1291: la caduta di San Giovanni d'Acri
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Dopo tante battaglie nelle quali l'innumerevole moltitudine degli assedianti non aveva potuto ottenere un vantaggio decisivo, questi cominciavano a scoraggiarsi. Il Sultano minacciò di supplizio chi fuggiva davanti al nemico ed offrì straordinarie ricompense a quelli che avrebbero piantato lo stendardo del profeta non più sulle mura di San Giovanni d'Acri, ma in mezzo della città.

Il 18 maggio 1291, fu dato il segnale di un nuovo assalto. Allo spuntar del sole l'esercito musulmano era in arme, mentre il Sultano dava coraggio ai soldati con la sua presenza.

Sia gli assalitori che i difensori furono più feroci e più ostinati che nei giorni precedenti. Fra quelli che cadevano sul campo di battaglia era molto maggiore il numero dei musulmani che quello dei cristiani; ma i musulmani potevano far fronte alle loro perdite, quelle dei cristiani invece erano irreparabili.

Gli assedianti avevano nuovamente diretto tutte le loro forze contro la torre e la porta di Sant'Antonio e già erano sulla breccia, quando i Cavalieri Templari presero l'ardita decisione di uscire dalla città e assaltare il campo dei musulmani dove trovarono l'esercito nemico ordinato in battaglia.

Dopo una sanguinosa battaglia, i musulmani misero in rotta i cristiani e li inseguirono fin sotto le mura. Il Gran Maestro dei Templari Guillaume de Beaujeu fu ferito da una freccia e cadde in mezzo ai suoi Cavalieri. Il Gran Maestro degli Ospitalieri Jean de Villiers, ricevette una ferita che lo rese inabile a combattere.

Allora la rotta divenne generale; fu persa ogni speranza di salvare la città. Rimanevano appena 1.000 guerrieri cristiani per difendere la porta Sant'Antonio contro tutto l'esercito musulmano. I cristiani furono costretti a cedere dalla moltitudine dei loro nemici e fuggirono verso la casa dei Templari, situata dalla parte del mare.

1291: la fuga dei cristiani

Allora un velo di morte coprì tutta la città di San Giovanni d'Acri; i musulmani si inoltravano inferociti in ogni strada facendo una strage. Si combatteva ostinatamente in ogni fortezza, in ogni palazzo, all'ingresso d'ogni piazza e in tutti questi scontri vi furono tanti uccisi, che, secondo un Cavaliere di San Giovanni, “si camminava sopra i morti come sopra un ponte”.

Allora, come se il cielo avesse voluto dare il segnale della fine di tutte le cose, un violento temporale scoppiò sopra la città; l'orizzonte si coprì di una tale oscurità che si potevano appena distinguere le insegne dei combattenti e vedere quale bandiera sventolasse ancora sulle torri.

Tutti i flagelli partecipavano alla desolazione di San Giovanni d'Acri. Fu appiccato il fuoco in vari quartieri senza che qualcuno si preoccupasse di spengerlo, poiché i vincitori si preoccupavano soltanto di distruggere la città e i vinti pensavano solo a fuggire.


gli Ospedalieri evacuano i cittadini di San Giovanni d'Acri
cercando di mettere ordine tra la folla che corre al porto

Il popolo fuggiva a caso, senza sapere dove potesse trovare asilo. Intere famiglie si rifugiavano nelle chiese, dove rimanevano soffocate dalle fiamme o scannate al piede degli altari; pie religiose e timide vergini correvano con la moltitudine che vagava per la città, o si deturpavano il seno e il volto per sfuggire alla brutalità dei vincitori.

Ma la più deplorabile di tutte le sventure di San Giovanni d'Acri era la diserzione dei capi che abbandonavano il popolo in preda all'eccesso della disperazione.

All'inizio della battaglia erano già fuggiti Jean de Gresli e Oste de Granson, che si erano a mala pena fatti vedere sulle mura durante l'assedio; molti altri che avevano giurato di morire, vedendo tanta generale distruzione pensarono solo a salvare le loro vite e gettarono via le loro armi per poter fuggire più velocemente.

Malgrado ciò la storia può opporre a queste vili diserzioni alcuni fatti veramente eroici. Meritano memoria le valorose gesta di Guillaume de Clermont: in mezzo alle rovine di San Giovanni d'Acri, in mezzo all'universale desolazione, sfidava ancora il nemico.

Avendo radunato alcuni guerrieri cristiani, corse alla porta Sant'Antonio abbandonata dai Templari; quasi da solo passò più volte per mezzo alle schiere mussulmane e ritornò indietro sempre combattendo; quando era nel mezzo della città, il suo cavallo, sfinito dalla fatica, non obbediva più agli sproni e si fermò in mezzo alla strada esausto. I Saraceni, a colpi di frecce gettarono a terra Guillaume; così quel leale campione di Gesù Cristo rese l'anima al suo Creatore.

Non si devono dimenticare i giusti elogi a Nicolas de Hannapes, Patriarca di Gerusalemme, il quale durante l'assedio aveva partecipato a tutti i pericoli dei combattenti. Quando lo condussero verso il porto per salvarlo dalle mani dei musulmani, quel generoso vecchio si lamentò per essere separato dal suo gregge nel maggiore pericolo; costretto alla fine ad imbarcarsi, volle ricevere sulla sua nave tutti quelli che si presentavano, tanto che la nave affondò per il troppo peso e il fedele pastore morì vittima della sua carità.

Il mare era burrascoso, le navi non potevano avvicinarsi a terra. La riva presentava un commovente spettacolo: una madre chiamava suo figlio, un figlio suo padre; alcuni per disperazione si precipitavano nelle onde; la folla faceva di tutto per raggiungere le navi a nuoto, molti affogavano, gli altri erano respinti a colpi di remi.

Giunsero al porto alcune donne delle più nobili famiglie portandosi appresso i loro diamanti e le altre cose di maggior pregio; promettevano ai marinari di essere loro mogli e di farli padroni delle loro ricchezze se le portavano lontano dal pericolo: così furono trasportate nell'isola di Cipro.

Non si aveva misericordia che per quelli che non potevano pagare; così mentre le lacrime non impietosivano più i cuori, l'avarizia aveva preso il posto dell'umanità. Poi i cavalieri musulmani giunsero sul porto e inseguirono i cristiani fino nelle onde; allora nessuno poté scampare dalla carneficina.

1291: il castello dei Templari

Frattanto, in mezzo alla città incendiata, saccheggiata e distrutta dai vincitori, rimanevano ancora in piedi alcune fortezze difese da pochi soldati cristiani; quegli sventurati guerrieri morirono con le armi in mano, senza avere altri testimoni della loro fine gloriosa che i loro implacabili nemici.

Il castello dei Templari nel quale si erano rifugiati tutti i Cavalieri scampati alle spade dei musulmani, era il solo luogo della città in cui ancora si continuava a combattere.


ruderi del castello dei Templari (il castello dei pellegrini)

Il Sultano, avendo accordato loro una capitolazione, mandò 300 soldati per l'esecuzione del trattato. Quando questi entrarono in una delle principali torri, cioè quella del Gran Maestro, oltraggiarono le donne che vi si erano rifugiate. Questa violazione dispiacque tanto ai guerrieri cristiani, che tutti i musulmani entrati nella torre furono immediatamente trucidati.

Il Sultano, sdegnato, comandò che si assediassero i cristiani nel loro ultimo asilo e che fossero massacrati tutti quanti. I Cavalieri Templari e i loro compagni si difesero per alcuni giorni; alla fine la torre del Gran Maestro fu minata e crollò nel momento stesso in cui i musulmani davano l'assalto. Gli assalitori ed i difensori furono egualmente sepolti sotto le sue rovine; anche le donne, i fanciulli, i guerrieri cristiani e tutti quelli che si erano rifugiati nella casa dei Templari perirono allo stesso modo.

Tutte le chiese di San Giovanni d'Acri furono profanate, saccheggiate, incendiate; il Sultano comandò che i principali edifici, le torri e le mura fossero demoliti. I soldati musulmani esprimevano la loro gioia con feroci clamori; e quella gioia del vincitore era in orribile contrapposizione alla desolazione dei vinti.

Fra le scene tumultuose della vittoria, si udivano da una parte le grida delle donne che i musulmani stupravano nel loro campo e dall'altra parte le grida dei fanciulli e dei giovinetti.

Una moltitudine smarrita di fuggitivi che non aveva alcuno scampo corse alla tenda del Sultano per implorare la sua misericordia; ma al-Ashraf Khalil distribuì quei cristiani supplichevoli ai suoi Emiri, che li fecero ammazzare tutti.


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