1535: la presa di Tunisi

Pierino del Ponte inviò 25 galee dell'Ordine sotto il comando del celebre Bottigella, e 2.000 soldati maltesi sotto gli ordini di De Greola. La flotta combinata del Papa, dell'Imperatore, e dell'Ordine, consisteva di 300 galee con 40.000 uomini.


Khayr al-Din Barbarossa

Nella prima parte del mese di giugno 1535 l'intera flotta lasciò il porto di Cagliari per le coste africane, dove, sbarcando, presto sbaragliò 6.000 turchi, impedendo la loro avanzata verso Tunisi.

Non appena gli uomini di Khayr al-Din Barbarossa percepirono l'arrivo dei cristiani, abbandonarono le armi e fuggirono. Questo fatto toccò sul vivo Khayr al-Din Barbarossa che giurò di vendicarsi sui 20.000 schiavi cristiani che aveva catturato durante le sue incursioni piratesche.

Khayr al-Din Barbarossa avrebbe sicuramente portato a compimento la sua minaccia, ma non aveva il coraggio e l'ingegno di Paolo Simeoni de Balbi che lo prevenne. Questo giovane Cavaliere Giovannita, che aveva così ha difeso con successo l'isola di Leros, era stato imprigionato da Khayr al-Din Barbarossa nel Castello di Tunisi, dove erano stati imprigionati altri 7.000 schiavi cristiani nei magazzini vuoti della fortezza.

Con l'aiuto di due rinnegati (uno spagnolo ed un montenegrino), Paolo Simeoni de Balbi aprì le porte ai prigionieri e fornì loro gli strumenti per potersi liberare dalle catene. Con loro riuscì ad organizzare una rivolta quando la città venne attaccata dai Cristiani, tanto da riuscire ad impadronirsi della fortezza di Tunisi dove tornò a sventolare la bandiera dell'Ordine.


L'Imperatore Carlo V annuncia al Papa la cattura di Tunisi

Khayr al-Din Barbarossa cercò di attaccare il castello, infondendo nuovo coraggio tra i pochi seguaci che erano ancora fedeli alla sua causa, ma invano, in quanto il consistente numero di cristiani presto riuscì a fermare l'attacco e Khayr al-Din Barbarossa ebbe appena il tempo di fuggire.

Paolo Simeoni de Balbi venne accolto con grande favore dall'Imperatore, che, pur congratulandosi con il Cavaliere Giovannita per il valore che aveva visto in quel giorno memorabile, così concluse: “Signor Cavaliere ed amico, possano giungere benedizioni te per la risoluzione coraggiosa che ha portato te a rompere le tue catene, per rendere più fattibile la mia vittoria, e per aumentare la gloria del tuo Ordine”.


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