medievale)

Allora Papa Alessandro IV si raccomandò ai principi, ai prelati e a tutti i fedeli, esortandoli a unire tutte le loro forze per salvare l'Europa dalla minaccia dei Mongoli.

Si convocarono Concili in Germania, Inghilterra e Francia; si comandarono digiuni, processioni e preghiere in tutte le diocesi e furono nuovamente aggiunte alle Litanie dei Santi, le parole che erano come l'annunciazione di un pericolo universale: “Dall'invasione dei Mongoli, liberaci o Signore!”

Frattanto le orde che avevano desolato la Polonia e l'Ungheria, si allontanarono a causa delle discordie sorte nel loro stesso paese.

Nella medesima epoca, Hulagu Khan, dovendo ritornare sulle rive del Tigri per reprimere una potente ribellione, aveva lasciato in Siria e in Palestina 10.000 Mongoli, guidati dal suo luogotenente Ketboga Noyan, incaricato di mantenere la pace nei territori conquistati.

Ketboga Noyan era molto amato e onorato dai cristiani, perché ritenevano che appartenesse alla stirpe dei Re Magi che erano stati a Betlemme per adorare la natività di Nostro Signore.

1260: la Battaglia di Ain Jalut

I cristiani esaltavano ancora alle vittorie dei Mongoli, quando una contesa suscitata da alcuni Crociati di Sidone mutò improvvisamente lo stato delle cose. Così si scoprì che erano nemici gli stessi che prima erano stati considerati degli alleati.

I Crociati di Sidone, guidati dal Conte Julien de Grenier, saccheggiarono alcuni villaggi mussulmani che pagavano tributo ai Mongoli; Ketboga Noyan mandò a chiedere ai cristiani la riparazione del danno ed essi rifiutarono.

Nella contesa che ne sorse, il nipote di Ketboga Noyan fu ucciso. Allora il capo dei Mongoli dichiarò la guerra ai Cristiani, fece delle scorrerie nel territorio di Sidone e minacciò quello di San Giovanni d'Acri.

Alla vista delle loro campagne distrutte, tutte le illusioni dei Cristiani svanirono; le loro speranze erano state smisurate e tali furono i loro timori e i dolori. Dimenticarono che tutti i loro mali venivano dall'Egitto e, siccome non si aspettavano soccorsi dall'Occidente, speravano che la loro salvezza si potesse attuare con l'aiuto delle armate dei mamelucchi.

Intanto Ketboga Noyan, al comando di 10.000 mongoli, tentò di continuare l'avanzata verso l'Egitto; ma Al-Muzaffar Sayf ad-Dîn Qutuz, Sultano mamelucco del Cairo, anticipò la mossa dei mongoli e mosse loro contro con il suo esercito.

Il Sultano aveva negoziato una tregua con i Crociati, i quali gli permisero di avanzare verso nord attraverso il territorio cristiano. I mamelucchi sostarono per tre giorni nei pressi della roccaforte di San Giovanni d'Acri dove, dopo aver rinnovato la tregua con i Crociati, poterono fare rifornimento.

Poi i mamelucchi si spostarono nella pianura di Tiberiade, sino a quando, giunti alla sorgente di Ain Jalut nella valle di Jezreel il 3 settembre 1260, incontrarono le forze mongole.

I primi ad avanzare furono i Mongoli, la cui forza comprendeva anche truppe dal Regno di Georgia e circa 500 cavalieri dal Regno Armeno di Cilicia.

I mamelucchi, approfittando della conoscenza del territorio, avevano nascosto la maggior parte delle loro forze negli altopiani.

I due eserciti combatterono senza sosta per molte ore, con il capitano mamelucco Baibars che, al fine di provocare le truppe mongole e allo stesso tempo preservare intatto il grosso delle sue truppe, per la maggior parte del tempo usò la tattica del “mordi e fuggi”.

Quando i mongoli effettuarono un altro assalto, Baibars ed i suoi uomini finsero una ritirata, attirando i mongoli negli altopiani, dove il resto delle forze mamelucche che erano nascoste tra gli alberi li aspettavano in un'imboscata.

Il capo mongolo Ketboga Noyan, già provocato dalle continue fughe di Baibars e delle sue truppe, commise un grave errore; invece di sospettare un trucco, decise di marciare in avanti con tutte le sue truppe sulle tracce dei mamelucchi in fuga.


la Battaglia di Ain Jalut

Quando i mongoli raggiunsero gli altopiani, le forze mamelucche uscirono dai loro nascondigli e si misero a scagliare frecce, dopo di che attaccarono con la loro cavalleria. I mongoli poi si ritrovarono circondati da tutti i lati dalle forze mamelucche.

I mongoli combatterono molto duramente, mentre il Sultano Al-Muzaffar Sayf ad-Dîn Qutuz, da una certa distanza, osservava tutto. Quando il Sultano vide l'ala sinistra del suo esercito quasi distrutto dai mongoli che cercavano disperatamente una via di fuga, si tolse il suo elmo da combattimento, in modo che i suoi guerrieri lo potessero riconoscere. Subito dopo raggiunse il campo di battaglia, sollecitando il suo esercito a mantenere la posizione.

Presto la battaglia si sviluppò in favore dei mamelucchi, che ora avevano il vantaggio sia di posizione che psicologico. Infine alcuni mongoli furono costretti a ritirarsi; tuttavia, il capo mongolo Ketboga Noyan non arretrò, scegliendo invece di continuare a scegliendo invece di continuare a combattere. Alla fine fu ucciso da Jamal al-Din al-Akoush Shamsy, un guerriero veterano mamelucco.


lo schioppo

La battaglia di Ain Jalut è anche nota per essere stata la prima battaglia in cui venne usato lo schioppo, la prima arma da fuoco portatile della storia, creata collocando una piccola bombarda alla sommità di un'asta di legno. Quest'arma venne impiegata dai mamelucchi per spaventare i cavalli dei mongoli e causare il disordine nei loro ranghi.

Qualunque delle due parti fosse stata vittoriosa, i Cristiani non si potevano augurare una buona ventura; i mamelucchi non potevano perdonare loro di avere cercato l'alleanza con i Mongoli e di avere approfittato della desolazione della Siria per insultare i fedeli di Maometto.


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