la Terra Santa tra il 1244 ed il 1246
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Mentre tutto l'Egitto celebrava la vittoria di Forbie-Gaza, gli abitanti di Palestina si dolevano per la morte e per la prigionia dei loro migliori soldati. Finche i Cristiani avevano la speranza di vincere le orde dei Corasmi con l'aiuto dei musulmani di Siria, non trovavano niente da ridire sulla loro alleanza con gli infedeli; ma la sventura di Forbie-Gaza riaprì e inacerbì le piaghe della inveterata inimicizia.

La sconfitta fu attribuita alla divina giustizia, indignata nel vedere il vessillo di Cristo congiunto a quello di Maometto. Similmente i musulmani ritenevano di aver tradito la causa dell'Islamismo alleandosi ai Cristiani.

Dopo la vittoria dei Corasmi dell'emiro Baybars la maggior parte della Palestina rimaneva in arbitrio dei nemici dei Cristiani. Gli Egiziani occuparono Gerusalemme, Tiberiade e le città cedute ai Cristiani dal Principe di Damasco. Le orde dei Corasmi facevano le loro scorrerie in tutte le rive del Giordano, nei territori di Ascalona e di San Giovanni d'Acri e si accamparono davanti a Giaffa.

Conducevano con loro Gualtiero IV di Brienne, sperando che avrebbe fatto aprire loro le porte di Giaffa, la città dove lui era Conte, e lo appesero ad una croce davanti alle mura.


Gualtiero IV di Brienne appeso alla croce

Mentre era così esposto alla vista dei suoi sudditi, i Corasmi lo minacciavano di morte se Giaffa non si arrendeva. Ma Gualtiero esortò ad alta voce i cittadini e il presidio a difendersi dicendo: “Il vostro dovere è difendere una città cristiana, il mio è di morire per voi e per Gesù Cristo”.

La città di Giaffa si difese e non fu espugnata e Gualtiero di Brienne fu spedito al Cairo dove, con il consenso del Sultano, fu ucciso da alcuni carovanieri che aveva derubato durante le sue scorrerie.

1245: i Corasmi contro gli Egiziani

La fortuna venne in aiuto dei Cristiani quando meno se lo aspettavano e liberò la Palestina dalla presenza di un nemico al quale nessuno poteva resistere.

Il Sultano del Cairo aveva spedito magnifici doni ai capi dei Corasmi, proponendo loro di andare ad espugnare Damasco. I Corasmi si mossero immediatamente e posero l'assedio alla città, la quale, fortificata troppa precipitosamente, non era in grado di difendersi a lungo; così che, non sperando alcun soccorso, aprì le porte ai vincitori e riconobbe come suo Principe il Sultano d'Egitto.

Allora i Corasmi, divenuti orgogliosi per le loro vittorie, chiesero al Sultano l'adempimento dei patti, cioè le terre promesse loro in Palestina. Il Sultano, che temeva un così bellicoso alleato, andava temporeggiando con varie scuse.

I Corasmi, ritenendosi traditi, offrirono i loro servigi allo stesso Principe di Damasco che sino ad allora avevano combattuto, così che ritornarono ad assediare la città per toglierla agli Egiziani ai quali la avevano consegnata poco prima.

Il Sultano d'Egitto, saputa questa novità, spedì rapidamente un esercito a soccorrere la città; i musulmani di Aleppo e quelli di alcuni Principati della Siria si unirono agli Egiziani.

I Corasmi furono sconfitti in due giornate campali e dopo questa loro rovina si trovano appena menzionati nelle storie orientali. Quasi tutti quelli che scamparono alla sconfitta morirono di fame e per i disagi sofferti in quelle stesse campagne che prima avevano devastato; i più valorosi e meglio disciplinati fuggirono negli stati del Sultano di Iconio.

Così i Cristiani di Palestina furono liberati dalla ferocia dei Corasmi, ma la perdita di Gerusalemme e la sconfitta nelle pianure di Forbie-Gaza non permettevano loro di rallegrarsene. Avevano perso i loro alleati e non rimaneva loro più alcun amico tra i musulmani.

Il sultano d'Egitto, essendosi impadronito della parte migliore della Siria, era divenuto potentissimo. Le città che rimanevano ai Cristiani sulle coste del mare erano quasi senza difensori.

L'Ordine di San Giovanni ed i Templari avevano offerto al Sultano una grossa somma per il riscatto dei prigionieri, ma non furono esauditi e non ricevettero altro che minacce; così che, non avendo più modo di sostenersi, aspettavano che la bellicosa nobiltà di Europa si movesse a ripristinarli dei cavalieri che, o per morte o per prigionia, avevano perduto.

Corrado IV, l'Imperatore del Sacro Romano Impero che aveva per titolo anche quello di Re di Gerusalemme, non si prendeva alcuna cura di salvare le reliquie del suo regno cadente; anche se aveva mandato un buon numero delle sue genti a San Giovanni d'Acri, queste erano state male accolte da quei Cristiani che non intendevano sottomettersi all'autorità Imperiale e non servivano ad altro che a peggiorare le condizioni della Terra Santa con gli orrori della guerra civile.


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