l'avvento di Qalawun
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Mentre i soldati cristiani si ritiravano verso Tripoli, i musulmani lodavano il loro Dio per aver sterminato gli adoratori del Messia e purgato il paese dalla loro presenza. La milizia musulmana poi si ritirò cantando le lodi di Chelaìm e il nome del Sultano vittorioso venne osannato in tutte le moschee della Siria e dell'Egitto.

Fra Qala'at Marqab e Tortosa, sulle rive del mare, vi era il castello di Marakia. In quel castello, che non si poteva espugnare che con l'impiego di una flotta navale, si era ritirato un signore d'Occidente, chiamato da alcune Cronache arabe il Sire di Télima e da altre il Sire di Barthélemy. Costui faceva continue scorrerie sulle terre vicine ed ogni giorno ritornava nella sua fortezza carico di bottino catturato ai musulmani.

Qalawun voleva impadronirsi del castello di Marakia, ma non avendo navi e giudicando la fortezza inespugnabile, scrisse al Conte di Tripoli:
“Tu hai fabbricato o lasciato fabbricare quel castello; guai a te, guai alla tua capitale, guai al tuo popolo, se non lo fai subito spianare!”

Il Conte di Tripoli, ricevendo la lettera del Sultano e sapendo che i musulmani stavano entrando nel suo territorio, fu preso dallo spavento. Offrì subito al Sire di Barthélemy molte terre in cambio del suo castello; ma né offerte, né promesse, né preghiere poterono muovere il Sire di Barthélemy. Alla fine il figlio di costui si interpose nel trattato e partì per implorare la compassione del Sultano del Cairo.

Il feroce vecchio Sire di Barthélemy, parendogli forse che suo figlio stesse commettendo un atto di viltà, gli andò dietro e, una volta raggiuntolo a San Giovanni d'Acri, lo pugnalò davanti a tutto il popolo. Tale omicidio fu esecrato da tutti i cristiani, così che il Sire di Barthélemy fu abbandonato dai suoi stessi soldati.

Essendo il castello di Marakia rimasto deserto, fu subito raso al suolo. Per questo il Sire di Barthélemy divenne ancora più crudele di tutti i musulmani: se ne andò dai mamelucchi, rinnegò Cristo e, d'allora in poi, non si occupò di altro che di accelerare la rovina delle città cristiane.

Il suo odio implacabile ebbe subito l'occasione di trovare soddisfazione. Il Sultano del Cairo proseguiva la guerra contro i cristiani, e tutto assecondava le sue imprese. Da molto tempo aveva intenzione di impadronirsi di Laodicea, il cui porto era simile a quello di Alessandria; ma la cittadella di quella città, fabbricata in mezzo al mare era inaccessibile.

Fortunatamente per il Sultano, un terremoto fece crollare la cosiddetta “torre dei Piccioni” e il faro. Allora (dice un autore arabo), “il Sultano condusse a Laodicea quelle macchine formidabili, delle quali le lingue cantano le vittorie e le dita accennano i trionfi”.

1287: la caduta di Tripoli

Ancora altri castelli cristiani sulla costa della Fenicia furono presi dai musulmani. Dopo essersi così aperte tutte le strade per Tripoli, il Sultano del Cairo si mise ad assediarla.

Né i trattati, né le recenti sottomissioni del Conte di Tripoli Boemondo VII, poterono ritardare la caduta di quella florida città. Nessuno stato cristiano, nessun Principe di Palestina, si mosse per soccorrere Tripoli.


Tripoli in una antica stampa

Tali e tante erano le divisioni dei cristiani, che i Templari, d'accordo col Signore di Gibeletto, avevano poco prima progettato di occupare la città. Tutto era pronto per l'esecuzione della congiura che, viste le circostanze, non ebbe un seguito.

Dopo la scoperta di questa congiura, il Signore di Gibeletto, su richiesta di Guillaume de Beaujeu, Gran Maestro del Templari, si mise a far la guerra ai Pisani. Egli confessò la sua azione dicendo che non aveva nessun motivo di inimicizia con i Pisani, ma agiva a quel modo perche il Gran Maestro gli aveva chiesto del grano e dell'orzo per le sue genti.

Tutte queste violenze e disordini ponevano in continui pericoli le città cristiane ne vi era chi avesse tanto ascendente o patriottismo per procurare di prevenirne gli effetti.


Castello crociato di Gibelletto

Mosso dal rimorso o dal timore, il Signore di Gibeletto sollecitò la grazia presso il Conte di Tripoli, offrendogli di abbandonare la sua terra e di andare a vivere altrove. Ma i Templari non vollero intercedere per lui, ne intendevano mescolarsi in quell'affare in cui l'avevano messo essi stessi.

Alla fine il Signore di Gibeletto fu ucciso per ordine di Boemondo VII. Suo figlio, spogliato della eredità paterna, pensò di vendicare la morte del padre e passò dalla parte dei musulmani.

Poco dopo Boemondo VII morì e a Tripoli crebbero la confusione e la discordia. La sorella e la madre del Principe si disputarono la sua autorità; tutti quelli che fino allora avevano meditato progetti di tradimenti o di ribellione, ricominciarono le loro trame.

Intanto che licenza e gelosia agitavano tutti i cittadini di Tripoli, sotto le mura della città apparve Qalawun con un formidabile esercito. 17 grandi macchine d'assedio furono accostate alle mura; 1.500 operai o soldati scavavano la terra o lanciavano il fuoco greco.

Dopo 35 giorni di assedio i musulmani penetrarono nella città col ferro e col fuoco in mano. 7.000 cristiani furono uccisi; le donne e i fanciulli furono condotti in schiavitù; la moltitudine smarrita cercò invano nell'isoletta di San Niccolò un riparo contro i mamelucchi. Alcuni giorni dopo la presa di Tripoli, l'isoletta era coperta di morti. Alcuni abitanti si erano rifugiati sulle navi per fuggire dalla loro patria desolata, ma la marea li respinse a terra dove furono trucidati dai musulmani.

Non solo la popolazione di Tripoli perì quasi tutta, ma il Sultano comandò che la città fosse distrutta ed arsa. Il porto di Tripoli attirava una gran parte del commercio del Mediterraneo; la città conteneva più di 4.000 telai di seta; si potevano ammirare i suoi palazzi, le sue torri, le sue fortificazioni. Tante fonti di prosperità, tutto ciò che poteva far fiorire la pace e servire da difesa nella guerra, tutto fu distrutto sotto la scure e il martello.

1290: la neutralità di San Giovanni d'Acri

San Giovanni d'Acri, che si era mantenuta neutrale in questa guerra, ebbe la notizia della caduta e distruzione di Tripoli da alcuni fuggitivi che erano scampati dalle mani dei musulmani e che le chiedevano un asilo.

San Giovanni d'Acri era la capitale degli stati cristiani e la città più importante della Siria. Tutti i cristiani cacciati dalle altre città della Palestina vi si erano rifugiati con le loro ricchezze; nel suo porto vi giungevano tutte le flotte dell'Occidente e vi erano i più ricchi mercanti del mondo.

La città era stata successivamente ampliata col crescere della sua popolazione; era stata fabbricata con pietre squadrate e tutte le case avevano una medesima altezza; quasi tutti gli edifici erano coperti da un terrazzo e le principali abitazioni erano decorate nel loro interno con pitture e ricevevano luce da finestre invetriate, a quel tempo un lusso straordinario.


la cittadella si San Giovanni d'Acri

Fra le alte mura che racchiudevano la città vi erano castelli e palazzi abitati da principi e Signori. Nelle pubbliche piazze gli abitanti erano difesi dalla calura del sole con tende di seta o di altre stoffe trasparenti.

Fra i Principi ed i nobili che avevano una abitazione a San Giovanni d'Acri, c'era il Re di Gerusalemme, i suoi fratelli e la sua famiglia, i Principi di Galilea e d'Antiochia, il luogotenente del Re di Francia, quello del Re di Cipro, il Duca di Cesarea, i Conti di Tripoli e di Giaffa, i Signori di Beirut, di Tiro, di Tiberiade, di Sidone, d'Ibelin, d'Arsurf, ecc.

I giorni si passavano in feste, in spettacoli, in tornei, mentre al porto si scambiavano i tesori dell'Asia e dell'Occidente e il commercio e l'industria facevano sempre pompa della loro prosperità.

Non solo San Giovanni d'Acri era la più ricca di tutte le città della Siria, ma era anche meglio fortificata di ogni altra. Il Re Luigi IX di Francia, durante la sua permanenza in Palestina, non aveva trascurato nulla per riparare ed accrescere le sue fortificazioni.

Dai lati verso terra era recinta da un duplice muro con alte torri e merli e vi era anche un fossato largo e profondo. Dalla parte del mare era difesa da una fortezza fabbricata all'ingresso del porto, dal castello dei Templari verso la parte meridionale e dalla “Torre del Re” dalla parte orientale.


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