1270: la fine della Crociata
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1270: l'arrivo di Carlo d'Angiò

Nel giorno stesso in cui il Re morì, Carlo di Angiò sbarcò con le sue genti vicino a Cartagine. Le trombe di guerra risonavano sulla riva, ma nel campo dei Crociati vi era un cupo silenzio e nessuno si muoveva incontro ai Siciliani, attesi fino ad allora con tanta impazienza.

Carlo ebbe da ciò tristi presentimenti; andò alla tenda del Re e lo trovò morto, disteso sopra la cenere. Poi si prostrò ai suoi piedi e li bagnò di lacrime.


Carlo di Angiò trova il Re morto
(dipinto di Rouget Georges)

Rimase per molto tempo in quella posizione senza vedere alcuno di quelli che gli erano intorno, parlando sempre a Luigi come se fosse ancora vivo, rimproverandosi di non avere udito le ultime parole del più tenero dei fratelli e del migliore dei Re.

Le spoglie mortali di Luigi furono depositate in due urne funerarie. Le viscere del Re toccarono a Carlo di Angiò che le inviò in Sicilia perché venissero conservate nel Duomo di Monreale. Filippo tenne per sé le ossa e il cuore del santo monarca.

Il giovane Principe avrebbe voluto mandarle in Francia, ma i capi e i soldati non acconsentirono a separarsi dalle reliquie di un così buon monarca. La custodia di queste reliquie in mezzo ai Crociati, sembrava loro una salvaguardia contro nuove disgrazie e il più sicuro mezzo per attirare sull'esercito cristiano la protezione del cielo.

Filippo era sempre ammalato e la sua malattia non era senza pericolo. L'esercito lo guardava come degno successore di Luigi e l'amore che si aveva verso il padre passò al figlio. Ricevette dunque l'omaggio e il giuramento dei capi, dei baroni e dei Signori.

Per prima cosa confermò la reggenza e tutto quello che suo padre aveva stabilito in Francia prima della partenza. Geoffroi de Beaulieu, Guillaume de Chartres e Jean de Mons, uno confessore e gli altri due elemosinieri del defunto Re, furono incaricati di portare in Occidente gli ordini di Filippo.

1270: il trattato col Califfo di Tunisi

Mentre i cristiani erano immersi nella disperazione, i musulmani aprivano i cuori alla speranza e alla gioia. Ringraziavano il Profeta per averli liberati dal più potente dei loro nemici.

Il popolo di Tunisi ripeteva con superstizioso entusiasmo alcuni versi nei quali era predetta la morte di Luigi IX nel primo giorno del suo arrivo sulle coste d'Africa. Tali versi profetici dicevano:
“O re dei Franchi! Tunisi è sorella del Cairo. Le calamità che ti oppressero sulle rive del Nilo, ti aspettano sulle coste della Mauritania; tu vi troverai la casa di Lokman, che ti servirà da tomba; e i due angeli della morte Moukir et Nakir, rimpiazzeranno per te l'eunuco Sabih”.

I musulmani vedevano un evidente miracolo del cielo nel compimento di questa profezia e la storia orientale non ha dimenticato di trasmetterci il testo della stessa.

Frattanto il Re di Sicilia prese il comando dell'esercito cristiano e decise di proseguire la guerra. Le genti che aveva condotto con se si mostravano impazienti di combattere.

I Francesi cercavano volentieri una distrazione al loro dolore sul campo di battaglia. La malattia che aveva desolato l'esercito ora aveva diminuito le sue stragi e i soldati, da tanto tempo bloccati nel loro campo, si sentivano maggior vigore per affrontare i pericoli della guerra.

Furono fatte alcune battaglie intorno al lago della Goletta, del quale volevano impadronirsi i Crociati per avvicinarsi a Tunisi. I Mori che pochi giorni prima minacciavano i Cristiani di sterminio e di schiavitù, non poterono sostenere a lungo l'urto dei loro nemici.


Carlo d'Angiò, Re di napoli e di Sicilia

Qualche volta bastavano i balestrieri a disperdere le loro schiere. Urli orribili, fragore di timbali e di altri strumenti annunciavano il loro avvicinarsi; nuvole di sabbia, mosse dai vicini colli, annunziavano la loro ritirata e nascondevano la loro fuga. In due scontri a piè fermo, lasciarono molti morti nella pianura; un'altra volta il loro campo fu preso e saccheggiato.

Il Califfo di Tunisi non poteva fare più affidamento sul suo esercito per la difesa dei suoi Stati ed egli stesso non dava ai suoi soldati esempio di valore, ma ce ne stava continuamente chiuso in una grotta per ripararsi contemporaneamente dai raggi ardenti del sole e dal pericolo delle battaglie.

Accecato dalle sue paure, non vide più altro rimedio che la pace e decise di comperarla anche al prezzo di tutti i suoi tesori. I suoi ambasciatori si presentarono più volte dall'esercito cristiano con buone proposte e soprattutto per sedurre il Re di Sicilia con larghe promesse.

Quando la notizia di tali proposte si diffuse nel campo dei Crociati, ci furono diverse opinioni. I soldati, ai quali era stato promesso il saccheggio di Tunisi, volevano continuare la guerra, ma alcuni capi non mostravano lo stresso ardore dei soldati. Dopo la morte di Luigi IX e del Legato apostolico, la Crociata aveva perso il suo principale impulso e la forza morale che anima tutto. Lo spirito dei Crociati ora titubava nell'incertezza, la quale teneva l'esercito nell'inazione e lo induceva ad abbandonare la guerra.

Filippo desiderava ritornare in Francia, dove lo chiamavano gli affari del regno. La maggior parte dei signori e dei baroni francesi cominciavano a desiderare la patria. Fu dunque deciso di deliberare sulle proposte pacifiche del Califfo di Tunisi.

Nel consiglio, quelli che erano del parere di continuare la guerra, dissero che per la conquista di Tunisi Luigi IX era sbarcato a Cartagine, e l'esercito cristiano aveva già sostenuto tanti mali. Non c'era altro modo per onorare la memoria di Luigi e di tanti Francesi martiri come lui, che continuare e compiere la loro impresa. Tutta la Cristianità sapeva che i Crociati minacciavano Tunisi, che i Mori fuggivano alla loro presenza e che la città era pronta ad aprire loro le porte. Che avrebbero detto i Cristiani sapendo che i Crociati erano fuggiti davanti ai vinti?

Quelli i quali volevano la pace rispondevano che non si trattava soltanto di entrare in Tunisi, ma anche di conquistare il paese, il che non si poteva conseguire senza sterminare la popolazione. D'altronde la lunga durata di un assedio avrebbe indebolito di molto l'esercito cristiano, visto che si avvicina l'inverno e diveniva difficile procurarsi i viveri e le continue piogge avrebbero causato forse maggiori malattie dell'eccessivo caldo. Inoltre la presa di Tunisi non era il principale oggetto della Crociata e si doveva far pace con vantaggiose condizioni, per avere i mezzi per portare la guerra dove le circostanze lo esigevano.

I capi che parlavano così erano quelli stessi che avevano consigliato la spedizione di Tunisi e al loro capo vi era il Re di Sicilia. Allora non riconoscevano più la necessità di liberare il Mediterraneo dai pirati che impedivano il viaggio dei pellegrini e non parlavano più di togliere al Sultano di Egitto il più potente dei suoi alleati; sembrava che avessero dimenticato tutte le ragioni già da loro approvate per portare la guerra sulle coste di Africa. Alla fine il loro parere prevalse. Il 31 ottobre fu conclusa una tregua di quindici anni.


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