1174: il Regno di Baldovino IV
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1180: il matrimonio di Sibilla e Guido di Lusignano

Visto che le mura e le torri di Gerusalemme erano fortemente degradate, per ripararle vennero imposte nuove tasse agli abitanti più ricchi. Inoltre, visto che la Galilea era costantemente minacciata dai musulmani, venne costruita una fortezza in un luogo chiamato la “Gola di Giacobbe”.


fidanzamento e matrimonio
di Guido di Lusignano con Sibilla

Allo stesso tempo, arrivarono dall'Occidente numerosi nobili pellegrini: il Conte Enrico I di Champagne, Pietro I di Courtenay ed il Vescovo Filippo, figlio del Conte Roberto I di Dreux. Questi rinforzi furono accolti con gioia, ma non impedirono a Saladino di riapparire con un esercito e riprendere alcuni territori che aveva perso. A peggiorare le cose, a Gerusalemme si apprese che la fortezza della “Gola di Giacobbe” era stata preso d'assalto e non vi era rimasta in piedi una pietra.

L'avanzare della lebbra non dava più la forza a Baldovino di imporre l'obbedienza tra la sua gente, né di condurre i soldati della croce in mezzo ai pericoli. Questo principe sfortunato avrebbe avuto bisogno che gli uomini saggi l'aiutassero a governare; la voce pubblica ne designava parecchi, ma coloro che avrebbero potuto servire il Regno erano lontani da Gerusalemme.

Fu allora che un uomo di cui nessuno aveva mai parlato prima apparve all'improvviso: questi era Guido di Lusignano. Guido era già stato in Terra Santa assieme a suo padre, il conte Ugo VIII di La Marche ed ora era venuto per chiedere la mano di Sibilla, vedova del Marchese del Monferrato e sorella del Re di Gerusalemme.

Guido intrattenne con Sibilla una relazione galante che si concluse finalmente la domenica di Pasqua del 1180 con il matrimonio e questo gli aprì la strada verso il trono che era stato di Davide e Salomone.

1182: la ripresa della guerra

Durante l'anno 1180 in Siria e in particolare nel territorio di Damasco, non piovve per niente. La terra non aveva prodotto nulla e la gente moriva di fame; così che Saladino, che aveva pattuito una tregua di due anni con il Re di Gerusalemme, se ne andò in Egitto, portando con sé una parte della popolazione, in fuga dalla carestia.


la nave dei pellegrini, giunta a Damietta

Mentre il Regno di Gerusalemme viveva in pace, i siriani che vivevano nella provincia di Fenicia e che appartenevano alla congregazione fondata da San Marone, tornarono all'unità con la Chiesa di Roma. Questo popolo, che manteneva il nome di Maronita, era coraggioso in guerra e composto da uomini forti e vigorosi; erano dei formidabili custodi del Libano che avevano spesso fermato le invasioni degli infedeli e divennero degli ausiliari molto utili ai Crociati, così che il loro ritorno alla Chiesa di Roma causò grande gioia nel popolo cristiano.

Prima che la tregua con Saladino fosse scaduta, una circostanza imprevista diede vita a nuove guerre. Una grande nave che trasportava 1.500 pellegrini, spinta dalla tempesta, si arenò sulle coste d'Egitto in prossimità di Damietta; il sultano del Cairo ordinò il sequestro della nave e tutti coloro che erano a bordo vennero presi prigionieri.

Il Re di Gerusalemme inviò i suoi ambasciatori per lamentare la rottura dei trattati, ma Saladino accusò della rottura della tregua Rinaldo di Châtillon, Signore di Oltregiordano, che faceva ogni giorno delle incursioni nei territori dei musulmani.


Saladino riceve gli ambasciatori cristiani

In un'altra spedizione, Rinaldo di Châtillon si era messo alla testa dei suoi guerrieri più coraggiosi, aveva arruolato sotto le sue bandiere due o trecento beduini arabi ed aveva marciato contro la Mecca e Medina, sfidando l'Islam nei suoi luoghi più santi. Le sue truppe avevano devastato molti villaggi su e giù per il Mar Rosso, prima di essere attaccate e disperse dai Turchi.

Molti soldati cristiani caduti nelle mani degli infedeli vennero inviati alla Mecca e macellati con le pecore e gli agnelli che era costume sacrificare al Profeta nella cerimonia del “grande Beiram”; altri furono condotti in Egitto, dove morirono uccisi dai devoti e dai dottori della legge, come pena per aver tentato la conquista sacrilega delle due città sante.

Da allora non si parlò più di pace e la guerra continuò con furore; ogni giorno c'erano nuovi combattimenti e le province e le città vivevano in un allarme continuo.

Saladino, dopo aver minacciato la fortezza del Krak e devastato la Galilea, mise sotto assedio la città di Beirut ma, quando si rese conto che i cristiani resistevano con forza, tolse improvvisamente l'assedio e, senza nemmeno degnarsi di proporre una tregua ai suoi nemici, se ne tornò con le sue truppe in Mesopotamia, dove rimase per più di in anno.

I Crociati, invece di tentare qualche grande impresa, non approfittarono dell'assenza di Saladino e si accontentarono di restare in Libano per saccheggiare i villaggi e le campagne della Siria.


Saladino vittorioso (incisione di G. Dorè)

Ma queste incursioni, in cui non vi era né pericolo né fama, non facevano guadagnare ai cristiani la loro sicurezza: il nuovo Sultano di Damasco e del Cairo era ancora presente nelle loro menti e ogni giorno si aspettavamo di vederlo tornare con nuove forze.

I baroni del regno si riunirono più volte per decidere sul modo di difendersi. In una di queste riunioni venne stabilito che si doveva imporre una tassa speciale per la quale ogni suddito doveva pagare l'uno per cento del valore delle sue proprietà e il due per cento sui suoi redditi.

In ogni città vennero nominati quattro esattori, scelti tra gli uomini per bene e timorati di Dio e tutti venero assoggettati all'imposta, non esclusi gli ebrei ed i musulmani. I proventi della tassa dovevano essere portati a Gerusalemme o a San Giovanni d'Acri e depositati in una cassa a tre chiavi. Questo denaro poteva essere usato solo per la riparazione delle fortezze e per il sostentamento dell'esercito.

Nel 1183 Saladino tornò a Damasco. Nelle sue guerre lontane aveva conquistato diverse grandi città ed ottenuto la sottomissione di Mosul e, essendosi infine impossessato di Aleppo dove era appena morto il figlio ed erede di Norandino, tutti i Sultani ed Emiri della Mesopotamia divennero suoi alleati o suoi tributari. Rimanevano come nemici solo i cristiani, i quali, con i loro possedimenti, circondavano i suoi domini di Siria.

Dal momento che Saladino era tornato a Damasco, i cristiani si chiedevano ogni giorno con una certa apprensione dove e in che modo la tempesta del Sultano stava per cadere. Le truppe per la difesa del regno di Gerusalemme si riunirono, come di consueto, nella pianura di Séphouri, aspettando il segnale per la battaglia.


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