1118: il regno di Baldovino di Bourg
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1124: l'assedio di Tiro

Anche se l'esercito Crociato aveva trionfato sui Saraceni, doveva sempre occuparsi della difesa delle città e dei confini del Regno costantemente minacciati e non poteva allontanarsi per fare nuove conquiste. I guerrieri, costretti a restare nelle città cristiane, piangevano la loro inattività e speravano sempre nell'arrivo di nuovi rinforzi dall'Occidente. Fu allora che una flotta veneziana arrivò al largo delle coste della Siria.


i veneziani disperdono la flotta dei saraceni

I Veneziani, che per diversi secoli si erano arricchiti con il commercio con l'Oriente e temevano di rompere alcuni collegamenti commerciali con le potenze musulmane dell'Asia, avevano partecipato molto poco alla prima Crociata ed agli eventi che ne erano seguiti.

Erano stati in attesa del risultato di questa grande impresa per approfittare e partecipare senza pericolo alle vittorie dei cristiani; ma alla fine, gelosi dei vantaggi ottenuti in Siria dai genovesi e dai pisani, vollero condividere la sconfitta dei musulmani e prepararono una formidabile spedizione contro gli infedeli.

La loro flotta, attraversando il Mediterraneo, incontrò quella genovese che ritornava dall'Oriente: la rabbia e la gelosia improvvisamente si trasformò in guerra. Le navi genovesi, cariche di ricchezze dell'Asia, vennero aggredite e costrette a fuggire disordine.

Dopo aver arrossato il mare con il sangue dei cristiani, i Veneziani continuarono il loro viaggio fino alle coste della Palestina, dove incontrarono la flotta dei Saraceni appena uscita dai porti di Egitto; ben presto venne ingaggiata una lotta violenta in cui tutte le navi egiziane vennero distrutte o disperse.


Domenico Michiel

Domenico Michiel, il Doge di Venezia che comandava la flotta veneziana, entrò nel porto di San Giovanni d'Acri e venne condotto in trionfo a Gerusalemme. Nel celebrare la recente vittoria sugli infedeli, i veneziani si preoccuparono subito di organizzare una spedizione navale di grandi dimensioni.

In un consiglio tenutosi alla presenza dei reggenti del Regno di Gerusalemme e del Doge di Venezia, si era indecisi tra assediare la città di Tiro o quella Ascalona; si preferì quindi che fosse Dio a scegliere quale tra le due dovesse essere assediata, per poi seguire la sua volontà: due piccole pergamene su cui erano scritti i nomi di Ascalona e di Tiro vennero poste sull'altare del Santo Sepolcro e, in mezzo ad una folla di spettatori, un giovane orfano avanzò verso l'altare, prese una delle due pergamene e la sorte cadde sulla città di Tiro.

Prima di iniziare l'assedio di Tiro, i Veneziani, che non avevano dimenticato gli interessi commerciali della loro nazione, chiesero che fossero loro accordate una chiesa, una strada, un forno ed un particolare tribunale in tutte le città della Palestina. Chiesero inoltre altri privilegi e di prendere possesso di un terzo della città che stavano per conquistare.

La cattura di Tiro era così importante che il Reggente, il Cancelliere del Regno ed i grandi vassalli della corona prontamente accettarono tutte le condizioni dei Veneziani, stipulando un trattato di alleanza denominato “Pactum Warmundi”. Dopo la firma di un ulteriore trattato riguardante la conquista della città di Tiro, cominciarono i preparativi per l'assedio.

All'inizio della primavera l'esercito cristiano partì da Gerusalemme, mentre la flotta veneziana partiva da San Giovanni d'Acri. Il Doge di Venezia, con la sua flotta, penetrò nel porto di Tiro e chiuse le vie di fuga dal lato del mare; il Patriarca di Gerusalemme, il Reggente del Regno e Ponzio, Conte di Tripoli, invece comandavano l'esercito.

Nei primi giorni di assedio i cristiani e musulmani combatterono con testardo ardore, ma senza successi significativi da entrambi i lati. Comunque la disorganizzazione degli infedeli venne presto a sostenere gli sforzi dei Crociati: il Califfo d'Egitto aveva ceduto la metà dell'esercito al Sultano di Damasco per indurlo a difendersi di cristiani, ma i turchi e gli egiziani erano divisi tra loro e non combattevano insieme, così che i Crociati poterono approfittare di queste divisioni ed ebbero a loro favore diversi giorni di guerra.

Dopo mesi di continui attacchi, i muri iniziarono a cadere davanti alle macchine d'assedio dei cristiani; cominciava a mancare il cibo e gli infedeli erano pronti a capitolare, quando tra i cristiani cominciò a diffondersi una tale discordia che si fu sul punto di rendere inutile il lavoro del lungo assedio.

L'esercito si lamentava a gran voce che doveva sopportare solo lotte e fatiche ed i cavalieri ed i loro soldati minacciarono di restare immobili nelle loro tende.

Per prevenirli, il Doge di Venezia entrò nel campo cristiano con i suoi marinai armati di remi e si disse pronto a guidare l'assalto alla città. Questa generosa proposta infiammò il coraggio dei soldati dell'esercito e della flotta.

Intanto i musulmani di Damasco, per salvare gli assediati, stavano marciando verso Tiro. Contemporaneamente era partito da Ascalona un esercito egiziano che aveva devastato il paese di Nablus e minacciava Gerusalemme.


il Conte di Tripoli, l Doge di Venezia e il Patriarca di Gerusalemme, ricevono la resa della città di Tiro
(dipinto di Alexandre François Caminade)

Tutti questi tentativi non potevano frenare l'entusiasmo dei cristiani o ritardare il progresso dell'assedio. Ben presto si diffuse la notizia che Balak ibn Bahram ibn Ortok, il Sultano Turco, era morto davanti alle mura di Tiro. Joscelin de Courtenay, che lo aveva ucciso di propria mano, aveva fatto diffondere la notizia in tutte le città cristiane.

La testa del feroce nemico dei Crociati venne portata in trionfo davanti alle mura di Tiro, dove la vista raddoppiò il bellicoso entusiasmo degli assedianti. I musulmani, senza speranza di soccorsi, furono costretti ad arrendersi dopo un assedio durato cinque mesi e mezzo.


la testa di Balak ibn Bahram ibn Ortok viene portata in trionfo davanti alle mura di Tiro

Le bandiere del Re di Gerusalemme e del Doge di Venezia sventolarono insieme sulle mura di Tiro; i cristiani fecero il loro ingresso trionfale in città, mentre gli abitanti, dopo la capitolazione, poterono uscire dalla città con le loro mogli e figli.

Il giorno dopo la notizia della conquista di Tiro raggiunse Gerusalemme: fu una festa per tutto il popolo della Città Santa. Al suono delle campane venne cantato il “Te Deum” di ringraziamento e furono esposte le bandiere su torri e bastioni; nella strade della città vennero sparsi rami d'ulivo e fiori, mentre tessuti pregiati adornavano l'esterno delle case e le porte delle chiese.


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