i preparativi per la Crociata
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1268: la battaglia di Tagliacozzo

Tutti quelli che si interessavano in Europa al successo della Crociata avevano allora gli sguardi rivolti al Regno di Napoli, dove Carlo d'Angiò faceva grandi preparativi per accompagnare suo fratello in Oriente.

Ma quel regno da poco conquistato, doveva essere ancora teatro di una guerra mossa dalla vendetta e dall'ambizione. Accadde nel Regno di Napoli e di Sicilia, che tanto spesso aveva mutato padrone, quello che quasi sempre accade dopo una rivoluzione: le speranze deluse divennero odio; gli eccessi inseparabili dalla conquista, la presenza di un esercito orgoglioso per le sue vittorie, il governo troppo violento di Carlo d'Angiò, sollevarono il popolo contro il nuovo Re.


la Battaglia di Tagliacozzo (miniatura medievale)

Il Papa Clemente IV pensò bene di dargli un avvertimento salutare, scrivendogli:
“II tuo regno, prima esausto dagli agenti della tua autorità, è ora lacerato dai tuoi nemici; così il bruco divora ciò che era rimasto illeso dalla locusta.
Il Regno di Napoli e di Sicilia è uno Stato ben provvisto di devastatori, dove sono ora quelli che lo difenderanno?”

Questa lettera del Papa annunziava vicine burrasche. Molti di quelli che avevano chiamato Carlo d'Angiò, ora desideravano la casa di Svevia e rivolsero le loro nuove speranze verso Corradino, erede di Federico II e di Corrado IV.

Il giovane Principe partì dalla Germania con un esercito, giunse in Italia dove, durante il cammino, al suo esercito si aggiunsero i Ghibellini e tutti quelli che erano stati offesi dal dominio di Carlo. Tutta l'Italia era in subbuglio e il Papa protettore di Carlo d'Angiò, ritiratosi a Viterbo, non aveva altro per difendersi che le folgori ecclesiastiche.

Frattanto Carlo d'Angiò raccolse i suoi soldati e mosse incontro al suo rivale. Il 23 agosto 1248 i due eserciti si incontrarono nella località di Piani Palentini, tra Scurcola Marsicana e Albe. L'esercito di Corradino fu sconfitto e il giovane Principe cadde nelle mani del vincitore. La posterità condanna Carlo per aver abusato della sua vittoria, perché condannò e fece decapitare il suo nemico vinto e disarmato.

Dopo questa esecuzione, il Regno di Sicilia fu oppresso da tutti i furori di una tirannide gelosa e sospettosa, poiché la violenza chiama la violenza e i grandi delitti politici non vengono mai soli. In questo modo Carlo d'Angiò si preparava alla Crociata, ma la Provvidenza gli preparava terribili catastrofi.

1269: i preparativi continuano

Mentre in Italia accadevano queste scene sanguinose, Luigi IX proseguiva nei preparativi per la Crociata. Ma il Re non dimenticava che il modo più sicuro per mitigare i mali della guerra e quelli della sua assenza era di fare buone leggi.

Pubblicò allora vari decreti, ognuno dei quali era un monumento alla sua giustizia. Il più celebre di tutti fu la “Prammatica Sanzione”, un decreto regio che aveva lo scopo di stabilire le elezioni ecclesiastiche, di mantenere le antiche immunità delle Chiese e di difendere i diritti e le rendite del Clero.

Anche il Conte Alfonso III di Poitiers, che doveva accompagnare il fratello alla Crociata, di preoccupò di pacificare le sue provincie e fece molti decreti per la salvaguardia dell'ordine pubblico. In particolare abolì la servitù, ritenendo che “gli uomini nascono liberi e che é sempre prudente richiamare le cose alla loro origine”.


il Principe Edoardo, figlio del Re Enrico III di Inghilterra

Come già scritto in precedenza, il Principe Edoardo, figlio primogenito del Re Enrico III di Inghilterra, aveva fatto il giuramento di combattere gli Infedeli, ma l'Inghilterra, esausta dalle guerre civili, non poteva sopperire alle spese di una spedizione lontana.

Luigi IX che stimava il valore del giovane principe Crociato e voleva averlo per compagno d'arme nella guerra santa, venne in suo aiuto prestandogli 70.000 lire tornesi. Di questa cifra, 25.000 dovevano essere pagate al Visconte Gastone VII de Béarn, il quale si era impegnato a seguire Edoardo alla Crociata.

A garanzia della somma ricevuta in prestito, il figlio di Enrico III impegnava le rendite del Ducato di Guienna, suo particolare dominio ed inoltre dava suo figlio in ostaggio. Contemporaneamente giurò che fin tanto che durava il santo pellegrinaggio, avrebbe obbedito al Re di Francia come uno dei baroni del suo regno.

Si avvicinava il giorno stabilito per la partenza. Per ordine del Legato, in ogni parrocchia i curati avevano registrato i nomi dei Crociati e tutti erano stati avvertiti per essere pronti a imbarcarsi nel mese di maggio del 1270.

Secondo l'usanza praticata nelle Crociate, Luigi IX fece il suo testamento: lasciò ad Agnese, la minore delle sue figlie, 10.000 franchi e 4.000 ne lasciò alla Regina Margherita. Affidò l'amministrazione del regno a Mathieu de Vendôme, Abate di Saint-Denis ed al Signore Simone II de Clermont-Nesle.

Aveva scritto a tutti i Signori che dovevano seguirlo in Oriente, raccomandando loro di radunare i loro cavalieri e i loro uomini d'arme. Siccome l'entusiasmo religioso non era abbastanza potente per far dimenticare gli interessi della terra, alcuni Signori che avevano preso la Croce temevano di ridursi in povertà nella guerra santa; quasi tutti partivano di mala voglia, per cui Luigi IX si impegnò a pagare le spese del loro viaggio ed a mantenerli durante la guerra, cosa che non si era mai fatta nelle Crociate di Luigi VII e di Filippo Augusto.

Ognuno dei Signori ai quali il Re accordava il soldo, avrebbe ricevuto una somma proporzionata al numero dei cavalieri che conduceva con se. Questo soldo era accordato per un anno che doveva cominciare quando i Crociati sarebbero giunti in Oriente. Il Re doveva pagare la metà della somma convenuta nel luogo dove l'anno cominciava e l'altra metà quando si concludeva il primo semestre.

Secondo i conti manoscritti del Tesoro, la somma di tali soldi ascendeva a 170.000 lire tornesi, spesa considerevole se si aggiungono le spese del vitto per 130 cavalieri che dovevano mangiare alla tavola del Re e le spese del trasporto e del viaggio per il seguito e per gli equipaggi dei signori vessilliferi.

Giunto il mese di marzo, Luigi andò alla Chiesa di Saint-Denis per ricevere le insegue del suo pellegrinaggio e dove pose il suo regno sotto la tutela dei Santi Protettori della Francia.

Il giorno successivo a questa solenne cerimonia, fu celebrata una Messa per la Crociata nella Cattedrale di Notre-Dame di Parigi. Il Monarca vi andò accompagnato dai suoi figli e dai principali signori della sua corte; era uscito dal palazzo reale a piedi nudi portando lo zaino ed il bordone.

Lo stesso giorno andò a dormire a Vincennes, dove rivide per l'ultima volta quelle antiche querce all'ombra delle quali era solito rendere la giustizia al suo popolo; qui Luigi si separò dalla Regina Margherita.

Il popolo e la corte erano immersi nella tristezza e la tristezza cresceva ancora di più perché non si sapeva ancora in quale posto il Re Luigi intendeva portare la sua spedizione; si parlava vagamente delle coste dell'Africa.

Il Re di Sicilia Carlo d'Angiò aveva preso la Croce, ma senza la reale intenzione di partire per l'Asia, infatti quando nei consigli si deliberò sulla Crociata, propose che si dovesse andare a Tunisi.

Il Califfato di Ifriqiya (attuale Tunisia) riempiva il mare di pirati e sbarrava tutte le vie marittime per la Palestina; era alleato con i mamelucchi ed il suo territorio poteva divenirne la via per attaccare l'Egitto. Ecco le ragioni che si misero in evidenza; quella vera però era che il Re di Sicilia voleva conquistare le coste dell'Africa e non allontanarsi troppo dall'Italia.


Muhammad I al-Mustansir

La vera ragione per Re Luigi, o almeno quella che senza dubbio determinò la sua decisione, era che sperava di poter convertire Muhammad I al-Mustansir, il Califfo hafside di Tunisi, e conquistare un vasto paese alla fede cristiana.

Il Califfo, avendo più volte spedito i suoi ambasciatori in Francia i quali avevano riferito che voleva farsi Cristiano, era stato in qualche modo promotore di questo progetto.

Ma quello che aveva falsamente promesso, forse per evitare l'invasione dei Franchi, fu appunto la causa per attirarsi la guerra in casa: Luigi IX ripeteva spesso che avrebbe volentieri passato tutta la sua vita in una prigione senza vedere il sole, purché in cambio di tale sacrificio il Califfo di Tunisi con tutto il suo popolo si fossero fatti cristiani.


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