1102: il Regno di Baldovino di Boulogne
(pagina 1 di 7)

1102: la presa di Cesarea

Tutte le cure prese dal Re Baldovino per riportare la pace e mantenere l'applicazione della legge nel suo regno non gli impedirono di fare frequenti incursioni nelle terre dei musulmani. In una delle sue spedizioni al di là del Giordano, sorprese molte tribù arabe: quando tornò carico di bottino, ebbe l'opportunità di esercitare le più nobili virtù della cavalleria.


Guglielmo Embriaco
comandante dei Crociati genovesi

Non lontano dal fiume, improvvisamente gli giunsero delle grida: era una donna musulmana nel dolore del parto. Subito impiegò il suo mantello per coprirla e la fece distendere su dei tappeti. Per suo ordine vennero portate due otri piene d'acqua, della frutta ed un cammello per allattare il bambino appena nato, poi Baldovino diede incarico ad uno schiavo di ricondurla da suo marito. Questi, che occupava un alto rango tra i musulmani, pianse lacrime di gioia nel vedere la moglie che credeva morta e giurò di non dimenticare mai la generosa azione di Baldovino.

Tornando alla sua capitale, Baldovino apprese che una flotta genovese era approdata nel porto di Giaffa. Andò ad incontrare i pellegrini provenienti da Genova e chiese loro aiuto in qualche impresa contro i nemici della fede; promise loro di rinunciare ad un terzo del bottino e che avrebbe intitolato in ogni città conquistata una via, denominandola “Via dei Genovesi”.

A trattato concluso, il Sabato Santo i genovesi giunsero a Gerusalemme per celebrare la Pasqua e rinnovare sulla tomba del Salvatore il giuramento di combattere gli infedeli. Al loro arrivo, la città di Gerusalemme era in preghiera; i fedeli rimasero tutto il giorno nella Chiesa della Risurrezione, il clero latino e quello greco avevano cantato diverse volte il “Kyrie eleison” e più volte il Patriarca aveva pregato al Santo Sepolcro.

Il giorno successivo, giorno di Pasqua, il popolo ed i pellegrini si affollarono nuovamente dentro la santa basilica, ripetendo le cerimonie del giorno prima. Poi il clero latino, quasi tutto il popolo, il Re ed i signori, andarono al tempio di Salomone in processione a piedi scalzi. Nel frattempo i greci ed i siriani erano rimasti nella chiesa del Santo Sepolcro.


balestrieri genovesi

Al ritorno della processione, cantando il “Kyrie eleison”, ognuno accese la sua torcia alla fiamma divina, le trombe suonarono, il clero cantò i salmi e tutta la città era in festa. Questa gioia era di buon auspicio per la spedizione che si stava preparando.

Dopo Pasqua i genovesi tornarono alla loro flotta; da parte sua Baldovino riunì i suoi guerrieri. Andarono prima ad assediare Arsuf; i residenti proposero di abbandonare la loro città e di ritirarsi con le loro ricchezze e questa rinuncia venne accettata.

I cristiani assediarono poi Cesarea, una fiorente città popolata da ricchi mercanti. Caffaro di Rustico da Caschifellone, uno storico genovese che era presente alla spedizione, ci fa conoscere i singolari negoziati che precedettero gli attacchi degli assedianti: “i membri della città si avvicinarono al Patriarca ed ai capi dell'esercito e dissero: Voi che siete i dottori della legge cristiana, perché ordinate ai vostri soldati di derubarci ed ucciderci?

Il Patriarca rispose: “Non vogliamo derubarvi, ma questa città non vi appartiene, noi non vogliamo uccidervi, ma la vendetta divina ci ha scelto per punire coloro che si sono armati contro la legge del Signore.”

Dopo questa risposta che non poteva portare la pace, il solo pensiero degli infedeli fu quello di difendersi. Resistettero ai primi assalti con coraggio ma, non essendo abituati ai pericoli ed ai disagi della guerra, il loro zelo non tardò a rallentare e, dopo due settimane di assedio, le torri e le mura cominciarono ad essere sguarnite di combattenti.


Guglielmo Embriaco alla guida dei suoi Crociati genovesi
(affresco nel palazzo ducale di Genova)

I cristiani, percependo la debolezza del nemico, raddoppiarono la loro audacia ed il loro valore; non attesero la costruzione delle macchine d'assedio e decisero per un assalto generale. Il quindicesimo giorno di assedio, i soldati della croce ricevettero l'assoluzione dei loro peccati; il Patriarca, con indosso una stola bianca e in mano la Vera Croce, li esorto a combattere valorosamente.

Venne dato il segnale: i cristiani raggiunsero le mura, si arrampicarono sulle scale ed invasero le torri. La gente terrorizzata fuggì in disordine, alcuni cercarono rifugio nei templi, altri in luoghi remoti, ma nessuno di loro poté evitare la morte: la spada dei conquistatori risparmiò solo le donne ed i bambini.

In questo sterminio generale, il Qadi e l'Emiro furono gli unici che trovarono grazia, perché i Crociati speravano di trarne un grosso riscatto. I soldati si vendettero gli uni agli altri le donne e che avevano catturato per destinarle a far girare i loro mulini.


il “Sacro Catino” conservato a Genova
(Cattedrale di San Lorenzo)

Il desiderio di saccheggiare animava talmente i cristiani, che aprirono il ventre dei musulmani sospettati di aver ingerito oro; tutti i cadaveri furono bruciati nella speranza di trovare qualche moneta nella cenere. I genovesi si poterono vantare di aver avuto come parte del bottino, il “Sacro Catino” cioè il piatto usato da Gesù Cristo durante l'ultima cena.

Dopo la presa di Cesarea, i cristiani vi stabilirono un Arcivescovo. La scelta cadde su un povero prete di nome Baldovino, venuto il Oriente con i primi Crociati.

1102: la battaglia di Ramla

Il terrore che incutevano i cristiani era così grande che gli infedeli non osavano sfidarli. Invano il Califfo d'Egitto ordinò ai suoi Emiri rinchiusi in Ascalona, di combattere i cristiani e li fece portare in sua presenza in catene. Alla fine, costretti dalle minacce del Califfo, tentarono un'incursione a Ramla.

Baldovino, avvertito del loro avanzare, riunì in fretta 280 cavalieri e 900 fanti. Non appena giunse in presenza dell'esercito egiziano, dieci volte superiore a quello dei cristiani, disse ai suoi soldati che avrebbero combattuto per la gloria di Cristo e che se alcuni avessero voluto fuggire, dovevano ricordare che l'Oriente non aveva rifugi per gli sconfitti e che “la Francia é molto lontana”.


la battaglia di Ramla

Il Patriarca di Gerusalemme, che da qualche tempo era in lite con il Re, non aveva seguito l'esercito; il venerabile Abate Gerle, che portava la reliquia della Vera Croce al suo posto, ricordò ai soldati che erano lì per vincere o morire.

L'esercito cristiano aspettava in cupo silenzio l'immensa moltitudine di saraceni, etiopi, turchi, arabi d'Egitto che, sicuri del loro numero, marciavano al suono di trombe e tamburi.


LA STORIA DELLE CROCIATE LE CROCIATE DEL NORD LA STORIA DELLA RECONQUISTA
I CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO I CAVALIERI DI SAN LAZZARO I CAVALIERI OSPITALIERI
I CAVALIERI TEMPLARI I CAVALIERI TEUTONICI I CAVALIERI DI SAN TOMMASO I MONACI CISTERCENSI
I CAVALIERI PORTASPADA I FRATELLI DI DOBRZYN L'ORDINE DI SANTIAGO L'ORDINE DI CALATRAVA
L'ORDINE DI ALCANTARA L'ORDINE DI MONTESA L'ORDINE DEL CRISTO L'ORDINE DI SAN BENEDETTO DI AVIS