1291: la caduta di San Giovanni d'Acri
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1291: l'assedio di San Giovanni d'Acri

I cristiani speravano che la morte di Qalawun avrebbe fatto nascere qualche discordia fra i mamelucchi, ma il loro odio verso i cristiani bastava a tenerli uniti; l'assedio di San Giovanni d'Acri e la speranza di espugnare la città soffocarono tutti i semi delle divisioni e stabilirono la potenza di al-Ashraf Khalil, che i mamelucchi proclamarono anticipatamente vincitore dei cristiani e pacificatore della religione Mussulmana.

Il Sultano giunse davanti a San Giovanni d'Acri; il suo esercito occupava uno spazio di molte leghe, dal mare fino alle montagne. Tutti i musulmani erano accorsi dalle rive dell'Eufrate, dalle sponde del Mar Rosso, da tutte le Provincie della Siria e dell'Arabia.


antica piantina di San Giovanni d'Acri

Si costruirono arieti, catapulte e gallerie coperte; i cedri del Libano e le querce che coprivano le montagne di Napulosio caddero sotto le scuri dei musulmani e furono trasportati sotto le mura di San Giovanni d'Acri. Più di 300 macchine da guerra erano pronte per folgorare la città.

Questo formidabile apparato riempì di costernazione gli abitanti di San Giovanni d'Acri; Guillaume de Beaujeu, Gran Maestro dei Templari, disperando della difesa e della salute della città, radunò gli altri capi per vedere se ci fosse qualche modo per rinnovare la tregua e scampare così alla inevitabile rovina.

Andò quindi alla tenda del Sultano e gli chiese la pace, esagerandogli con molta arte le forze a disposizione di San Giovanni d'Acri. Il Sultano, credendogli e conoscendo le grandi difficoltà dell'assedio, siccome sperava di trovare una occasione più sicura per impadronirsi della città, acconsentì ad una tregua, a condizione che ogni abitante gli pagasse un denaro veneziano.

Guillaume de Beaujeu ritornò nella città, convocò l'assemblea del popolo nella chiesa di Santa Croce ed espose le condizioni del Sultano. Poi consigliò di accettare le condizioni, visto che non vi era altro modo per salvare San Giovanni d'Acri.

Appena ebbe manifestata la sua opinione, la moltitudine gridò da tutte le parti al tradimento e poco mancò che il Gran Maestro non venisse ucciso come premio della sua saggia previdenza e del suo zelo per la salvezza della città. Allora quel generoso guerriero non pensò ad altro che a cercare la morte con le armi in mano per un popolo incapace di sostenere la guerra.

La presenza del nuovo Sultano aveva di molto accresciuto il coraggio dei soldati mussulmani. Nei primi giorni del suo arrivo l'assedio venne condotto con incredibile vigore.

L'esercito degli assedianti consisteva di 60.000 cavalieri e di 140.000 fanti che si davano continuamente il cambio e non lasciavano un momento di riposo agli assediati. Le macchine da guerra lanciavano pietre enormi che, colpendo le case e i palazzi, li portavano alla rovina. Nuvole di frecce e di palle di piombo cadevano giorno e notte sulle mura e sulle torri.


San Giovanni d'Acri in una antica stampa

Nei primi assalti, i cristiani, con frecce e pietre, ammazzarono molti musulmani che si erano accostati alle mura. Fecero anche alcune sortite, in una delle quali penetrarono fino al campo nemico. Ma alla fine furono respinti ed alcuni di loro furono catturati.

I cavalieri musulmani, che avevano appeso al collo dei loro cavalli le teste dei vinti, le ordinarono in mostra davanti al Sultano del Cairo, a testimonianza della loro difficile e sudata vittoria.

Il pericolo aveva riunito tutti gli abitanti di San Giovanni d'Acri e li animava degli stessi sentimenti. Nei primi scontri il loro coraggio era senza paragone; erano sostenuti dalla speranza degli aiuti dall'Occidente e speravano anche che alcune vittorie sugli assedianti li avrebbero costretti a ritirarsi; ma quando tali speranze vennero meno, anche il loro zelo diminuì; la maggior parte non poteva sopportare le lunghe fatiche e il pericolo che cresceva di continuo.

Quelli che difendevano le mura vedevano ogni giorno diminuire il loro numero; il porto era pieno di cristiani che fuggivano con le loro ricchezze. La vista di quelli che fuggivano completava lo scoraggiamento di quelli che rimanevano; in quella città, che aveva 100.000 abitanti e che nei primi giorni dell'assedio aveva 20.000 uomini in arme, non si trovavano alla fine più di 12.000 soldati.

Alla diserzione si aggiunse anche un altro male, cioè la divisione dei capi; alcuni disapprovavano i modi in cui si teneva la difesa della città e, visto che il loro parere non era prevalso nel consiglio, se ne stavano oziosi, dimenticando i pericoli e i mali che minacciavano la città e loro stessi.

Il quarto giorno di maggio (l'assedio durava già da un mese), il Sultano del Cairo dette il segnale per un assalto. Fece riunire 300 cammelli sopra ognuno dei quali vi era un soldato che percuoteva un tamburo; da lontano si udiva un rumore spaventoso. I soldati musulmani, ordinati in battaglia, uscirono dal loro campo: la moltitudine dei guerrieri e delle armi presentava uno spettacolo terribile.

Man mano che l'esercito musulmano avanzava, il sole brillava sulle loro corazze d'oro e pareva che riflettesse il loro splendore. Il luccicante ferro delle spade somigliava alle stelle che brillano nel cielo nelle notti di estate; più di 400.000 mila combattenti coprivano le pianure e le colline.

Già all'alba le macchine belliche percuotevano le mura senza posa; gli sforzi degli assedianti si dirigevano principalmente verso la porta e la torre di Sant'Antonio nella parte orientale della città. Quel luogo era sorvegliato dai soldati del Re Ugo III di Cipro. I musulmani piantarono le scale ai piedi delle mura; l'offesa e la difesa procedevano con pari furore, lo scontro durò tutto il giorno, poi gli assalitori, venuta la notte, si ritirarono.

II Re di Cipro, più preoccupato della sua sicurezza che della sua gloria, decise di abbandonare quella città che non sperava più di poter difendere. La sera si ritirò con le sue genti e, lasciando al suo posto i Cavalieri Teutonici, promise loro di ritornare il giorno dopo.

Ma quando giunse il giorno, il Re di Cipro si era imbarcato con i suoi cavalieri e 3.000 fanti. La notizia di quella diserzione colmò di sdegno e di terrore i Cristiani.


la roccaaforte sul mare

Al nuovo giorno i musulmani rinnovarono l'assalto. Si fecero avanti ben ordinati, coperti dai loro larghi scudi, accostarono le loro macchine e portarono un gran numero di scale.

I cristiani per qualche tempo impedirono loro di avvicinarsi alle mura; ma quando gli assedianti si accorsero che le torri tenute il giorno prima dai Ciprioti erano state abbandonate, crebbero d'audacia; si misero a colmare il fossato gettandovi dentro pietre, terra e cavalli morti.


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