1162: il Regno di Amalrico I
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Amalrico allora, non avendo più paura di annunciare i suoi piani, convocò i baroni ed i nobili del suo regno. In Consiglio, dove Amalrico propose di marciare verso l'Egitto, i più saggi, tra cui il Gran Maestro dei Templari Bertrand de Blanquefort, dichiararono a gran voce che quella che si voleva intraprendere era una guerra ingiusta.

Le parole di Bertrand de Blanquefort furono:
“I cristiani non dovrebbero dare ai musulmani l'esempio della violazione dei trattati. Sarà facile conquistare l'Egitto, ma difficile da tenere e noi non abbiamo niente da temere dalla potenza egiziana e tutto da temere da Norandino; è contro di lui che dobbiamo raccogliere tutte le forze del regno.
L'Egitto deve appartenere a colui che resterà padrone della Siria e non è saggio alterare il favore della fortuna e inviare eserciti in un paese che aprirebbe le sue porte solo al figlio di Zengi, come era già successo per le porte di Damasco.
Stiamo sacrificando le città cristiane, la stessa Gerusalemme, con la speranza di conquistare una terra lontana. Già Norandino, approfittando del momento in cui il Re di Gerusalemme era occupato sulle rive del Nilo, aveva catturato molti luoghi di cristiani.
Boemondo III, Principe di Antiochia e Raimondo III, Conte di Tripoli, sono prigionieri di guerra e gemono in catene, vittime dell'ambizione che aveva portato il Re di Gerusalemme lontano dal suo regno, lontano dalle colonie cristiane, che egli deve sostenere e difendere”
.

Bertrand de Blanquefort aggiunse che la sola vista dell'Egitto avrebbe corrotto i guerrieri cristiani e ammorbidito il coraggio ed il patriottismo del popolo e dei difensori della Palestina.


Gilbert d'Assailly
Gran Maestro dei Cavalieri di San Giovanni

Ma questi discorsi pieni di saggezza non riuscirono a convincere né il Re di Gerusalemme, né i sostenitori della guerra, tra i quali va ricordato Gilbert d'Assailly, Gran Maestro dei Cavalieri di San Giovanni, che aveva esaurito le ricchezze del suo Ordine con spese folli.

Il maggior numero di signori e cavalieri, la cui fortuna sembrava essere in attesa sulle rive del Nilo, si lasciò facilmente portare alla guerra e non aveva problemi a guardare come nemici i governanti di un paese che aveva già offerto loro un immenso bottino.

Mentre a Gerusalemme si preparava la spedizione, progetti analoghi occupavano gli Emiri ed il Consiglio di Norandino. Al suo ritorno dal Nilo, il generale Shirkuh aveva riferito al Principe di Damasco che il governo del Cairo mancava di ufficiali e soldati e che la guerra civile, l'avidità dei Franchi e la presenza dei siriani avevano indebolito e distrutto il potere dei Fatimidi.

Il popolo egiziano, aggiunse Shirkuh, abituato a cambiare padrone, non era attaccato né al Califfo, né al Visir che aveva attirato ogni sorta di calamità sull'Egitto. Questa nazione, a lungo confusa dalla sua stessa discordia, non aveva mai pace e sembrava disposta a riconoscere tutti i dominatori che potevano proteggerla dai suoi nemici e da se stessa.

I cristiani conoscevano fin troppo lo stato di degrado dell'Impero del Cairo e tutta la loro politica era quella di impossessarsene. Così sia il Re di Gerusalemme che il Sultano di Damasco avevano gli stessi pensieri e formulavano gli stessi progetti. Nelle chiese cristiane, come nelle moschee musulmane, venivano rivolte al cielo le preghiere per il successo della guerra che li avrebbe portati sulle rive del Nilo.

Ognuna delle due potenze rivali cercava di giustificare i suoi progetti e le sue iniziative; Damasco, accusava il Califfo d'Egitto di aver contratto una diabolica alleanza con i seguaci di Cristo, mentre a Gerusalemme si diceva che il Visir Shawar aveva mancato ai giuramenti e manteneva un'alleanza con l'infido Norandino.

I cristiani furono i primi a violare i trattati. Alla testa di un numeroso esercito, Amalrico inizio la sua marcia ed apparve davanti a Bilbeis che aveva promesso ai Cavalieri di San Giovanni come prezzo della loro partecipazione a questa spedizione. Questa città, situata sulla riva destra del Nilo, fu presa d'assalto e tutto il popolo passato a fil di spada.


al-Fustat

Le sventure di Bilbeis gettarono la costernazione in tutto l'Egitto; il popolo, infuriato per la crudeltà dei Crociati, prese le armi e cacciò il presidio cristiano dal Cairo. Poi il Visir Shawar mise insieme le truppe di ogni provincia, fortificò la capitale e, per risvegliare nel popolo egiziano il coraggio della disperazione e per impedire ai Crociati di saccheggiare le sue ricchezze, diede fuoco all'antica città di al-Fustat.

Il Califfo del Cairo supplicò di nuovo Norandino di inviargli le sue armate e gli mandò i capelli delle donne del suo serraglio come segno della sua fiducia e segnale della sua profonda angoscia. Il Sultano di Damasco rispose con gioia alle preghiere del Califfo d'Egitto e, non appena il suo esercito era pronto a partire, diede l'ordine a Shirkuh di attraversare il deserto ed accorrere sulle rive del Nilo.

Dopo aver preso Bilbeis, il Re di Gerusalemme si diresse rapidamente verso il Cairo. Avrebbe potuto evitare i suoi nemici ed impadronirsi della città ma, per un motivo inspiegabile, all'improvviso rinunciò all'impresa. Amalrico, che aveva disprezzato i trattati e che non voleva altro che la vittoria, ascoltò gli ambasciatori del Califfo che con voce implorante si rivolsero talvolta alla sua pietà, talvolta alla sua avidità. Amalrico, che era guidato sia dall'amore per il denaro che dall'ambizione di conquista, accettò l'offerta degli ambasciatori, i quali gli offrirono un'enorme somma per fermare la sua marcia e sospendere le ostilità.

Mentre era in attesa dei tesori promessi dagli egiziani, questi organizzavano la difesa del Cairo: all'interno della città si completavano le fortificazioni ed il popolo si riuniva in armi. Intanto i Crociati attendevano invano la flotta che i Bizantini avevano promesso di inviare.


il Cairo in una litografia di Louis Haghe

Dopo mesi di trattative in cui il Visir non risparmiò né lusinghe né promesse, Amalrico, invece di ricevere i tesori che gli erano stati promessi e l'arrivo degli ausiliari bizantini, apprese improvvisamente che Shirkuh era entrato per la terza volta in Egitto alla testa di un formidabile esercito.

Fu solo allora che si accorse della trappola in cui era caduto; allora scelse di andare incontro a Shirkuh per combattere; ma Shirkuh evitò lo scontro e congiunse le sue forze a quelle degli egiziani. I cristiani non potevano resistere ai due eserciti così riuniti.


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