1143: il regno di Baldovino III
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Ad un certo punti i lavori di assedio vennero interrotti e Zengi invitò la città ad arrendersi. I Franchi, e dopo di loro i siriani e gli armeni, risposero che avrebbero preferito morire tutti, piuttosto che dare una città cristiana agli infedeli.

Per darsi coraggio si dicevano fra loro: “Non dobbiamo temere le pietre lanciate per abbattere le nostre torri e le nostre case. Colui che ha fatto il firmamento ed ha creato legioni di angeli ci difende dai nemici e ci sta preparando palazzi nei cieli”.


la folla cerca rifugio nelle chiese

C'era in questi discorsi più rassegnazione che virtù guerriera. Così, quando il ventottesimo giorno dell'assedio, al segnale di Zengi numerose torri crollarono con un boato, l'allarme si diffuse in tutta la città.

Qualche guerriero tra i più intrepidi si precipitò a difendere i varchi che si erano creati ma, allo stesso tempo, quasi tutte le posizioni sulle mura vennero abbandonate e il nemico poté irrompere nella città: da quel momento Edessa non aveva più difensori.

I sacerdoti stavano portando per le strade le reliquie dei santi martiri, invocando la misericordia del cielo, ma quando videro i primi segni del “giorno della collera”, si fermarono improvvisamente, ammutoliti dal terrore e ben presto le spade del nemico li “condannò al silenzio eterno”: così cominciò il massacro del popolo cristiano.

La folla sconvolta corse a cercare rifugio nelle chiese, ma venne sacrificata sull'altare. Altri fuggirono verso la cittadella, ma trovarono alle sue porte il nemico e caddero sotto le sue spade. La carneficina, che era iniziata all'alba, durò fino alla terza ora del giorno.

La conquista di Edessa riempì di gioia i musulmani di Siria. Presto la notizia si diffuse in tutto l'Oriente e persino sulle coste d'Africa e in Italia venne annunciata la vittoria di Zengi.

Il feroce conquistatore lasciò ad Edessa un presidio per proseguire la sua guerra contro i cristiani, ma la sua ora giunse proprio mentre l'Asia celebrava la sua gloria. Mentre stava assediando un castello arabo vicino all'Eufrate, fu assassinato dai suoi schiavi.

La notizia di questa morte consolò i cristiani delle loro sconfitte; questi provarono una gioia smisurata, come se avessero visto cadere al tempo stesso tutti i poteri di musulmani. Questa gioia sarebbe stata breve: nuovi nemici e nuovi guai stavano per cadere come fulmini su di loro.

1145: la perdita di Edessa

Dopo la cattura di Edessa ed il massacro della sua popolazione, Zengi, colpito dalla bellezza e magnificenza della città, concepì il progetto di ripopolarla e di liberare alcuni dei suoi abitanti. Un gran numero di famiglie armene e siriane ricevette la libertà ed il permesso di tornare nelle loro case.

Quando apprese la notizia della morte di Zengi, il Conte Josselin II cercò di recuperare la sua capitale. Dopo aver riunito numerosi intrepidi guerrieri, una notte si presentò sotto le mura di Edessa, e, favorito dalla gente del posto, si introdusse nella città usando corde e scale.

Coloro che avevano scalato le mura poi aprirono le porte ai loro compagni e, tutti insieme, si scagliarono contro i Turchi sorpresi e spaventati, passando a fil di spada tutti coloro che incontravano per le strade e che non avevano avuto il tempo rifugiarsi nelle torri o nella cittadella.

Josselin II, tornato a Edessa, mandò messaggeri a tutti i Principi cristiani di Siria, supplicandoli di venire in suo aiuto e contribuire a mantenere una città cristiana. Questa notizia diffuse ovunque la gioia, ma nessuno dei Principi cristiani arrivò a dare aiuto a Josselin.

Norandino, secondo figlio di Zengi, apparve improvvisamente alle porte di Edessa con il suo esercito. Aveva giurato di sterminare i cristiani e tutti gli eserciti musulmani si erano affrettati a dare seguito a queste minacce e servire la sua vendetta.

Josselin II ed i suoi compagni non avevano avuto né i mezzi né il tempo per fortificare Edessa e la cittadella era ancora nelle mani dei loro nemici quando la città venne assediata dalle truppe di Norandino. I guerrieri cristiani, posti tra la guarnigione della fortezza e l'esercito nemico, capirono in quale pericolo erano finiti: avevano il nemico davanti e dietro di loro e non prevedevano alcun aiuto dall'esterno.

Non c'era salvezza per loro nella città che avevano appena riconquistato ed erano determinati a sfidare tutti i pericoli pur di allontanarsene. I soldati di Josselin, tutti i cristiani che erano ritornati in città ed i pochi abitanti che erano sopravvissuti al massacro dei loro fratelli, non pensavano ad altro che fuggire dalla barbarie dei musulmani.

I soldati silenziosamente si prepararono; intorno a mezzanotte aprirono le porte mentre una moltitudine in lacrime si affollava dietro di loro; poi gli sfortunati fuggitivi varcarono le porte della città. I guerrieri comandati da Josselin erano in testa alla folla e avanzavano silenziosamente verso la pianura.

La guarnigione della cittadella, accortasi della fuga, fece una sortita e incontrò i soldati Norandino, che accorsero verso la città raggiungendo la porta da dove usciva la folla dei cristiani.

Più di 30.000 cristiani furono uccisi e 16.000 furono presi prigionieri e trascinati in schiavitù. Norandino, nella sua vendetta, non risparmiò neppure le mura e gli edifici della città ribelle: distrusse le torri, la cittadella e le chiese di Edessa.

Dopo questa sanguinosa spedizione, Norandino fece di tutto per accrescere la sua fama ed il suo potere e promise ai mussulmani la più gloriosa conquista di Gerusalemme. Gli abitanti della Città Santa e delle altre città cristiane versarono lacrime di disperazione nel sentire della distruzione di Edessa. Tutti i fedeli d'Oriente erano convinti che il cielo era contro di loro e che al popolo cristiano sarebbero accaduti altri terribili disastri.

Così i Cristiani decisero nuovamente di chiedere aiuto all'Occidente dove spedirono Teobaldo, Vescovo di San Giovanni d'Acri, accompagnato da alcuni cavalieri; ma la nave che li trasportava appena si allontanò dalle coste della Siria fu sommersa dalle onde e tutti gli ambasciatori annegarono. la richiesta di aiuto giunse comunque in Europa perché alcuni pellegrini scampati al naufragio, giunsero in Sicilia.


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