1202: l'assedio di Zara
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1203: la discordia tra i Crociati

Ma altri ecclesiastici, che avevano a capo l'Abate di Loon, erano contrari all'opinione dell'Abate Guy di Vaux-de-Cernay e della sua fazione; essi ritenevano che era pericoloso voler condurre un grosso esercito per regioni distrutte dalla fame, che nella Grecia si potevano ottenere maggiori vantaggi per i Crociati che non nell'Egitto e che la conquista di Costantinopoli era un mezzo sicuro per assicurare ai Cristiani il possesso di Gerusalemme.

Questi ecclesiastici erano mossi soprattutto dalla speranza che la chiesa Greca fosse riunita a quella di Roma ed anche molti cavalieri esultavano all'idea che la riunione delle due chiese sarebbe stata opera delle loro armi; ma erano anche stimolati da altri motivi non meno potenti perché, avendo fatto giuramento di difendere i diritti degli oppressi, ritenevano che fosse il loro primario dovere patrocinare la causa di Alessio. Molti poi, per la fama delle ricchezze bizantine, tenevano conto dei ricchi guadagni che tale spedizione avrebbe comportato.

Dopo lunga deliberazione il consiglio dei Crociati decise che si accettassero le proposte di Alessio e che l'esercito cristiano si sarebbe imbarcato per Costantinopoli al cominciare della primavera.

Ancor prima dell'assedio di Zara, a Costantinopoli era giunta la notizia che i Crociati si stavano armando per una spedizione contro la Grecia; per cui il tiranno, per prevenire questa burrasca, ricorse al Papa Innocenzo III, che reputava arbitro della pace e della guerra in Occidente. I suoi ambasciatori avevano l'incarico di persuadere il Pontefice che l'Imperatore aveva legittimamente occupato il trono, che il figlio di Isacco II Angelo non aveva alcun diritto all'Impero e che la spedizione contro la Grecia era ingiusta, pericolosa e inopportuna ai disegni della Crociata.

Il Pontefice rispose che il giovane Alessio aveva molti partigiani fra i Crociati, avendo promesso, una volta ripreso il trono, che avrebbe partecipato personalmente all'impresa in Terra Santa e che avrebbe fatto cessare la ribellione della Chiesa Greca verso quella di Roma.


il Papa Innocenzo III

Il Pontefice era contrario alla spedizione Bizantina, ma nascondeva questa sua contrarietà con la speranza che l'usurpatore, per ingraziarselo, avrebbe fatto le stesse promesse del principe detronizzato. Ma il tiranno non si curò di mandare più altri ambasciatori, né si premunì in alcun modo contro l'invasione d'Occidente.

Frattanto il Re di Gerusalemme e i Cristiani di Palestina andavano ricordando al sommo Pontefice le sue promesse e i gravi pericoli in cui versavano. Il Papa si affaticava di continuo perché l'esercito Crociato movesse subito contro i Turchi e spedì in Palestina il Cardinale Pietro Capuano e il Cardinale Sicardo da Cremona, per dar animo ai Cristiani d'Oriente, annunciando l'imminente partenza dei Crociati.

Quando poi il Papa seppe che i capi della Crociata avevano deliberato di assaltare Costantinopoli, li rimproverò acremente scrivendo loro:
“Nessuno di voi presuma invadere o saccheggiare le terre dei Greci sotto il pretesto che il regnante Imperatore abbia usurpato il trono al fratello; quali che siano i suoi delitti, a voi non spetta darne giudizio, perché avete preso la Croce non per vendicare le ingiurie dei principi, ma quelle fatte a Dio”
.

Innocenzo III poi accortamente concluse la lettera senza dare l'apostolica benedizione ai Crociati e, per spaventarli meglio, li minacciò della divina maledizione. Questa lettera fu ricevuta dall'esercito Crociato con solenne venerazione, ma ognuno rimase saldo nel primo proposito. Allora ricominciarono le lamentele della fazione del Legato pontificio che disapprovava la sacrilega ostinazione dei soldati di Cristo.

L'Abate Guy di Vaux-de-Cernay, Martin Litz ed il Conte Simone IV di Montfort con i loro seguaci decisero di partire, in parte per ritornarsene alle loro case e in parte per andare subito in Palestina. Accadde così che tanto quelli che partivano quanto quelli che rimanevano, si accusavano vicendevolmente di tradimento della causa di Cristo. Nondimeno i cavalieri ed i baroni che decisero di rimanere provavano alcun rimorso per aver contrariato il Pontefice perché speravano giustificarsi con il successo delle loro armi.

1203: l'arrivo del Principe Alessio

Quando i Crociati erano sul punto d'imbarcarsi per la spedizione bizantina, giunse a Zara il giovine Alessio e, con la sua presenza, accese nell'esercito maggiore entusiasmo per la sua causa. Fu ricevuto al suono di trombe e presentato all'esercito dal Marchese Bonifacio del Monferrato, i cui fratelli maggiori si erano congiunti con il matrimonio alla famiglia imperiale bizantina.

I baroni salutarono il giovine Alessio come fosse già l'Imperatore Bizantino e lo fecero tanto più volentieri perché la sua futura grandezza doveva essere opera del loro valore ed anche perché ammiravano in lui un vendicatore della usurpazione e della ingiustizia ed un distruttore della eresia.

Nel campo non si parlava d'altro che del giovine principe, delle sue sventure, del suo esilio e della prigionia di suo padre. Alessio stesso, seguito dai principi e dai baroni, andava per le schiere Crociate facendo a tutti dimostrazioni di gratitudine e promettendo molto più di quanto poteva mantenere.


l'usurpatore Alessio III Angelo

Frattanto in Italia ed in tutto l'Occidente si era sparsa la voce dei preparativi per l'impresa bizantina; mentre l'Imperatore di Costantinopoli Alessio III Angelo, quasi che fosse il solo ad ignorare tanto movimento, non faceva niente per la sua difesa.

Alessio III Angelo guidava l'Impero Bizantino assieme a sua moglie Eufrosina, donna corrotta e sempre implicata in tenebrose trame. Il suo debole e mal condotto governo aveva attirato più volte i Bulgari ed i Turchi che, con le loro incursioni, infestavano e devastavano i confini, mentre l'Imperatore perdeva il suo tempo a spianare colline e disegnare giardini sulle rive della Propontide.

Così, dedicandosi ad una vergognosa mollezza, aveva licenziato una parte dei suoi soldati e, non volendo essere disturbato nei suoi piaceri dai rumori di guerra, arrivò a predare le tombe degli Imperatori che lo avevano preceduto per comperare vilmente la pace dall'Imperatore di Germania quando divenne Re di Sicilia.

L'Impero Bizantino non aveva più navi, i ministri avevano venduto il cordame e il sartiame delle navi ed i boschi che potevano fornire legname per la loro costruzione venivano utilizzati solo per i piaceri dell'Imperatore.

Mai a Costantinopoli ci furono tante cospirazioni quanto sotto questo Imperatore, che non si lasciava mai vedere dai suoi sudditi, così che sembrava che Costantinopoli fosse in interregno e da ogni parte sorgevano pretendenti al trono. In tanta depravazione il nome dell'Imperatore non perveniva alle provincie se non con gli ordini dei tributi e l'esercito, senza disciplina e senza soldo, non aveva capitani che lo comandavano. E quando già l'armata dei Crociati stava per spiegare le vele contro Costantinopoli, nella metropoli Bizantina si discuteva solo della questione se il corpo di Cristo nella Eucarestia fosse corruttibile o incorruttibile, cosi che mentre il nemico si stava rapidamente avvicinando, l'Impero era senza difensori.


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