1263: le prime conquiste di Baibars

1263: Baibars attacca San Giovanni d'Acri

Frattanto la condizione dei Cristiani d'Oriente si faceva di giorno in giorno più pericolosa. Il nuovo Sultano del Cairo, dopo aver fatto diverse scorrerie nel Principato di Antiochia, era entrato nel territorio della Palestina con un esercito tanto poderoso, che egli stesso paragonava il numero dei suoi soldati alla moltitudine degli animali che popolano la terra e dei pesci che abitano l'Oceano.

I cristiani, spaventati dal suo arrivo, gli spedirono incontro i loro ambasciatori a chiedergli la pace, ma il Sultano non dette loro altra risposta che quella di far incendiare la chiesa di Nazareth; poi i suoi guerrieri devastarono tutto quello che trovarono fra Nain e il monte Tabor e si accamparono davanti a San Giovanni d'Acri.

Alcune cronache orientali riferiscono che Baibars avesse l'intenzione di espugnare allora il più potente avamposto dei cristiani in Siria e che per riuscire in questa ardua impresa, non si astenne dal farsi aiutare dei traditori. Infatti Filippo di Montfort, Signore di Tiro, alleato con i Genovesi, doveva assediare San Giovanni d'Acri con una grossa flotta, mentre i mamelucchi l'avrebbero assaltata da terra.

Baibars sì presentò davanti alla città, ma i suoi nuovi alleati, forse pentiti delle promesse fattegli, non assecondarono i suoi progetti. Il Sultano si ritirò infuriato e minacciò di vendicarsi su tutti i Cristiani che le vicissitudini della guerra gli avrebbero messo tra le mani.

1265: Baibars prende Cesarea e Arsuf

Tutte le campagne erano devastate; gli abitanti delle città se ne stavano chiusi dentro le loro mura; ogni città viveva nella continua paura di vedersi attorno il nemico. Dopo aver di nuovo tentato la conquista di San Giovanni d'Acri, Baibars andò ad accamparsi sotto Cesarea, per punire i cristiani d'aver chiamato i mongoli in loro aiuto.

I cristiani si difesero per qualche tempo e poi abbandonarono la città per ritirarsi nel castello, che era circondato dal mare. Questa fortezza, che si credeva inespugnabile, non poté resistere che pochi giorni agli assalti dei musulmani.

Dopo ciò i mamelucchi andarono ad accamparsi sotto la città di Arsuf. Gli abitanti si difesero con ostinato valore: le macchine belliche dei musulmani e le travi e gli alberi gettati nel fossato della città per colmarli, furono distrutti dal fuoco.

Dopo molti scontri, assedianti e assediati si misero a scavare sotto le mura. Si cercavano e si combattevano nelle vie sotterranee e nulla poteva raffreddare l'ardore dei cristiani, né l'impaziente attività di Baibars.

Un gran numero di uomini e donne musulmani accorse per partecipare alla conquista di Arsuf. Nell'esercito musulmano nessuno beveva vino; non si facevano cose contro i buoni costumi; sagge matrone portavano l'acqua ai soldati che soccorrevano anche nel fervore della battaglia e tanto era il loro zelo che aiutavano i guerrieri perfino a trasportare le macchine d'assedio.

L'assedio durò quaranta giorni. Poi il Sultano finalmente inalberò lo stendardo del Profeta sulle torri della città e i musulmani furono chiamati alla preghiera nelle chiese convertite in moschee.

I mamelucchi trucidarono una gran parte degli abitanti, gli altri furono tratti in servitù. Baibars distribuì i prigionieri ai capi del suo esercito e poi comandò la distruzione di Arsuf. I prigionieri cristiani furono condannati a spianare le loro stesse case.

Infine il territorio conquistato fu diviso fra i principali Emiri del Sultano. Questo atto di generosità verso gli Emiri, apparve agli storici musulmani degno di maggiori elogi, tanto che uno di loro scrisse con entusiasmo:
“che una sì bella azione era scritta nel libro di Dio, prima di essere inscritta nel libro della vita del Sultano”.


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