la contesa tra Papato e Impero
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Il Re di Francia Luigi IX

Federico II, che per primo aveva sfidato l'ira di Roma, aveva paura di un'altra guerra con il Papa. Si erano formate molte congiure e molte trame contro la sua vita, tanto che trovò dei cospiratori anche tra i suoi servi e quelli ai quali aveva fatto più benefici; così che l'orgoglioso monarca decise di riconciliarsi con la Chiesa e si rivolse al Re Luigi IX, perché la sua saggezza e onestà lo rendevano arbitro dei popoli e dei sovrani.

L'Imperatore scrisse quindi al monarca francese, promettendogli nelle sue lettere di sottomettersi alla sua decisione e, per interessare di più il pio monarca alla sua causa, gli offrì di fornirgli per la spedizione in Oriente viveri e navi e tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.

Il Re di Francia raccolse ardentemente questa occasione per ristabilire la pace in Europa e assicurare il successo della Crociata. Spedì pertanto alcuni ambasciatori dal Papa, i quali lo supplicarono di ascoltare la misericordia piuttosto che il suo sdegno.

Il Re di Francia ebbe due lunghi incontri con Innocenzo IV nel monastero di Cluny e lo supplicò nuovamente di placare con la sua clemenza le turbolenze del mondo cristiano; ma l'inimicizia tra il Papa e l'Imperatore era andata troppo oltre per poter sperare di stabilire la pace.

Invano l'Imperatore rinnovò le sue supplichevoli istanze; invano promise di scendere dal trono e passare in Palestina il resto dei suoi giorni, con la sola condizione di ricevere la benedizione dal Papa e che suo figlio Corrado gli sarebbe succeduto nell'Impero: questa totale abnegazione della potenza, questo avvilimento della maestà regia, non commossero Innocenzo IV, che non credeva, o fingeva di non credere, alle promesse di Federico II.

Luigi IX rappresentò al Pontefice i vantaggi che l'Europa, la Cristianità e la Corte di Roma potevano ricavare dalla conversione e dalle offerte dell'Imperatore, parlandogli della gloria e della pace della Chiesa; ma i discorsi del Re non furono quasi degnati di ascolto.

1246: la situazione in Oriente

Mentre l'eco di queste discordie, giunto fino in Oriente, diffondeva la gioia fra gli infedeli, i miseri abitanti di Palestina si abbandonavano alla disperazione sapendo che gli sconvolgimenti dell'Occidente e tanti deplorabili avvenimenti ritardavano i preparativi della Crociata.

Alcuni messi dei Cristiani d'Oriente intercedettero presso il sommo Pontefice in favore dell'Imperatore dal quale si aspettavano potenti soccorsi.


Enrico I di Cipro riceve dei messaggeri

Il Patriarca d'Armenia scrisse alla Corte di Roma per chiedere la grazia per Federico II, ma il Papa non lo degnò di risposta perché, come se avesse dimenticato Gerusalemme, il santo Sepolcro e i Cristiani di Siria, non aveva più altro pensiero che quello di fare la guerra a Federico II.

Innocenzo IV perseguitò il suo nemico fino in Oriente. Istigò Enrico I di Lusignano, Re di Cipro, a impadronirsi del regno di Gerusalemme del quale Federico II era reggente per conto di suo figlio Corrado IV e, rivolgendosi poi perfino al Sultano del Cairo al-Malik al-Kamil, lo esortò a rompere la sua alleanza con l'Imperatore.

Il Sultano del Cairo ricevette con gioia e meraviglia quel messaggio che gli annunziava le divisioni dei principi cristiani. Rispose al Papa con amarezza piena di disprezzo e più il Papa lo stimolava a non rispettare i trattati conclusi con Federico II, più il Sultano li rispettava, sperando trarne vantaggio contro la Chiesa Cristiana.

Allora l'Imperatore, costretto a rinunciare ad ogni tentativo di pace, non perdonò a Luigi IX di essere rimasto neutrale nella contesa che turbava tutta la Cristianità e spedì segretamente un ambasciatore in Asia per avvertire i principi musulmani della prossima spedizione del Re di Francia.

Poi decise di usare la forza e la violenza progettando di muovere contro Lione con un esercito; per alcuni giorni la Francia e l'Italia risonarono del rumore dei suoi preparativi e delle sue minacce.

1246: la contesa tra Innocenzo IV e Federico II

In questa deplorevole contesa, il Papa Innocenzo IV era convinto di difendere la gloria della Chiesa, e tale convinzione gli dava quell'energia di cui la storia offre pochi esempi: il Papa “se vinto, non si scoraggiava, se vincitore non si lasciava mai addolcire dalle preghiere”.

L'Imperatore, che doveva combattere contro le opinioni prevalenti, ondeggiava di continuo fra la viltà e la presunzione, fra la speranza e il timore; le folgori della Santa Sede rumoreggiavano sempre sulla sua testa; le maledizioni di Roma colpivano tutte le città e tutte le provincie che gli obbedivano e la fedeltà dei popoli si stancava di dover difendere una causa che li separava dalla comunione dei Cristiani.

Federico II vedeva così ogni giorno crescere il numero e la forza dei suoi nemici ed alcune sconfitte subite in Germania e in Italia gli facevano temere che la fortuna avrebbe abbandonato le sue armate.

Dopo aver minacciato il Pontefice, l'Imperatore si lasciò vincere dalle sue paure e la sua anima costernata si umiliò a pregare; ma tale era il carattere di Innocenzo IV e la sua convinzione nella bontà della sua causa, che temeva meno l'ostilità di Federico II, che le sue dichiarazioni di sottomissione e di pentimento: le preghiere dell'Imperatore infastidivano il Papa e non facevano altro che imbarazzarlo nell'esecuzione dei suoi progetti; più Federico II si umiliava e implorava la sua compassione, più il Papa si convinceva di essere giunto al compimento della sua impresa, e la speranza di completare la rovina del suo nemico, lo rendeva sempre più implacabile.

La maggior forza del Papa per battere il suo avversario era nella potenza delle sue parole e nell'ascendente della Chiesa sui popoli. Ma i mezzi che impiegò indebolirono l'influenza morale della Corte di Roma e fecero nascere finalmente lo spirito di opposizione fra le nazioni cristiane. Colonia, Ratisbona e molte altre città della Germania si sollevarono contro le decisioni della Santa Sede e gli abitanti di Svevia smisero di essere devoti al Pontefice; così il fanatismo e l'eresia si aggiunsero ai furori della guerra civile.


guerra tra Papato e Impero

L'Inghilterra, della quale il Papa aveva respinto le preghiere al Concilio di Lione, rovinata dalla tirannide straniera, cominciò a parlare e a dolersi come l'asina di Balaam oppressa dalle bastonate. In alcune assemblee tenute a Londra alla presenza del Re Enrico III, i baroni e i prelati inveirono con veemenza contro i sostenitori del Papa, i cui privilegi erano enormi e che traevano dal regno somme molto maggiori di quelle che si percepivano in nome della corona.

Nel medesimo tempo i commissari della Corte Romana saccheggiavano le provincie della Francia e, percorrendo le città e le campagne, facevano vendere i mobili dei curati e dei cappellani dei Signori; esigevano dalle comunità religiose ora il ventesimo per la Crociata di Costantinopoli, ora la decima per la Crociata di Palestina e talora anche un contributo per proseguire la guerra contro l'Imperatore.

Da tutte le parti crebbe talmente il malcontento del popolo, che il Re Luigi IX fu costretto a proibire ai commissari del Papa di esigere i tributi e continuare le loro predicazioni.

Federico II non mancò di esprimere, non solo ai monarchi, ma anche ai signori ed ai baroni di ogni regno, le sue doglianze contro il Pontefice ed il Clero, i quali, secondo lui, “ritenevano che il Giordano scorresse solo per loro”.

Non perdonava nelle sue lettere, né i Cardinali, né i Vescovi, che le elemosine e le decime li avevano resi onnipotenti. Ricordava i tempi della Chiesa primitiva, quando i ministri di Gesù Cristo si acquistavano la reverenza universale con grandi virtù e miracoli e non con le pompe e le ricchezze e soprastavano ai Re e ai popoli, non con le armi, ma con la santità della loro vita.

Queste considerazioni di Federico II fecero una grande impressione negli animi della nobiltà francese. Il Duca Ugo IV di Bourgogna, Ugo V di Châtillon Conte di Saint-Paul, il Conte Giovanni I di Blois-Châtillon ed il Conte di La Marche Ugo X di Lusignano formarono una potente lega contro la potestà temporale della chiesa, che volevano distruggere.

Questa iniziativa della nobiltà suscitò la preoccupazione del Sommo Pontefice, che minacciò di scomunicare i signori francesi e privare le loro famiglie dei benefici della Chiesa.

In questa occasione Innocenzo IV senza dubbio venne aiutato dalla saggezza conciliante del Re Luigi IX. Molti dei signori che avevano promesso di prendere le armi contro il Papa e il Clero, si impegnarono a seguire il Re di Francia in Oriente e così la Chiesa si salvò da questa nuova burrasca.


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