1270: la fine della Crociata
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1270: la fine della Crociata

Pochi giorni dopo la ratifica della tregua, giunse sulla costa di Cartagine il primogenito del Re Enrico III di Inghilterra, il Principe Edoardo, con i Crociati della Scozia e dell'Inghilterra. Partito da Aigues-Mortes si dirigeva verso la Palestina e veniva a prendere gli ordini del Re di Francia.

I Francesi e i Siciliani offrirono agli Inglesi tutte le dimostrazioni di sincera amicizia. Edoardo fu ricevuto con grandi onori, ma quando seppe che si era conclusa la pace, si ritirò nella sua tenda e non volle assistere a nessuno dei consigli dell'esercito cristiano.

Frattanto i Crociati si mostravano impazienti di partire da quella terra mortale che ricordava loro soltanto sfortuna e nessuna gloria. Questa impazienza era tanto forte che quando fu dato il segale della partenza l'esercito andò tutto in confusione.

Molti poveri pellegrini non avevano più un capo e non sapevano come fare per ritornare al loro paese. Quella moltitudine smarrita riempieva la spiaggia delle sue grida, temendo essere abbandonata su quella terra maledetta e di rimanere preda dei miscredenti. Ma il Re di Sicilia Carlo d'Angiò, il Conestabile di Francia Humbert de Beaujeu ed il Gran Ciambellano di Francia Pierre de Nemours rimasero a terra fino a quando tutti si imbarcarono.

La flotta spiegò le vele il 18 ottobre per andare in Sicilia e, come se la provvidenza avesse deciso che quella spedizione dovesse patire una serie d'infortuni, una terribile tempesta colpì la flotta vicino al porto di Trapani. Diciotto grandi navi affondarono e 4.000 Crociati perirono nelle onde. La maggior parte dei capi e dei soldati persero le loro armi, i loro equipaggi, i loro cavalli.

In tanto disastro il Re di Sicilia si dedicò a soccorrere i Crociati. Quando tutti i capi furono giunti in Sicilia, si tennero vari consigli per decidere su quello che si doveva fare. Siccome ciascuno si rammaricava per le sue disgrazie, Carlo d'Angiò propose un modo sicuro per porvi rimedio, cioè la conquista dell'Impero Bizantino.

Propose quindi di far passare all'esercito l'inverno in Sicilia; in primavera il Conte Alfonso III di Poitiers sarebbe partito per la Palestina con una parte dei soldati; gli altro avrebbero seguito Carlo in Epiro e di là a Costantinopoli. Questo progetto aveva dell'avventuroso e del cavalleresco che avrebbe potuto sedurre i baroni e i signori francesi, ma giunsero lettere dalla Francia nelle quali i reggenti riferivano al giovane Re il dolore ed il timore del suo popolo.


il Re Filippo III di Francia

Il Re Filippo III di Francia dichiarò che non poteva fermarsi in Sicilia e che ritornava nel suo Stato. Questa decisione annullò tutte le speranze di suo zio Carlo d'Angiò: i signori francesi non volevano abbandonare il loro giovine monarca così che i Principi e tutti i capi dell'esercito cristiano deposero la Croce.

Il Re di Sicilia, indispettito, fece confiscare a suo profitto tutte le navi e tutti i beni dei naufraghi che l'ultima tempesta aveva gettato sulle coste della Sicilia. Aveva già approfittato delle sventure dell'esercito a Tunisi e poi si arricchì con le spoglie dei suoi alleati e dei suoi compagni d'arme. Questo atto d'ingiustizia e di violenza gli inimicò i Crociati e sopratutto i Genovesi ai quali apparteneva la flotta sulla quale si era imbarcato l'esercito cristiano.

Tuttavia fu deciso che la Crociata sarebbe stata ripresa dopo quattro anni. I due Re, i Principi e i principali capitani, si impegnarono a imbarcarsi per la Siria con le loro genti nel mese di luglio del quarto anno; ma fu una promessa vana che nessuno doveva osservare, fatta soltanto per scusare ai loro stessi occhi l'insuccesso di questa guerra.

Il Re Tebaldo II di Navarra morì poco tempo dopo essere sbarcato a Trapani; sua moglie Isabella di Francia non poté sopravvivergli e morì di dolore. Il Re Filippo III partì per la Francia nel mese di gennaio del 1270; la giovane Regina Isabella d'Aragona, che lo aveva accompagnato, fu una nuova vittima della Crociata. Ella era incinta e, attraversando la Calabria e passando a guado il fiume Savuto, vicino a Cosenza, cadde da cavallo; trasportata dapprima nel castello di Martirano e poi a Cosenza, morì in quest'ultima città assieme al nascituro.

Il Re Filippo proseguì il suo cammino, portando con se il corpo del padre, del fratello e della moglie. Lungo la strada ebbe notizia che il Conte Alfonso di Poitiers e sua moglie Giovanna di Tolosa, ritornando in Linguadoca, erano morti in Toscana in conseguenza della malattia contagiosa contratta a Tunisi.


il Re Filippo riporta in Francia le spoglie di Luigi IX

Filippo, dopo aver passato il colle di Moncenisio, giunse a Parigi. Quali giorni di lutto per la Francia! Alla partenza di Luigi IX per l'Oriente, il popolo era pieno di funesti presentimenti i quali si erano avverati.

Non precedeva i guerrieri francesi lo stendardo della vittoria, ma un drappo funebre. Urne mortuarie, i pochi resti di un florido esercito, un giovane Re ammalato e scampato per miracolo alla morte che aveva distrutto la sua famiglia: ecco quello che ritornava dalla Crociata.

La moltitudine accorreva da tutte le parti, circondava il giovane Re, si affollava intorno alle reliquie di Luigi IX e si poteva vedere nella sua tristezza, che i sentimenti che facevano accorrere il popolo non erano quelli che generalmente attirano i dominatori della terra.

1297: il processo di canonizzazione di San Luigi

Una volta che Filippo era giunto nella capitale, le ossa e il cuore di Luigi furono portati nella Cattedrale di Notre Dame, dove gli ecclesiastici cantarono per tutta la notte gli inni dei morti.


San Luigi
(cappella dell'Eliseo - Parigi)

Il giorno dopo di celebrarono nella chiesa di Saint-Denis i funerali del Re. Tra la folla accorsa, formata da tutte le classi del popolo, si vedeva con tenerezza il giovane monarca che portava sulle sue spalle le spoglie mortali del padre. Le reliquie di Luigi IX furono depositate vicino al suo antenato Filippo Augusto ed ai resti di suo padre Luigi VIII.

La prigionia e la morte del Re Luigi IX in luoghi lontani, non compromisero in Europa la stima che si aveva per il suo nome e per le sue virtù. Forse anche queste grandi sfortune sopportate in nome della religione, aggiunsero qualche cosa alla sua gloria.

La morte di Luigi IX fu senza dubbio un grande motivo di dolore per i Francesi; ma al dolore che causava la sua perdita, si univa il pensiero del felice avvenire che Luigi aveva preparato.

Negli anni successivi, la morte del Re di Francia fu celebrata come un nuovo trionfo della religione e come una nuova gloria della patria. L'anniversario del giorno in cui il Re spirò divenne una delle feste solenni della Chiesa Cristiana e della monarchia francese.

Fu un bello spettacolo quello della istruzione del processo di canonizzazione nel quale il Papa interrogò i coetanei di Luigi IX sulle virtù della sua vita e le beneficenze del suo regno.

Francesi di tutte le classi andarono ad attestare sul Vangelo che il monarca di cui piangevano la morte era degno di tutte le ricompense del cielo. Fra di loro c'erano anche i vecchi compagni d'arme di Luigi, che erano stati con esso prigionieri in Egitto e che l'avevano visto morire sulla cenere a Tunisi.


la glorificazione di San Luigi (dipinto di Alexandre Cabanel)

Tutta l'Europa confermò le religiose testimonianze e ripeté le parole del Papa:
“Casa di Francia rallegrati ad aver dato al mondo un sì gran principe; rallegrati popolo di Francia d'aver avuto un sì buon Re”.


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