la Crociata del Re di Navarra
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1239: la situazione in Oriente

Occupati in queste guerre e contese, nessuno dava più ascolto alle preghiere dei Cristiani di Palestina. Scaduta la tregua conclusa con Federico II, l'Emiro di Al-Karak occupò Gerusalemme, demolì la torre di Davide e le mura che erano state nuovamente edificate dai Cristiani.

Le comunicazioni marittime erano interrotte perché le armate d'Italia combattevano tra di loro per il dominio dei mari, in parte in favore di Gregorio IX, in parte di Federico II. I pochi pellegrini che giungevano in Oriente narravano le funeste divisioni dell'Occidente, togliendo così il piccolo barlume di speranza nel quale confidavano ancora i Cristiani di Terra Santa.


Federico II

Alcuni Crociati che si erano già mossi per la difesa di Costantinopoli ed altri per quella di San Giovanni d'Acri, ritornarono indietro per combattere nella Crociata bandita del Papa contro l'Imperatore; altri ancora, volendo recarsi in Siria via terra, furono quasi tutti trucidati nelle montagne e nei deserti dell'Asia Minore.

I principi e signori che, contro il volere del Pontefice, partirono per la Terra Santa e si imbarcarono nei porti della Provenza, giunsero in Palestina con pochissimi soldati.

Contemporaneamente i disordini dell'Oriente non erano minori di quelli dell'Occidente. Era morto di recente il Sultano del Cairo al-Malik al-Kamil e i Principi della sua famiglia, per cupidigia di territori, entrarono in guerra fra loro, aspirando ognuno a regnare sull'Egitto e sui principati di Damasco, Aleppo e Hama.

Gli Emiri ed i Mamelucchi chiamati in soccorso da ogni parte, presero l'arroganza di essere arbitri dei troni che dovevano solamente difendere; regnare divenne una cosa pericolosa, tanto che un Sultano di Damasco decise di abdicare.

Ogni Principe chiamava in suo aiuto i Corasmi o altri popoli barbari che ardevano le città, saccheggiavano le provincie e rovinavano gli stessi Principi per la cui difesa si erano mossi.

1239: la Battaglia di Gaza

I Crociati avrebbero potuto approfittare di tali turbolenze, ma non seppero mai mettere insieme né tenere unito un esercito; non avevano un capo che progettasse ed eseguisse le imprese ed ognuno faceva causa per se stesso; ogni Principe concludeva una tregua o la pace col nemico, non curandosi d'altro che dei propri vantaggi.


Pietro di Dreux

Il Baillistre di Bretagna Pietro di Dreux, con suoi cavalieri, fece una incursione nel territorio di Damasco e ritornò al campo dei Crociati con molti cammelli, buoi, cavalli, asini e bufali catturati ai musulmani. Il Conte Enrico II di Bar, il Duca Ugo IV di Borgogna e altri grandi baroni, invidiando il ricco bottino fatta da Pietro di Dreux, decisero anch'essi di tentare qualche spedizione per la quale avrebbero potuto arricchirsi delle spoglie nemiche e progettarono di fare le loro scorrerie nel territorio di Gaza, del quale erano famosi i ricchi pascoli abbondanti di messi.

Quando questa loro decisione fu nota, i più prudenti tra i signori e dei baroni cercarono di dissuaderli dal separarsi dall'esercito. Il Conte Tebaldo di Champagne, eletto capo della Crociata, ordinò loro di non muoversi dal campo, ma tutto fu vano; il Conte Enrico II di Bar, il Conte Amaury VI de Montfor ed altri signori non risposero altro se non che erano venuti in Siria per guerreggiare con gli infedeli e partirono con i loro uomini d'arme. Quelli che erano rimasti al campo, prevedendo dei guai, decisero di seguire da lontano i loro compagni che partivano e mossero verso Ascalona.

Verso la fine del giorno il Conte Enrico II di Bar ed il Conte Amaury VI de Montfort giunsero nei pressi di un fiume sul confine del territorio di Gerusalemme con quello dell'Egitto. Nonostante i consigli in contrario del Conte di Giaffa Gualtieri IV di Brienne, camminarono tutta la notte, sperando di giungere in un certo vasto prato nel quale pascevano gli armenti dei musulmani.

Sul far del giorno i Crociati si trovarono in una gola fra i colli di sabbia, dove si fermarono, aspettando che il bestiame uscisse al pascolo.

Un manoscritto dell'epoca descrive il modo nel quale i soldati Cristiani posero questo agguato:
“i ricchi fecero imbandire le mense e si posero a mangiar pane, galline, capponi e le carni cotte che avevano seco loro portate, senza dimenticarsi il vino in bottiglie e in barili, Alcuni mangiavano, altri dormivano, altri custodivano i loro cavalli, standosene in tanta sicurezza come se avessero dimenticato i nemici che andavano cercando, ma presto si accorsero che nostro signore Gesù Cristo non vuole chi li serve in tale maniera.”

Il comandante musulmano di Gaza, saputo dell'arrivo dei Cristiani, durante la notte aveva fatto accendere grandi fuochi per dare agli abitanti il segnale di pericolo. Da ogni parte accorsero musulmani armati.

Il Conte Enrico II di Bar, vedendosi venire addosso il nemico, radunò i suoi cavalieri e mosse nella pianura, per conoscere il numero e la qualità dei musulmani.

Grida, urla minacciose e suoni di tamburi e di corni riempivano di fracasso tutta la contrada; la campagna era coperta di uomini armati; i frombolieri e gli arcieri avevano occupato i luoghi prominenti.

Allora i capi dei Crociati si riunirono in consiglio: il Conte di Giaffa ed il Duca di Borgogna consigliarono di non aspettare la battaglia e di ritirarsi, poiché i cristiani erano nella sabbia fino alle ginocchia e il numero dei musulmani, proporzionato al loro, era di tredici contro uno.


Amaury VI de Montfort (dipinto di Henry Scheffer)

Il Conte Enrico II di Bar ed il Conte Amaury VI de Montfort volevano invece che si combattesse, dicendo che vi era più pericolo e vergogna nel ritirarsi che restare a combattere. Il Conte di Giaffa Gualtieri IV di Brienne e il Duca Ugo IV di Borgogna, risposero che non volevano perdere sé stessi e le loro genti e dettero il segnale della ritirata.

Allora i pellegrini che volevano rimanere, sapendo in che grave pericolo versavano, pregarono quelli che stavano partendo di mandare loro in soccorso Tebaldo di Champagne e gli altri capi dell' esercito. Il Duca di Borgogna e il Conte di Giaffa li esortarono nuovamente a salvarsi dalla certa sconfitta, ma invano.


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