1186: il Regno di Sibilla e Guido
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1186: l'incoronazione di Sibilla e di Guido di Lusignano

Furono chiuse le porte di Gerusalemme e Sibilla andò alla Chiesa del Santo Sepolcro per la cerimonia dell'incoronazione. Il Patriarca, che aveva preso dal tesoro due corone, le pose una sopra l'altare e l'altra sulla testa di Sibilla.


le nozze tra Sibilla e Guido di Lusignano

Dopo che la nuova Regina era stata incoronata, il Patriarca disse: “Signora, voi siete una donna, è conveniente che abbiate con voi un uomo che vi aiuti a governare. Prendete questo anello e datelo a quell'uomo che vi potrà aiutare nel governo del regno.”

Sibilla prese la corona e chiamando suo marito Guido di Lusignano, che stava davanti a lei, e gli disse: “Signore, avanzate e ricevete questa corona; che io non saprei un capo più degno”. Guido si inginocchiò, e lei gli mise la corona sulla testa.

La notizia dell'incoronazione giunse a Nablus, diffondendo la desolazione tra i baroni. Baldovino di Ramla, uno dei primi signori del regno, era più in difficoltà rispetto agli altri e disse ai suoi compagni che: “il regno é perduto ed io me ne voglio partire perché non voglio incorrere nella colpa di aver partecipato alla sua rovina”.

Il Conte Raimondo III di Tripoli scongiurò Baldovino di Ramla di avere pietà del popolo cristiano e restare con gli altri baroni altri per salvare il regno in pericolo; poi disse: “Noi abbiamo qui il giovane Umfredo IV di Toron, marito di Isabella, seconda figlia di Amalrico. Andiamo a Gerusalemme e lo incoroniamo; ed a fare tutto questo avremo anche l'appoggio dei saraceni, visto che Umfredo ha fatto una tregua con loro”.


matrimonio di Umfredo IV di Toron e Isabella

A questa proposta tutti i baroni si dissero d'accordo e si impegnarono ad incoronare Umfredo il giorno successivo. Ma Umfredo, che aveva appena venti anni, quando capì che intendevano farlo Re, si spaventò per le conseguenze che ne potevano derivare, corse a Gerusalemme e, cadendo ai piedi di Sibilla, gli disse che preferiva il riposo piuttosto che la vita da Re che gli si voleva dare.

Ben presto a Nablus si seppe che Umfredo era fuggito a Gerusalemme. A quel punto i baroni non sapevano più cosa fare: la maggior parte andò a rendere omaggio Guido di Lusignano ottenendo così nuove terre o nuovi feudi.

Baldovino di Ramla non intendeva ottenere altre terre dal Re Guido e si ritirò ad Antiochia; il Conte Raimondo III di Tripoli si chiuse nella città di Tiberiade, che possedeva come dote di sua moglie, e chiese l'aiuto di Saladino, qualora fosse stato attaccato da Guido di Lusignano.

1187: l'invasione della Galilea

Al tempo del Re lebbroso Baldovino IV, con Saladino era stata fatta una tregua che era ancora in corso. Questa tregua, vista la grande discordia che si era diffusa, fu la salvezza del Regno di Gerusalemme. I musulmani rispettarono la parola data, ma da parte dei cristiani partì il segnale di una nuova guerra.

Nell'anno 1186, Rinaldo di Châtillon, ancora trasportato dal suo temperamento impetuoso, aggredì e rapinò a tradimento una carovana musulmana che passava vicino alla fortezza del Krak; con quella carovana viaggiava anche la sorella del Sultano.

A questa notizia, Saladino, trasportato dal furore, giurò di vendicare la violazione dei trattati e l'insulto all'Islam. Inviò quindi un messaggio ai suoi Emiri ed a tutti i suoi alleati musulmani in grado di portare le armi, così che Egitto, Siria e Mesopotamia, furono chiamati alla guerra.

Dopo questi preparativi, nel marzo 1187 il sultano uscì da Damasco per proteggere una carovana che, dal nord della Siria, era in viaggio verso la Mecca e Medina; attraversando poi l'Arabia Petrea, giunse con il suo esercito sino alla fortezza del Krak, per assediare Rinaldo di Châtillon.


la fortezza del Krak al tempo delle crociate

Durante l'assedio della fortezza del Krak, una parte della cavalleria musulmana sotto il comando di Al-Afdal ibn Salah ad-Din, figlio di Saladino, attraversò il Giordano e giunse in Galilea.

Era il primo giorno di maggio del 1187, quando il figlio di Saladino si avvicinò Nazareth. I contadini si precipitarono nella città gridando: “i turchi! i turchi!” I banditori subito diffusero l'allarme per la città, ripetendo ad alta voce: “uomini di Nazaret, armatevi per difendere la città del vero Nazareno”.

I Templari e gli Ospitalieri, avvertiti del pericolo, corsero subito alle loro armi, pronti a combattere. Misero insieme fino a 130 cavalieri, ai quali si unirono tre o quattrocento uomini a piedi; così composto l'intrepido esercito non esitò ad andare incontro alla cavalleria turca, composta da 7.000 cavalieri e, appena trovata, i Crociati si precipitarono alla battaglia.


morte di Jacques de Maillé

Le cronache del tempo, che celebrano il coraggio dei cavalieri cristiani, raccontato di meraviglie difficili da credere, ma soprattutto ci dicono soprattutto della morte gloriosa di Jacques de Maillé, Maresciallo del Tempio.

Questo indomito difensore di Cristo, sul suo cavallo bianco, dopo aver fatto strage dei suoi nemici, rimase l'unico vivo tra un cumulo di cadaveri. Ad un certo punto il suo cavallo, esausto, cadde e trascinò giù anche con lui. Ben presto il cavaliere intrepido si alzò e, lancia in mano, coperto di sangue e di polvere e irto di frecce, si precipitò nelle file nemiche. Infine, coperto di ferite, cadde, pur continuando a combattere ancora sino a quando esalò l'ultimo respiro.

Persino i musulmani pensarono che lui fosse quel San Giorgio che i cristiani erano convinti di aver visto scendere dal cielo in mezzo alle loro battaglie. Dopo la sua morte, i turchi si avvicinarono con rispetto al suo corpo martoriato da mille ferite, asciugarono il suo sangue e, come fossero reliquie, si spartirono i brandelli delle sue vesta ed i frammenti delle sue armi, dimostrando così la loro ammirazione.

Solo il Gran Maestro del Tempio e due dei suoi cavalieri sfuggirono alla carneficina. Il Re di Gerusalemme, che stava progettando di fare la guerra al Conte Raimondo III di Tripoli, abbandonò l'idea e pensò invece di riconciliarsi, sentendo la necessità dei suoi consigli; da parte sua, Raimondo giurò di dimenticare i torti subiti e andò a Gerusalemme.

Guido di Lusignano gli andò incontro e lo accolse amichevolmente. I due Principi si abbracciarono sotto gli occhi di tutto il popolo e promisero di combattere fino alla morte per l'eredità di Gesù Cristo.

Intanto l'esercito di Saladino riceveva ogni giorno nuovi rinforzi. Il Sultano aveva promesso il bottino dei cristiani alle famiglie musulmane che arrivavano in Palestina e stava già distribuendo ai più valorosi tra i suoi Emiri le terre e le città che ancora non aveva conquistato; il Califfo di Bagdad e tutti i fedeli che riconoscevano il suo impero spirituale, pregavano il cielo affinché il suo esercito conquistasse di Gerusalemme.

Verso l'inizio del mese di giugno del 1187, Saladino attraversò il fiume ed avanzò verso la Galilea con un esercito di 80.000 uomini. Guido di Lusignano, il Conte di Tripoli ed i principali baroni si riunirono a Gerusalemme per deliberare sul da farsi e si decretò che tutte le forze cristiane si sarebbero riunite per poi andare nei luoghi minacciati.


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