1147: la Crociata di Corrado III
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Manuele rispose deridendo Corrado III di Germania, “incapace di governare il suo esercito, che era come una grande mandria di bovini, ma che non poteva sostenere l'attacco di un leone”.


il massacro di Filippopoli

La gelosia e l'odio che animava i due Imperatori passò a tutti i Bizantini e Tedeschi, divenendo ostilità aperta. A Filippopoli, un saltimbanco che incantava un serpente, irritò i Tedeschi i quali credevano in un trucco del diavolo e questo fu il segnale delle scene più sanguinose. Ad Adrianopoli, la morte di un parente di Corrado III provocò l'incendio della città ed il massacro degli abitanti.

I Bizantini contrapponevano forza alla forza e, per vendicarsi dei Tedeschi, non trascuvarono tutto ciò che l'odio poteva suggerire. I tedeschi oramai camminavano tra le insidie e le trappole disseminate sotto i loro piedi e, quando provavano ad allontanarsi dalla città, venivano massacrati dai soldati di Manuele I Comneno.

Poi i Bizantini chiusero le porte della città e, quando i Tedeschi sotto le mura chiedevano di acquistare del cibo, venivano costretti a mettere i soldi nelle ceste calate giù dalle torri, ma invece che cibo, spesso non ottenevano altro che insulti offensivi.

1148: la fine della Crociata di Corrado III

Corrado decise di non aspettare più i Franchi a Costantinopoli e marciò verso Iconio, capitale del Sultanato di Iconio. Quindi divise il suo esercito in due parti, mettendosi al comando della prima armata.

L'esercito, diviso in due corpi, partì da Nicea nel mese di ottobre 1147: il primo e più significativo esercito, comandato da Corrado III di Germania, aveva seguito il percorso di Goffredo di Buglione ed i suoi compagni, il secondo esercito si diresse a Laodicea, attraversando l'antica terra di “Cotyléum”.

I Bizantini che Corrado III aveva assunto come guide, gli avevano fatto portare cibo per otto giorni, promettendogli che, dopo una settimana di cammino, sarebbero arrivati ad Iconio. Dopo l'ottavo giorno, l'esercito, invece di giungere ad Iconio, si ritrovò in un paese sconosciuto e disabitato, che non aveva né monti né fiumi, né boschi né pascoli.


i Turchi assaltano il campo Tedesco

Le guide, interrogate, consigliarono di camminare per altri tre giorni, giurando su Gesù Cristo e sui santi che le campagne della Licaonia si sarebbero ben presto aperte alla vista dei Crociati. Con questa promessa i Crociati tedeschi continuarono la marcia, ma invece di guidarli verso Iconio, le guide li portarono verso nord, dove c'erano solo aride montagne.

I Crociati continuarono incessantemente a marciare su e giù per colline e ripide scarpate, mentre i cavalli e gli animali da soma morivano per la fame, la sete e la fatica. Il quarto giorno, al mattino, le guide erano sparite e tutte le alture circostanti erano coperte da una innumerevole moltitudine di turchi che abbaiavano come cani e ululavano come lupi. Allora Corrado III di Germania riunì il Consiglio ed insieme decisero che era più saggio tornare indietro, percorrendo la strada dalla quale erano già passati.

Fu ordinata la ritirata. I turchi, durante i primi giorni, si limitarono ad attaccare chi restava indietro. Alcuni capi tra i più coraggiosi si preoccupavano di proteggere la marcia dei più deboli; alla fine, sorpresi essi stessi durante la marcia, morirono assieme agli sfortunati pellegrini che volevano salvare.

I turchi poi raddoppiarono la loro audacia: armati alla leggera e su agili cavalli, si portavano a volte ai lati, a volte dietro l'esercito cristiano; i cavalieri tedeschi, sui loro cavalli stremati dalla fame, non potevano andare avanti e le loro armi erano più un peso che non un mezzo di attacco o di difesa. In qualsiasi momento del giorno e della notte migliaia di uomini e cavalli venivano feriti dalle frecce dei Turchi e l'esercito si trovò nella più orribile confusione; lo stesso Corrado III di Germania venne colpito da due frecce, mentre i cavalieri della sua scorta non potevano fare niente per difenderlo.


Corrado III di Germania colpito da una freccia

Mentre avanzavano in questo modo, il numero dei turchi aumentava, e con loro aumentavano i flagelli che affliggevano i Crociati; i morti, i feriti ed i malati venivano abbandonati sulla strada; chi non poteva camminare gettava le armi e aspettava la morte e coloro che avevano ancora forza, cercavano di salvarsi con la fuga.

Il secondo esercito dei tedeschi, guidato da Federico di Svevia e dal Vescovo Ottone di Frisinga, fece la stessa fine: durante la sua marcia verso sud per raggiungere le coste del Mediterraneo, una metà venne sopraffatta dalla fame, dalla sete, dalla difficoltà delle strade e, nei primi mesi del 1148, dai continui attacchi dei turchi; quello che ne restava trovò riparo sulle montagne vicino a Laodicea.

L'Imperatore Corrado III giunse a Nicea con un piccolo numero di guerrieri che erano stati risparmiati dalla fame e dalla spada dei turchi. Quando andò all'accampamento di Luigi VII, i due monarchi si abbracciarono con cordialità e giurarono di completare il loro pellegrinaggio insieme.

Ma Corrado III non mantenne la sua promessa e tornò a Costantinopoli, dove fu accolto a braccia aperte: dopo la sua sconfitta e la rovina del suo esercito non poteva fare più nulla che potesse dispiacere alla corte di Manuele I Comneno.


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