gli avvenimenti tra il 1271 e il 1279
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1275: l'indifferenza per la Crociata

Malgrado le decisioni prese in Concilio e le esortazioni del Papa e dei prelati, l'entusiasmo dei fedeli per la Crociata non si risvegliò. Gregorio X era riuscito a pacificare l'Italia e la Germania e questi due paesi avrebbero potuto fornire un gran numero di soldati della Croce, se gli spiriti fossero stati inclinati alle imprese d'Oriente.

Le lettere apostoliche sollecitarono lo zelo del Re Filippo III di Francia, che aveva giurato di muovere guerra agli Infedeli, e quello del Re Edoardo I d'Inghilterra, che aveva promesso di ripartire per l'Asia.

Per rianimare la predicazione della Guerra Santa furono spediti vari Legati in tutta l'Europa. In tutti i paesi si riscuotevano le decime; ma dappertutto i cavalieri e i baroni rimanevano indifferenti: nelle Crociate i guerrieri non vedevano altro che guai e la speranza di arricchirsi o di acquistare fama in una spedizione così lontana non animava più il loro coraggio.

Oramai la nobiltà bellicosa non si pasceva più delle illusioni d'Oriente e le Crociate avevano perso uno dei loro più potenti incentivi, cioè l'ambizione dei Principi e dei Signori.

I Principati dell'Africa o dell'Asia che i Papi offrivano o distribuivano a tutti quelli che si presentavano per conquistarli, non spingevano più nessuno a prendere le armi; anche la devozione della cavalleria per i Luoghi Santi non era più così potente da indurla ad una impresa che non prometteva altro che le palme del martirio e le ricompense del cielo.


in verde: gli Stati Crociati nel 1275

L'indifferenza dell'Europa abbandonava cristiani d'Oriente senza difesa, mentre il nemico si faceva sempre più potente ed entusiasta. D'altra parte nella confederazione dei cristiani di Siria, si scoprivano di continuo nuovi sintomi di decadenza e nuovi segni d'imminente rovina.

Tutti quei piccoli principati, tutte quelle città disseminate sulle coste della Siria, erano in perpetue divisioni e tutte le passioni prodotte dalle rivalità divenivano alleate dei musulmani.

Ognuno di quei piccoli Stati si comperava pochi giorni di pace e alcuni mesi di esistenza, mediante i trattati che faceva con Baibars; trattati nei quali erano quasi sempre sacrificati l'onore e l'interesse comune dei cristiani.

Il Sultano del Cairo non disdegnava di concludere un trattato di alleanza con qualsiasi città glielo proponesse e non vi è niente di più risibile che trovare in tali trattati, da una parte il Sovrano d'Egitto, della Siria, della Mesopotamia e di molte altre provincie, e dall'altra una piccola città come Sidone o Tortosa; un deplorabile contrasto che doveva far conoscere ai Cristiani la loro umiliazione e quanto avevano da temere.

In questi trattati, spesso i cristiani erano obbligati a non fabbricare fortezze e a non fortificare le loro città; rinunciavano persino al diritto di restaurare le chiese e quando una pietra cadeva da un muro, era gettata fuori e non la si poteva usare per riparare nessun edificio.

In tutti questi trattati, la politica musulmana si preoccupava soprattutto di tenere divisi i cristiani e di mantenerli sotto la sua dipendenza, non considerandoli mai come alleati, ma come vassalli, affittuari o tributari.

Tale era la pace di cui godevano gli stati cristiani in Siria. Ed una cosa ancora più deplorabile era il fatto che vi erano tre pretendenti al Regno di Gerusalemme e cioè il Re Ugo III di Cipro, il Re di Sicilia Carlo d'Angio e Maria di Antiochia, che discendeva dalla quarta figlia della Regina Isabella di Gerusalemme e di Amalrico di Lusignano.

Le fazioni si contendevano un regno quasi del tutto distrutto, o meglio si disputavano la vergogna di perderlo del tutto e di abbandonarlo, lacerato dalla discordia, al dominio dei musulmani.

Mentre i Cristiani d'Oriente riconoscevano così la potenza sempre crescente dei musulmani, il Papa Gregorio X in Occidente proseguiva invano i preparativi o piuttosto le prediche per la Crociata.

Aveva più volte rinnovato le sue istanze all'Imperatore Rodolfo I d'Asburgo; ma Rodolfo aveva un Impero da curare. Invano il Papa minacciò di togliergli la corona: il nuovo Imperatore vedeva meno pericoli nello sdegno del Pontefice che nella spedizione per cui doveva assentarsi dai suoi Stati. Così che il Papa Gregorio X morì, senza aver potuto dare compimento alle promesse fatte ai Cristiani d'Oriente.

1277: la morte di Baibars

Frattanto Baibars proseguiva con le sue conquiste. Ogni giorno si divulgava la notizia di qualche suo nuovo trionfo: talora ritornava al Cairo portandosi dietro un Re di Nubia da lui vinto, talora ritornava dall'Armenia, da dove si portava via 30.000 cavalli e 10.000 fanciulli dell'uno e dell'altro sesso. Queste notizie riempivano di spavento le città cristiane che si ritenevano poco al sicuro, malgrado i loro trattati col Sultano d'Egitto.


Baibars

Fra tante sue vittorie, Baibars non dimenticava mai di il suo progetto di assediare San Giovanni d'Acri; ma per compiere questo grande disegno, bisognava rendere il Re Ugo III di Cipro impotente a soccorrerla. Per questo fece costruire in Egitto una flotta sulla quale fondava le sue maggiori speranze.

Questa flotta spiegò le vele verso Cipro, ma quando giunse davanti a Limassol, undici navi si infransero nelle scogliere che facevano corona alla costa: queste navi avevano la medesima forma delle navi cristiane e, per sorprendere gli abitanti dell'isola di Cipro, erano state innalzate le bandiere con la croce, onde lo storico di Baibars scrisse che: “per questo, Dio si sdegnò contro i musulmani e fece cadere sopra di loro il peso della sua collera”.

Il Re Ugo III di Cipro scrisse al Sultano del Cairo per annunziargli la distruzione della flotta egiziana. Baibars non poté frenare il suo sdegno e giurò di sterminare tutti gli stati cristiani; ma la morte non gli permise di dar compimento alle sue minacce.

Lo storico arabo Ibn-Feràt racconta così la morte dei Baibars:
“Baibars stava per partire da Damasco per muovere contro i Tartari dell'Eufrate: prima della sua partenza chiese una imposizione straordinaria; all'imam Mochycddìn Almuiì, che gli aveva fatto alcune rimostranze, il Sultano gli rispose: O mio maestro, io abolirò questa imposizione quando avrò vinto i nemici.
Quando Baibars ebbe vinti i Tartari scrisse in questi termini al capo del Divano a Damasco: Non scenderò da cavallo sino a che tu non abbia esatto una imposizione di 200.000 dirhèm sopra Damasco, di 300.000 sul suo territorio, di 300.000 sopra i suoi borghi e di 1.000.000 di dirhèm sulla provincia meridionale.
Così la gioia causata dalla vittoria di Baibars si cambiò in tristezza e il popolo desiderò la morte del Sultano.
Furono fatte doglianze allo Scheicco Mochyeddìn, uomo pio e venerato; si era appena cominciato a riscuotere il tributo, che Baibars era cancellato dal numero dei viventi”.


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