1268: le conquiste di Baibars
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Ma il bottino fatto durante le scorrerie non era sufficiente a sopportare le spese per mantenere la guerra dichiarata ai cristiani. Il Sultano del Cairo deliberò di imporre nei suoi Stati, come si faceva in Occidente per le Crociate, una tassa destinata alle spese di questa guerra che i musulmani consideravano come guerra santa. L'Egitto, le isole del mar Rosso e la città di Medina, pagarono la decima imposta in nome dell'Islamismo, detta “il diritto di Dio”.

Diveniva sempre più impossibile per i cristiani resistere a nemici tanto formidabili, sia per il loro numero che per il loro entusiasmo religioso. I migliori fra i guerrieri cristiani, circa in numero di 1.100, avevano tentato una spedizione verso Tiberiade; questo drappello, ultima speranza dei cristiani d'Oriente, fu sconfitto e disperso dai musulmani.

Il Conte di Nevres Oddone di Borgogna, giunto in Palestina con cinquanta uomini d'arme, morì difendendo San Giovanni d'Acri e fu molto compianto dal popolo e dai poveri.

1268: la caduta di Giaffa

I cristiani, vinti dalla disperazione, imploravano la clemenza di Baibars, ma egli, invece di ascoltare le loro preghiere, andò a devastare i loro territori. In tanta desolazione che opprimeva i Cristiani, lo stesso Baibars fu visto davanti alla porta di San Giovanni d'Acri sopra un cavallo da battaglia che, con la spada in mano e simile all'angelo sterminatore, dava il segnale della strage.


Giaffa

Poi, dopo essere rimasto per quattro giorni sotto le mura della città, Baibars corse improvvisamente a sorprendere Giaffa. Questa città, le cui fortificazioni erano costate a Luigi IX grosse somme, dopo una breve resistenza, cadde nelle mani del Sultano che ne fece smantellare le mura.

In questa scorreria Baibars si impadronì anche del castello del Krak e di alcune altre fortezze, poi mosse verso Tripoli.

1268: la caduta di Antiochia

Così Baibars spargeva il terrore delle sue armi contemporaneamente in più luoghi, per impedire ai Cristiani di unire le loro forze e per nascondere i suoi veri progetti; infatti da lungo tempo aveva intenzione di invadere il Principato di Antiochia.

Il suo esercito ricevette improvvisamente il comando di muovere verso le rive dell'Oronte: dopo pochi giorni i musulmani erano già accampati davanti alla città di Antiochia, mal difesa da Opizo dei Fieschi, il suo Patriarca, e abbandonata dalla maggior parte dei suoi abitanti.


Antiochia

Gli storici parlano poco di questo assedio in cui i cristiani fecero solo una debole resistenza e si mostrarono più prodi a supplicare che a combattere. Ma le loro umiliazioni, le lacrime e le preghiere non impietosirono il forte conquistatore, la cui politica si basava sulla distruzione delle città cristiane.

Essendo i musulmani entrati in Antiochia senza aver accettato la capitolazione, vi trascorsero a tutti gli eccessi della licenza e della vittoria.

In una lettera scritta da Baibars a Boemondo VI, Principe di Antiochia e Conte di Tripoli, il vincitore gli descrisse la desolazione della città conquistata e tutti i mali che aveva fatto ai cristiani:
“La morte è venuta da tutte le parti e da tutte le strade; noi abbiamo ucciso tutti quelli che tu avevi scelto per guardare la città e difenderne i passi.
Se tu avessi veduto i tuoi cavalieri calpestati dai miei cavalli, le tue provincie abbandonate al saccheggio, le tue ricchezze pesate al cantaro, le mogli dei tuoi sudditi vendute all'incanto;
se tu avessi veduto i pulpiti e le croci atterrate, le pagine del Vangelo disperse e gettate al vento, i sepolcri dei patriarchi profanati;
se tu avessi veduto i musulmani tuoi nemici passeggiare sul tabernacolo, scannare nel santuario il monaco, il prete, il diacono;
se tu avessi per ultimo veduto i tuoi palazzi incendiati, i morti divorati dal fuoco di questo mondo, la chiesa di San Paolo e quella di San Pietro spiantate dalle loro fondamenta, certo avresti esclamato: Oh che il cielo mi avesse fatto polvere!”

Baibars distribuì il bottino ai suoi soldati; i mamelucchi si divisero le donne e i fanciulli e non vi fu allora, dice una cronica araba, “alcuno schiavo che non avesse uno schiavo, tanto che un garzone si vendeva a dodici dirèm, una bambina a cinque dirèm”.

In un solo giorno la città di Antiochia perse tutti i suoi abitanti; un incendio acceso per ordine di Baibars, completò l'opera dei vincitori. La maggior parte degli storici affermano concordemente che morirono 17.000 cristiani e che 100.000 vennero presi prigionieri.

Dopo aver scritto a Boemondo VI una lettera piena di minacce, il Sultano del Cairo gli spedì degli ambasciatori con i quali andò egli stesso travestito da araldo d'armi; il suo progetto era di esaminare le fortezze e i mezzi di difesa di Tripoli.

Negli incontri che ebbero luogo, gli ambasciatori mussulmani si rivolsero a Boemondo appellandolo con il titolo di Conte, ma egli reclamò il titolo di Principe: la discussione andava riscaldandosi, allora gli ambasciatori volsero gli sguardi al loro padrone che fece loro segno di cedere.

Poi il Sultano, ritornato nel suo esercito, rideva di questa avventura con i suoi Emiri dicendo:
“Ecco il momento in cui Dio maledirà il Principe e il Conte”.

Nonostante ciò, concluse una tregua con Tripoli, prevedendo che il trattato di pace gli sarebbe servito a tenere nascosto il progetto di un'altra guerra e che avrebbe trovato presto l'occasione di violare la tregua a suo vantaggio.

Baibars minacciava contemporaneamente tutti i suoi nemici e mandava i suoi ambasciatori dai Cristiani solamente per far sapere loro il suo disprezzo.

Il Re Ugo III di Cipro aveva consegnato ai mongoli alcuni musulmani caduti nelle sue mani ed il Sultano subito inviò i suoi ambasciatori per chiedere riparazione di questo oltraggio fatto all'Islamismo.

Lo storico Mochi Eddìn, che era fra questi ambasciatori, secondo le istruzioni del Sultano indirizzò al Re di Cipro parole altere e piene di disprezzo.

Lo stesso storico poi scrisse:
“II principe mi guardò con sdegno e mi fece dire dall'interprete che dovevo guardare dietro di me. Io rivolsi la testa e vidi sulla piazza le milizie del Re ordinate in battaglia.
L'interprete mi fece anche notare il loro numero e il loro contegno marziale. Allora io abbassai gli occhi e, quando mi fu promesso di rispettare la mia funzione di ambasciatore, dissi al Re che veramente vi erano sulla piazza molti soldati cristiani, ma che ve ne erano ancora di più nelle prigioni del Cairo.
A queste parole il Re mutò colore, si fece il segno della Croce e rinviò l'udienza a un altro giorno”.

Così tutti i Cristiani d'Oriente tremavano al solo nome di Baibars ed egli dedicava i suoi pensieri unicamente ad assaltare ed espugnare le città che i cristiani ancora possedevano sulle coste di Siria e di Palestina; la distruzione o la conquista di San Giovanni d'Acri era il principale obbietto della sua ambizione.

Ma soprassedeva a dare l'ultimo assalto a questa città, già da lungo tempo rispettata dai musulmani; non dimenticava che i cristiani avevano spesso armato tutto l'Occidente e questo pensiero gli faceva rinviare l'esecuzione dei suoi disegni.


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