1102: il Regno di Baldovino di Boulogne
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1102: la battaglia di Arsuf

Dopo la partenza di Baldovino, Ramla fu presa d'assalto e tutti i cristiani che vi erano dentro furono uccisi o catturati. Ben presto la triste notizia giunse a Gerusalemme; il popolo cristiano andò alla Chiesa del Santo Sepolcro per ringraziare Dio misericordioso per aver salvato la vita del loro Re, poi tutti i cavalieri che erano nella Città Santa presero le armi e marciarono per raggiungere i nemici.

Anche Ugo di Saint Omer, signore di Galilea, con ottanta uomini armati, marciò verso Giaffa. Allo stesso tempo 200 navi provenienti dall'Occidente entrarono nel porto della città. La flotta portava un gran numero di pellegrini, tra i quali illustri guerrieri provenienti dall'Inghilterra e dalla Germania.

Re Baldovino, che aveva raggiunto Giaffa via mare, improvvisamente si trovò a capo di un valoroso esercito desideroso di combattere. Il sesto giorno della prima settimana di luglio, seguito dai suoi cavalieri, lasciò la città al suono di corni e trombe.

I nemici erano a tre miglia di distanza, nella foresta di Arsuf e preparavano le macchine da guerra per mettere sotto assedio Giaffa; resistettero coraggiosamente al primo attacco dei cristiani, ma anche i più coraggiosi non poterono resistere a lungo alla vista della bandiera bianca di Baldovino, davanti alla quale tutti fuggirono.

Sconfitti nonostante il loro numero, i musulmani fuggirono verso Ascalona, lasciando 3.000 di loro sul campo di battaglia. Il giorno dopo questa vittoria sugli infedeli, Re Baldovino ritornò a Gerusalemme, rese grazie a Dio e diede l'ordine di aprire il Tempio del Santo Sepolcro ai pellegrini venuti per adorare Cristo.

1103: la liberazione di Boemondo

Il regno di Gerusalemme venne lasciato in pace per più di sette mesi. I fedeli avevano ancora da piangere per la morte di molti dei loro fratelli che erano stati uccisi a Giaffa o erano annegati sul litorale di Tiro e Sidone. La maggior parte di questi pellegrini facevano parte di quelli erano sfuggiti alla catastrofe in Asia Minore. Per la morte di tanti nobili cristiani, vennero accusati i greci, ritenuti responsabili di aver causato la rovina degli eserciti venuti dall'Occidente per aiutare i cristiani che si erano stabiliti in Siria.

L'Imperatore di Costantinopoli Alessio I Comneno, che temeva l'effetto negativo di queste accuse, inviò i suoi ambasciatori dal Re di Gerusalemme per congratularsi della sua vittoria e fece ogni sforzo per ottenere la libertà dei cristiani catturati dagli egiziani e dai turchi.

Il Conte Harpin di Bourges, fatto prigioniero, fu liberato con l'intervento dell'Imperatore di Costantinopoli. Allo stesso modo Corrado, Conestabile di Germania e 300 cavalieri franchi che languivano nelle prigioni del Cairo, vennero liberati su interessamento dell'Imperatore.

Alcuni rimasero in Siria e di nuovo si arruolarono nella milizia di Gesù Cristo, altri tornarono in Occidente. Comunque le loro espressioni di gratitudine per Alessio I Comneno non riuscirono a distruggere i pregiudizi che si elevavano da tutte le parti verso il loro liberatore.

Effettivamente questi pregiudizi non erano privi di fondamento perché, nel momento stesso in cui Alessio I Comneno contribuiva alla liberazione di alcuni prigionieri, con la sua flotta aveva cercato di attaccare e catturare Antiochia ed altre città lungo la costa della Siria che erano in mano ai Crociati. Si era offerto di pagare il riscatto del Principe di Antiochia Boemondo di Taranto, ancora prigioniero dei turchi, non per dargli la libertà, ma per averlo presso di se a Costantinopoli, dove sperava di convincerlo ad abbandonare il suo Principato.

Ma le offerte di Alessio I Comneno accesero la gelosia tra i capi musulmani e questa gelosia servì al prigioniero, che approfittò delle divisioni tra i suoi nemici per fuggire dalla sua prigione.

Fu una principessa musulmana, affascinata dai suoi modi cavallereschi e dai suoi begli occhi, ad aiutarlo a recuperare la sua libertà. Dopo quattro anni di prigionia, Boemondo tornò ad Antiochia, dove si preoccupò di respingere gli attacchi di Alessio I Comneno.

1104: l'assedio di San Giovanni d'Acri

Il vecchio Raimondo di Saint Gilles e Tolosa, che la sua ostinata ambizione lo aveva portato a farsi un principato in Oriente, cercò l'aiuto dei genovesi e dei pisani, alleati naturali di tutti coloro che cercavano di conquistare le città marittime della Siria.


una torre d'assedio

La città di Gibello (oggi J'baïl), assediata per terra e per mare, presto cadde nelle mani dei genovesi. Dopo questa spedizione, i pellegrini di Genova e Pisa ricevettero un messaggio dal Re di Gerusalemme che proponeva di assediare insieme a lui la città di San Giovanni d'Acri; le condizioni che offriva erano le stesse dell'assedio di Cesarea.

La flotta genovese apparve di fronte al porto di San Giovanni d'Acri, mentre i Crociati del Re Baldovino si accampavano sotto le mura della città. Dopo venti giorni di assedio, gli assediati proposero di aprire le loro porte, con la sola condizione di poter lasciare la città con le loro famiglie e le loro ricchezze.

Re Baldovino accettò questa proposta e tutti i capi giurarono di farla rispettare; ma i genovesi rimpiangevano il ricco bottino che era stato loro promesso. Quando si aprirono le porte, i più indisciplinati corsero al saccheggio senza rispettare la vita dei musulmani disarmati.

Nel mezzo dei disordini, il Re di Gerusalemme, indignato per la violazione del giuramento, raccolse attorno a sé i suoi cavalieri per vendicare l'ingiustizia. La fermezza di Baldovino riuscì a riportare l'ordine: i musulmani, protetti dal rispetto per il giuramento, si poterono ritirare con i loro tesori.

1104: la battaglia di Giaffa

La conquista di San Giovanni d'Acri, che era come una porta aperta sul mare della Siria, allarmò i signori di Damasco e spaventò quelli di Ascalona e di tutta la Babilonia. Ancora più preoccupati erano gli Egiziani che intendevano raccogliere un nuovo esercito e preparare una flotta per trionfare sull'orgoglio dei cristiani e fermare l'avanzata delle loro armate.

Poco dopo la conquista di San Giovanni d'Acri, a Gerusalemme si apprese che una flotta egiziana era apparsa d'avanti al porto di Giaffa e che una moltitudine di barbari di Ascalona ricopriva le pianure di Ramla.

Immediatamente tutti i cristiani in grado di portare le armi arrivarono di corsa dalla Galilea, dal paese di Nablus, dai monti della Giudea, mentre il popolo ed il clero della Città Santa imploravano la misericordia divina e nelle città cristiane venivano fatte preghiere ed elemosine.

Baldovino, con 500 cavalieri e 2.000 fanti, giunse a Giaffa, andando incontro al nemico, del quale Dio solo sapeva il numero. Lui stesso iniziò la battaglia, la bandiera bianca che portava con sé fu per tutti il segnale della vittoria per i cristiani.


il Re Baldovino I e il Patriarca di Gerusalemme alla battaglia di Giaffa
(dipinto di Henry Auguste Calixte César Serrur)

L'Emiro di Ascalona morì in battaglia; 5.000 musulmani furono uccisi ed cristiani fecero un bottino enorme; non si poteva contare il gran numero di cavalli, asini, cammelli che portarono con loro a Giaffa.


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