1250: la permanenza in Terra Santa
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Venuta la domenica prefissata, i baroni convennero per la terza volta in consiglio. Il Re, con un segno della croce, invocò per prima cosa l'aiuto dello Spirito Santo e poi pronunciò il seguente discorso:
“Signori, io sono ugualmente grato a quelli che mi hanno consigliato di rimanere in Asia ed a quelli che consigliavano il mio ritorno in Occidente.
Quelli e questi, né di ciò ho dubbio, unicamente parlarono nell'interesse del mio regno e della gloria di Gesù Cristo. Ma dopo aver a lungo riflettuto sulle ragioni vostre, io reputo di potere, senza danno e pericolo dei miei Stati, indugiarmi ancora per qualche tempo in questi paesi.
La Regina mia madre, che ha saputo difendere l'onore della corona francese in tempi ancora più difficili di questi, non mancherà ora della sua solita costanza e prudenza ed avrà contro minori ostacoli.
No, il mio regno non avrà danno per la mia assenza; ma se io abbandono questa terra per la quale l'Europa tanto ha fatto e patito, chi la difenderà contro i suoi nemici, e chi vi vorrà rimanere quando io sia partito?
E sarebbe sopportabile, che essendo io venuto qua per difendere il regno di Gerusalemme, mi sentissi un giorno il rimprovero della sua minaccia? Rimango dunque per salvare quello che ne resta, per liberare i nostri prigionieri e approfittare, se è possibile, delle discordie dei saraceni.
Non voglio però obbligare alcuno; chi vuole ritornarsene in Occidente, parta pure; quanto a quelli che resteranno sotto i vessilli della Crociata, dichiaro che di nulla gli lascerò difettare e che parteciperò sempre con loro sia alla prospera che e all'avversa fortuna”.

A queste parole molti rimasero sbalorditi e proruppero in pianto. Ma il Duca Carlo I di Angiò e il Conte Alfonso III di Poitiers, col maggior numero dei signori, si disposero a partire.

Il Re, vedendo la loro determinazione, consegnò loro una lettera diretta al clero, alla nobiltà e al popolo del suo regno, nella quale si narravano i successi delle vittorie e le sconfitte dei cristiani e la loro prigionia. Nella stessa lettera il Re pregava tutti i suoi sudditi, di armarsi e correre al soccorso di Terra Santa.

1250: le proposte di alleanza

Partiti che furono i due fratelli, il Re volse i suoi pensieri ad assoldare mercenari e porre la Palestina in stato di difesa. Per fare questo era favorito anche dalle divisioni che menomavano le forze dei musulmani, visto che quelli di Siria, dopo l'uccisione del Sultano del Cairo Al-Malik al-Mu`azzam Tûrân Châh, non volevano riconoscere l'autorità dei mamelucchi.

Così che il Principato di Damasco era caduto in potere di An-Nasir Yusuf, Sultano di Aleppo, il quale si preparava a muovere contro il Cairo con un poderoso esercito, per cui tutto l'Egitto era pieno di confusione e di spavento.

La Sultana Shajar al-Durr, costretta a cedere il trono e la suprema potestà al Turkmeno Izz al-Din Aybak, lo prese per marito e questo cambiamento acquietò gli spiriti per qualche tempo; ma il suo Stato restò tanto mal fermo, che si succedevano continue novità.

La milizia turbolenta ed inquieta che aveva distrutto l'Impero degli Ayyubidi, non sapeva sopportare né le cose vecchie né le nuove. Per prevenire le sedizioni, i capi mostrarono dapprima alla moltitudine un fanciullo di quella famiglia che avevano bandita e lo fregiarono del vano titolo di Sultano; ma poi dichiararono che l'Egitto apparteneva al Califfo di Baghdad e che essi lo governavano in suo nome.

In questo tempo e in tante confusioni il Sultano d'Aleppo e di Damasco spedì i suoi ambasciatori dal Re Luigi IX, proponendogli di fare una alleanza per reprimere l'orgoglio e la ribellione della milizia del Cairo; contemporaneamente prometteva ai cristiani di dividere con essi le spoglie dei vinti. Ma anche gli Emiri d'Egitto, per mezzo dei loro ambasciatori, proposero al Re di allearsi con lui e gli offrirono vantaggiose condizioni.


il Re Luigi IX

Dunque il Re era indeciso sulla scelta; molte ragioni lo spingevano in favore del Sultano di Aleppo e di Damasco, poiché non si poteva fare affidamento sugli Emiri dalla volontà instabile e dall'autorità malferma; al contrario il Sultano era molto potente ed affidabile. Un'altra considerazione era che le offerte dei mamelucchi non avevano altro scopo che sostenere la loro ribellione mentre il Sultano si era armato per vendicare la causa dei principi.

Tutte queste considerazioni furono discusse in consiglio e il suo giudizio pendeva incerto; ma il Re considerava anche che aveva sottoscritto un trattato con gli Emiri e che non aveva motivi sufficienti per sciogliere l'impegno preso; inoltre i mamelucchi avevano ancora 12.000 prigionieri cristiani, i quali, se egli entrava in guerra, non avrebbero recuperato mai più la loro libertà.

Rispose quindi agli ambasciatori di Damasco che si sarebbe alleato volentieri col loro Sultano, qualora i mamelucchi non avessero osservato i trattati stipulati.

Per risolvere la cosa rapidamente, mandò subito al Cairo Giovanni da Valenciennes, con l'incarico di contattare gli Emiri e capire se volevano o meno eseguire i trattati. Gli Emiri risposero che avrebbero osservato fedelmente tutte le condizioni, purché Luigi IX si fosse alleato con loro e, per dimostrare la loro buona fede, liberarono subito più di duecento cavalieri.

Queste miserande vittime della Crociata giunsero a San Giovanni d'Acri verso la metà dell'ottobre del 1252. Il popolo accorse per vederli sbarcare: tutti portavano ancora segni della loro prigionia; la memoria dei loro mali passati e la loro presente miseria, spinsero al pianto ed alla compassione tutti gli spettatori.

In mezzo a questi prigionieri erano portate in trionfo, in una bara, le ossa di Gualtiero IV di Brienne, caduto nelle mani degli infedeli durante la battaglia di Foirbe-Gaza e ucciso al Cairo dalla moltitudine furibonda.

Il clero accompagnò le reliquie dell'eroe cristiano alla chiesa degli Ospitalieri, mentre i suoi compagni andavano celebrando le sue gesta e la gloriosa morte sopportata per la causa di Cristo.

La carità dei fedeli accolse e confortò i prigionieri e il Re Luigi prese al suo servizio tutti quelli che, per la loro età o per le infermità, erano oramai inadatti all'esercizio delle armi.

1250: la morte di Federico II

Così, per le divisioni dei loro nemici, le condizioni dei cristiani andavano di giorno in giorno migliorando; il Re di Francia dettava legge agli Emiri e, se avesse avuto a disposizione più soldati, avrebbe potuto porre rimedio ai danni sofferti in Egitto. Ma l'oriente poteva rifornirlo a mala pena di pochi soldati e l'occidente mostrava poca sollecitudine nell'inviargli nuovi soccorsi.

Il Re Ferdinando IV di Castiglia e León, che aveva preso la croce, morì appunto quando stava per partire per la Terra Santa e il suo successore rivolse tutti i preparativi di guerra contro i Mori dell'Africa. Intanto l'Imperatore Federico II, che si preparava a soccorrere il Re Luigi, morì nel regno di Napoli, lasciando nel suo testamento 100.000 once d'oro per soccorrere Terra Santa.

La morte e le ultime volontà dell'Imperatore facevano sì che i regni cristiani non avessero più impedimenti per soccorrere la Terra Santa a causa della guerra insorta tra Chiesa e Impero.


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