(2^ parte)


La vittoria del fiume Barbate

Il Re Rodrigo dei Visigoti non tardò a scoprire lo sbarco di Tarik ibn Ziyad e, in tutta fretta, andò a Cordova, dove mise insieme tutte le truppe regolari di cui poteva disporre. A sua volta, Tarik ibn Ziyad, informato di questi movimenti, restò alquanto indeciso. Rinunciò, per il momento, a marciare contro la capitale della Baetica, come era la sua primitiva intenzione e, allo stesso tempo, gli sembrò prudente chiamare rinforzi dall'Africa, da dove gli vennero inviati altri 5.000 berberi. Con loro le loro forze di Tarik ibn Ziyad raggiunsero 12.000 combattenti, senza contare alcuni sostenitori del figlio di Witiza, che, forse da questo momento, furono incorporate all'esercito musulmano.

Accompagnato dal Conte Julián e dal suo piccolo staff di ufficiali musulmani, Tarik ibn Ziyad decise di restare nella regione di Algeciras e attendere l'esercito visigoto. E così, continuò cautamente la sua marcia verso l'ovest di Tarifa, fino a raggiungere la laguna de la Janda, che si estendeva diversi chilometri parallelamente alla costa, per finire alla foce del fiume di Barbate.


la Battaglia del Barbante (dipinto di Salvador Martínez Cubells)

L'esercito del Re Rodrigo avrebbe dovuto normalmente arrivare dall'aspra regione di Medina Sidonia, vicino la riva destra del fiume di Barbate. Appostata un'ala del suo esercito nella laguna de la Janda e un'altra sulle alture della Sierra de Retin, Tarik ibn Ziyad fu presto allertato dalle sue spie che il Re Rodrigo si stava avvicinando con un esercito di 100.000 uomini(numero grossolanamente esagerato dagli storici arabi). Lo scontro ebbe luogo il 19 luglio del 711.

Secondo molti storici arabi, le due ali dell'esercito visigoto che furono inviate all'attacco, erano composte da sostenitori di Akhila, il figlio del Re Witiza pretendente al trono, e, appena iniziato lo scontro, voltarono le spalle al Re Rodrigo e abbandonarono il campo di battaglia. Nonostante questa defezione, il Re Rodrigo cercò di resistere; ma più tardi fu costretto a ritirarsi, spinto dalla pressione dei musulmani che si lancirono all'inseguimento, causando notevoli perdite.

Questa inaspettata vittoria delle armate musulmane nei pressi del fiume Barbate doveva decidere il destino della Spagna. Il Re Rodrigo sfuggì per un pelo ai suoi inseguitori, ma questi saccheggiarono tutto il bagaglio del suo esercito e ritornarono al loro campo con un immenso bottino.

A Tarik ibn Ziyad, vincitore di Barbate, si aprirono le ampie porte dell'Andalusia. Tuttavia, secondo le istruzioni che aveva ricevuto prima di partire, avrebbe dovuto ritornare in Africa o, almeno, non spostarsi e rendere conto di quello che era accaduto, e poi ricevere nuovi ordini. Ma l'ardore guerrero e l'ebbrezza della vittoria superarono i suoi scrupoli e, animato dal Conte Julián e dai sostenitori dei figli di Witiza, Tarik ibn Ziyad decise di andare avanti.

Il suo primo importante obiettivo era Cordova, sul fiume Guadalquivir. Per arrivarci era necessario attraversare il fiume Genil, in Écija, proprio in un luogo dove si erano bloccati i visigoti fuggitivi, così che che fu costretto a prendere d'assalto il loro campo. Con la nuova vittoria, Tarik ibn Ziyad vide una massa di malcontenti che, dopo aver subito la difficile condizione di schiavitù e la malvagità del regime dei visigoti, si unì alle sue truppe.

Per parte loro, gli ebrei del sud della Spagna gli offrirono tutto il loro supporto. In tali condizioni, Tarik ibn Ziyad pensò che era preferibile andare a prendere Toledo senza indugio, con il grosso dell'esercito, lasciando ai suoi luogotenenti alcune truppe in grado di contenere i Visigoti che volevano ostacolare l'avanzata. Il liberto Mugith partì per attaccare Cordova, che cadde nell'ottobre del 711. Anche se alcuni storici dicono che le città situata più a est dell'Andalusia, come Granada e Malaga e la regione della Murcia, non furono occupate dai musulmani, se non molto più tardi.

Riguardo a Toledo, la capitale del Re Rodrigo, questa non oppose alcuna resistenza e gli invasori trovarono la quasi vuota dei suoi abitanti. Il Primate della Chiesa in Spagna, Sinderedo, aveva abbandonato bruscamente la città per andarsene a Roma e, seguendo il suo esempio, gran parte della popolazione di Toledo era fuggita all'avvicinasi di Tarik ibn Ziyad; questi trovò nella metropoli visigota, accatastati in palazzi e chiese, immense ricchezze, che l'asciarono all'immaginazione dei cronisti arabi l'occasione di scrivere liberamente a loro piacere.

Dopo Toledo, dove non sembra si fosse fermato lungo, Tarik ibn Ziyad continuò la sua avanzata in direzione nord-ovest, raggiungendo Guadalajara e attraversando una non precisata pianura. Secondo lo storico Saavedra, Tarik ibn Ziyad passò l'inverno a Toledo. In una campagna successiva raggiunse Amaya, nell'attuale provincia di Burgos.


Le campagne di Musa ibn Nusayr

Invece di gioire per i sorprendenti successi dal suo luogotenente Tarik ibn Ziyad e congratularsi con lui per aver servito così bene la causa dell'Islam, Musa ibn Nusayr provò una forte irritazione e non poco dispetto; reazione che, d'altra parte non dovrebbe sorprenderci, in un generale ben pagato quale lui era, che vide come la buona sorte aveva aiutato il suo subordinato, un semplice liberto dall'origine oscura. Tuttavia, non sarebbe giusto dire che fu solo l'invidia che spinse Musa ibn Nusayr ad andare in Spagna. Si può supporre che fu Tarik ibn Ziyad, vista l'ampiezza e la fragilità delle sue rapide conquiste, che chiese al suo capo di inviargli atre truppe necessarie a rafforzare la loro permanenza nelle città che erano passate sotto il suo potere.

Musa ibn Nusayr mise insieme un esercito di 18.000 uomini sulla costa africana dello stretto di Gibilterra. Questa volta erano quasi tutti arabi, molti di questi erano rappresentanti della nuova aristocrazia, così come della tribù dei Banu Qaysies; tra loro c'erano anche dei nobili Yemeniti, accompagnati dai loro soldati. Con questo esercito, Musa ibn Nusayr si imbarcò per per Algeciras nel giugno del 712. Ma una volta arrivato in Spagna, il governatore arabo, piuttosto che andare direttamente a Toledo per incontrarsi con Tarik ibn Ziyad, preferì agire per conto proprio.

Musa ibn Nusayr iniziò ad attaccare e ad appropriarsi della città di Medina Sidonia e delle due roccaforti che che la proteggevano, poi andò verso est, a Siviglia, che tuttavia non conquistò: proseguì invece per Carmona e Alcalá de Guadaira. Poi tornò indietro per assediare Siviglia. È probabile che questa città non si efferruò niente di più di una debole resistenza, anche se alcuni storici parlano di un assedio che durò diversi mesi. La guarnigione dei visigoti alla fine evacuò la città e si diresse verso est, in direzione di Niebla.

Una volta presa Siviglia, Musa ibn Nusayr decise di impossessarsi di Merida, dove i principali sostenitori del Re Rodrigo dei visigoti erano riusciti a raggrupparsi. La resistenza opposta da questa città fu maggiore di quando i musulmani potevano aspettarsi. L'assedio durò per tutto l'inverno e la primavera e la città non cadde fino al 30 giugno del 713. Musa ibn Nusayr, quindi proseguì la sua marcia verso Toledo e ordinò a Tarik ibn Ziyad di venirgli incontro. Allo stesso tempo egli mandò suo figlio Abd al Aziz a sedare una rivolta che era appena scoppiata a Siviglia e a conquistare de città di Niebla, Beja e Ocsonoba.


Musa ibn Nusayr si incontra con Tariq ibn Ziyad

Tarik ibn Ziyad andò incontro al suo capo e, scendendo lungo la valle del Tago, giunse a Talavera, dove incontrò Musa ibn Nusayr. Il colloquio tra Musa ibn Nusayr e il suo luogotenente non fu per niente cordiale: Musa ibn Nusayr coprì di rimproveri e frustò Tarik ibn Ziyad, per aver disobbedito ai suoi ordini.

Poi Musa ibn Nusayr, dopo l'incontro con con Tarik ibn Ziyad a Talavera, si indirizzò verso la sierra de Francia, nell'attuale provincia di Salamanca, perché aveva saputo che vi si era rifugiato lo spodestato Re Rodrigo; dopo averlo inseguito, sconfisse e uccise l'ultimo sovrano dei Visigoti di Spagna, alla fine dell'estate del 713, alla periferia di una città chiamata Segoyuela de los Cornejos. Quindi Musa ibn Nusayr andò a Toledo, dove Tarik ibn Ziyad dovette consegnargli i tesori reali e le ricchezze confiscate alle chiese. Il governatore arabo si installò nell'antica metropoli visigota con un'aria da vero sovrano, facendo persino coniare delle supende monete d'oro.

Musa ibn Nusayr passò, senza dubbio, a Toledo tutto l'inverno tra il 713 ed il 714. fu allora che inviò dal Califfo di Damasco i suoi messaggeri per informarlo sui risultati ottenuti in Spagna e annunciargli la presa della ex capitale visigota. Nel frattempo, venuto il buon tempo, Musa ibn Nusayr uscì da Toledo per intraprendere l'assedio di Saragozza, la cui presa avrebbe consentito il posseddo dell'intero bacino dell'Ebro. Saragoza fu presa in una data imprecisa del 714. il generale arabo Hanash a San´ani rimase in questa città, dove fece costruire una grande moschea.

Da Saragozza, Musa ibn Nusayr riprese la sua avanzata verso Lérida, seguendo la strada romana che univa la capitale di Aragonna con Barcellona e poi si congiungeva con Narbonna, lungo la costa del Mediterraneo. Nutriva forse l'idea di estendere le sue conquiste all'altro lato dei Pirenei? In ogni caso, i suoi progetti furono interrotti dal ritorno dei suoi messaggeri che, parte del Califfo Walid, gli portavano l'ordine di andare in Siria assieme a Tarik ibn Ziyad, cosicché entrambi i generali potessero riferire di persona sul risultato delle loro campagne militari.

In ogni caso, Musa ibn Nusayr si concesse qualche tempo prima di partire in Oriente, perché non intendeva lasciare la penisola iberica senza aver prima preso possesso del massiccio Cantabrico e delle regioni di confine con questa catena montuosa, compreso il paese che fu chiamato più tardi Castilla la Vieja. E così, mentre diede ordine a Tarik ibn Ziyad di seguire la strada romana che da Saragozza attraversava la valle del fiume Ebro per poi tagliare verso la Galizia, prese un'altra antica strada, confinante a sud con la Cordigliera Cantabrica.


in verde le conquiste dei Mori; in rosso il territorio rimasto ai Visigoti

Tarik ibn Ziyad seguì l'itinerario prescritto e presto ricevette l'opportuna sottomissione di Fortún, un capo aragonese pronto a convertirsi all'Islam per preservare le sue proprietà. Più tardi avanzò per la regione di Amaya, che saccheggiò e prese possesso di León e Astorga. Musa ibn Nusayr invece, fece un'altra strada, lungo la sponda destra del fiume Ebro; poi raggiunse Soria e l'alta valle del Duero; e poi, invece di unirsi Tarik ibn Ziyad, fece un'incursione a nord, verso le Asturie, Oviedo e Gijón, mentre gli abitanti di queste regioni si ritirarono in massa sul massiccio montuoso dei Picos de Europa. Ottenuti questi risultati, Musa ibn Nusayr giudicò che fosse tempo di rispondere alla chiamata del Califfo.

Nel settembre del 714, Musa ibn Nusayr lasciò la Spagna, lasciando come suo luogotenente suo figlio Abd al Aziz. Accompagnato da Tarik ibn Ziyad, raggiunse via mare Qayrawan e poi continuò via terra il viaggio dall'Ifriqiya alla Siria, accompagnato da un corteo trionfale di sceicchi arabi e prigionieri berberi e spagnoli.

Musa ibn Nusayr arrivò a Damasco molto poco prima della morte del Califfo Walid (23 febbraio 715) e poi fu preso di mira dall'animosità del suo successore, il Califfo Sulayman. Musa ibn Nusayr morì dopo poco tempo dal suo arrivo in Siria, tra il 716 e il 717. Tarik ibn Ziyad, al suo fianco, terminò la sua carriera in Oriente, in completa oscurità.