1186: il Regno di Sibilla e Guido
(pagina 3 di 5)

Ben consapevole del disastro conseguente ad un combattimento da affrontare in quelle condizioni, il Conte Raimondo III di Tripoli fece compiere all'avanguardia una deviazione verso nord per raggiungere le sorgenti di Kafr Hattin, a quattro ore di ulteriore cammino, dove l'esercito cristiano avrebbe potuto riposare durante la notte per essere in grado di garantire il confronto armato previsto per il giorno seguente.

Ma Saladino comprese in anticipo la manovra di Raimondo ed ordinò a Taqi al-Din ed a Keukburi di schierarsi tra Kafr Hattin e l'esercito cristiano per porre un'imboscata. Intanto la retroguardia dei Crociati non era in grado di avanzare, visto che i Cavalieri Templari ed Ospitalieri non erano riusciti a contrattaccare efficacemente ed avevano bisogno di tempo per riorganizzarsi.

Allora il Re Guido di Lusignano, non osando andare avanti dovendo abbandonare indietro la retroguardia, ordinò di fermarsi e di piantare le tende, contro le vane proteste di Raimondo pronto ad attaccare l'ala destra musulmana per aprirsi un varco. Così l'esercito cristiano, straziato dalla sete, si apprestò a passare la notte.


la cavalleria musulmana

I saraceni, che oramai circondavano l'intero campo cristiano, con i loro canti e tamburi impedirono ai cristiani di riposare, poi diedero fuoco alla pianura circostante coperta di erba secca e di erica, così che cristiani furono oppressi per tutta la notte dalle fiamme e dal fumo, oltre che dalle nuvole di frecce, dalla fame e dalla sete.

Saladino intanto completò lo spostamento delle sue truppe; 400 casse di frecce furono distribuite tra i diversi reparti dell'esercito e 70 dromedari carichi di frecce furono predisposti in punti strategici. La mattina del 4 luglio, all'alba, il Sultano uscì da Tiberiade e raggiunse, pronto alla battaglia, l'esercito cristiano il quale aveva ripreso la sua marcia e si apprestava ad attraversare le ripide colline per raggiungere il lago di Tiberiade e così lenire il tormento della sete.

Saladino aspettò che il sole e la sete facessero la loro opera sui soldati del Re Guido di Lusignano. Poi attaccò nuovamente la retroguardia, ma i Cavalieri Templari e Ospitalieri contrattaccarono più volte; allora i musulmani diedero fuoco alle sterpaglie ed il vento portò il fumo verso l'esercito cristiano già tormentato dalla sete.

Non fu più possibile vedere il nemico e le frecce colpivano ovunque. Abu Shama, un cronista al seguito di Saladino scrisse:
“Sirio gettava i suoi raggi su quegli uomini vestiti di ferro e la rabbia non abbandonava i loro cuori. Il cielo ardente accresceva la loro furia; i cavalieri caricavano ad ondate successive nel tremolio dei miraggi, fra i tormenti della sete, in quel vento infuocato e con l'angoscia nel cuore. Quei cani gemevano sotto i colpi, con la lingua penzoloni dall'arsura. Speravano di raggiungere l'acqua, ma avevano di fronte le fiamme dell'inferno e furono sopraffatti dall'intollerabile calura”.

Intanto l'avanguardia del Conte Raimondo si stava dirigendo verso una collina che i turchi avevano cominciato a occupare. Quando tutti i corpi erano schierati in battaglia, secondo le regole della guerra i fanti dovevano tenere lontano il nemico lanciando i loro giavellotti, così da difendere i cavalieri dagli arcieri nemici, mentre ai cavalieri, con le loro lance, spettava proteggere i fanti. Ma queste regole non vennero rispettate.

All'avvicinarsi dei Saraceni, la fanteria cristiana si dispose a cuneo e si mise a correre per raggiungere prima dei turchi la sommità della collina, lasciando senza protezione la cavalleria. Il Re, i Vescovi e gli altri capi, vedendo i fanti allontanarsi, li richiamarono indietro, ma questo non potevano ubbidire perché erano sopraffatti dalla sete e non avevano più la forza di combattere.

Intanto i Cavalieri Templari ed Ospitalieri e tutta la retroguardia combatteva con vigore, ma senza riuscire a prendere alcun vantaggio sul nemico, il cui numero cresceva di ora in ora e che seminava dappertutto la morte con le sue frecce. Travolti dalla moltitudine dei Saraceni, chiamarono in loro soccorso il Re, non potendo più sostenere il peso del combattimento.

Ma il Re, vedendo che i fanti non volevano tornare indietro e che perciò lui stesso rimaneva senza difesa dagli arcieri turchi, si abbandonò alla misericordia di Dio ed ordinò la ritirata, cercando, per quanto era possibile, di frenare le cariche impetuose del nemico.

I battaglioni abbandonarono le loro fila e disordinatamente si disposero attorno alla Vera Croce. Il Conte di Tripoli si rese conto che il Re, i Templari, gli Ospitalieri e l'intero esercito cristiano erano mescolati in una gran confusione e quando vide che i barbari arrivavano da tutti i lati e separavano un battaglione dall'altro, ordinò la carica ai suoi cavalieri.

Intanto il Re si era posizionato al centro della formazione assieme ai Vescovi di Lidda e di San Giovanni d'Acri, muniti della santa reliquia della Croce, mentre nelle retrovie si compattavano Baliano di Ibelin, i Templari e gli Ospitalieri con i rispettivi Gran Maestri Gérard de Ridefort e Roger de Moulins.

Taqi al-Din aprì le sue fila e lasciò passare i soldati di Raimondo, poi richiuse i varchi, così che l'avanguardia al comando di Raimondo si trovò isolata e non gli rimaneva che ritirarsi con i superstiti. Poi la mischia si fece furiosa: il Vescovo di San Giovanni d'Acri che portava la Croce di Cristo, venne ferito mortalmente e lasciò la sacra reliquia al Vescovo di Lidda che invano, con una manciata di sopravvissuti, la poté difendere.

Saladino quindi accerchiò i cristiani ordinando agli arcieri di contrastare la fanteria nemica mentre egli stesso fronteggiava la cavalleria pesante: il suo obiettivo era la tenda del Re Guido di Lusignano, come testimoniò il figlio diciassettenne al-Malik al-Afdal:
“Quando il Re dei Franchi si ridusse sul colle, con quella schiera fecero una carica tremenda sui musulmani che avevano di fronte, ributtandoli addosso a mio padre.
Io lo vidi costernato e stravolto, afferrandosi la barba, avanzare gridando: ‘Via la menzogna del demonio!' e i musulmani tornarono al contrattacco ricacciando i Franchi sul colle.
Al vedere indietreggiare i Franchi e i musulmani incalzarli, io gridai dalla gioia: ‘Li abbiamo vinti!'; ma quelli tornarono con una seconda carica pari alla prima, che ricacciò ancora i nostri fino a mio padre.
Egli ripeté il suo atto di prima e i musulmani, contrattaccatili, li riaddossarono alla collina. Tornai ancora a gridare ‘Li abbiamo vinti!', ma mio padre si volse a me e disse: 'Taci non li avremo vinti finché non cadrà quella tenda!' e mentre egli così parlava la tenda cadde e il Sultano smontò da cavallo e si prosternò in ringraziamento a Dio, piangendo di gioia”
.

Poi i Saraceni si mossero verso i fanti che si erano rifugiati sulla collina e li ammazzarono tutti o li presero prigionieri. Baliano di Nablus e coloro che potevano sfuggire alla morte, fuggirono passando su un ponte di cadaveri, mentre tutto l'esercito dei turchi correva verso il luogo in cui c'era il legno della Vera Croce ed il Re di Gerusalemme.

Alla fine della giornata la Vera Croce fu presa assieme al Vescovo di Lidda ed a tutti i difensori che vi erano intorno. Il Re e suo fratello, il Marchese del Monferrato, caddero nelle mani del nemico; tutti i Templari e gli Ospitalieri furono uccisi o catturati.

Il conte Raimondo III di Tripoli, dopo la battaglia fuggì nella sua capitale, dove poco dopo morì di disperazione, accusato dai musulmani di aver violato i trattati e dai cristiani di aver tradito la sua religione e il suo paese. Il Conte di Tiberiade Rinaldo di Sidone, con un piccolo numero di soldati, seguì Raimondo nella sua fuga e furono gli unici scampati al disastro così fatale al regno di Gerusalemme.


LA STORIA DELLE CROCIATE LE CROCIATE DEL NORD LA STORIA DELLA RECONQUISTA
I CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO I CAVALIERI DI SAN LAZZARO I CAVALIERI OSPITALIERI
I CAVALIERI TEMPLARI I CAVALIERI TEUTONICI I CAVALIERI DI SAN TOMMASO I MONACI CISTERCENSI
I CAVALIERI PORTASPADA I FRATELLI DI DOBRZYN L'ORDINE DI SANTIAGO L'ORDINE DI CALATRAVA
L'ORDINE DI ALCANTARA L'ORDINE DI MONTESA L'ORDINE DEL CRISTO L'ORDINE DI SAN BENEDETTO DI AVIS