1203: la prima presa di Costantinopoli
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L'esercito passò la notte nel quartiere di Stanor, allora abitato dai Giudei. Il giorno dopo i Crociati si disposero per dare l'assalto alla fortezza. Un gran numero di bizantini accorsero dalla città alle loro navi per combattere i Crociati. Jacques d'Avesnes, capitano dei Fiamminghi, fu colpito da una lancia nel viso e si trovò in pericolo di morte.

I Crociati respinsero gli assalitori; molti bizantini si gettarono in mare e vi affogarono, gli altri si rifugiarono nella fortezza di Galata ma, non avendo fatto in tempo a chiudere le porte della torre, vi entrarono pure i Crociati, raggiungendoli.


guerrieri bizantini XIII secolo

Poi i Crociati corsero a rompere la catena di ferro che chiudeva il porto. Gli Storici Veneti riferiscono che una grossa nave, detta “Aquila”, spinta dal vento favorevole urtò con grande impeto la catena e la spezzò o la tagliò con una specie di forbice di acciaio saldamente adattata alla sua prua. Allora furono catturate le galere dei bizantini e tutta l'armata dei Crociati entrò trionfalmente nel porto.

Divenuti cosi padroni del porto e del quartiere di Galata, i Crociati si riunirono in consiglio per decidere se si doveva attaccare Costantinopoli per terra o per mare.

I Veneziani proposero che si rizzassero le scale sulle navi e che si desse un assalto dalla parte del porto; i Francesi dicevano di non saper combattere sul mare e senza i loro cavalli. Fu dunque concluso che i Veneziani avrebbero fatto il loro assalto dal mare e i baroni e i cavalieri dalla parte di terra.

1203: l'assedio di Costantinopoli

L'armata si andò a piazzare davanti alle mura ed i sei corpi dell'esercito andarono a sistemarsi sopra un colle tra il Palazzo delle Blacherne e una abbazia chiusa tra mura, detta la “Torre di Boemondo”.

Goffredo di Villehardouin scrisse:
“Fu cosa mirabile e di grande ardire vedere sì piccolo gruppo di genti, che appena poteva bastare alla espugnazione d'una porta, intraprendere l'assedio di Costantinopoli, che aveva tre leghe di estensione soltanto dalla parte di terra”
.

La porta davanti alla quale si posero i Crociati era quella detta di “Egri capou” ovvero “porta obliqua”. Qui baroni e cavalieri posero le loro macchine d'assedio e giorno e notte stavano a guardia delle loro “manganelle” ed a impedire le sortite del nemico.


l'assedio di Costantinopoli

La disciplina militare era severamente osservata: nessuno poteva allontanarsi dal campo più che tre tiri di balestra e solo per procacciare del cibo. I bizantini ogni giorno si presentavano davanti alle trincee e le palizzate dei Crociati e, benché respinti, ritornavano sempre in numero maggiore.

Passarono dieci giorni con queste piccole e continue zuffe; il 17 luglio 1203, fu deciso di dare l'assalto generale contemporaneamente da terra e da mare. Tre squadroni dell'esercito rimasero a guardia del campo e gli altri si accostarono alle mura.

A guardia del campo c'erano i Borgognoni, la gente di Champagne, di Lombardia, del Piemonte e della Savoia, sotto il comando del Marchese Bonifacio del Monferrato.

Il Conte Conte Baldovino IX delle Fiandre, il Conte Luigi di Blois e Chartres, il Conte Ugo di Saint Paul con i Fiamminghi, i Piccardi e la gente della Loira andarono all'assalto.


attacco Crociato a Costantinopoli
(dipinto di Jacopo Palma, Palazzo Ducale a Venezia)

I Crociati appoggiarono le scale a un muro difeso dalla “Guardia Variaga” dell'Imperatore. Quindici Crociati giunsero in cima alle scale combattendo con le scuri e con la spada, ma furono respinti e due di loro furono catturati e condotti al Palazzo delle Blacherne e presentati all'Imperatore.

Frattanto i Veneziani proseguivano il loro assalto dalla parte del mare. Enrico Dandolo aveva ordinato l'armata in due file; le galere della prima fila erano piene di arcieri e di macchine da guerra; dietro le galere c'erano le navi più grosse, sopra le quali c'erano delle torri che sopravanzavano le mura più alte di Costantinopoli.

1203: la battaglia conclusiva

Col giorno cominciò la battaglia fra i bizantini e l'armata veneziana. Il fracasso delle onde percosse dai remi, le grida dei marinai e dei combattenti, il fuoco greco che serpeggiava sul mare incendiava le navi e bolliva sull'acqua, i grandi massi lanciati sulle case, sui palazzi e sulle navi, tutto offriva una scena spaventosa e piena di confusione.


i Crociati entrano a Costantinopoli

In tanto trambusto Enrico Dandolo, sebbene vecchio e quasi cieco, comandò ai suoi che lo conducessero a terra. Gli ordini del Doge vennero subito eseguiti: gli uomini del suo equipaggio lo presero a braccia e lo deposero sulla riva, tenendo inalberato davanti a lui il gonfalone di San Marco.

A tale vista tutte le galere Veneziane si accostarono a terra ed i soldati raggiunsero il Doge; le navi più grosse, fino ad allora rimase immobili, si spinsero in avanti e si insinuarono fra le galere; tutta l'armata si dispose in una sola fila davanti alle mura di Costantinopoli.

Le torri delle navi calarono i loro ponti levatoi sulle mura e, mentre ai piedi delle mura i Crociati piantavano le scale ed azionavano gli arieti, fra i merli i soldati combattevano con la lancia e con la spada.


la presa di Costantinopoli (dipinto di Eugène Delacroix)

Improvvisamente lo stendardo di San Marco apparve sopra una torre della città; i Veneziani gridarono di gioia e subito occuparono altre 25 torri. Poi scesero nella città ed iniziarono a dare la caccia agli abitanti ma, temendo di cadere in qualche agguato o essere sopraffatti dal popolo, si diedero ad incendiare le prime case che si trovarono d'avanti.

Rapidamente l'incendio si propagò dappertutto e la folla, incalzata dalle fiamme, si mise a fuggire spaventata.

Altrove il popolo strepitava contro Alessio III Angelo, il quale spedì altri soldati contro i Veneziani ed egli stesso uscì con il suo esercito dalle porte di Selivrea e di Adrianopoli per muovere contro i Crociati. Secondo Goffredo di Villehardouin, tanta era la gente che seguiva l'Imperatore da credere che tutta la città fosse uscita con lui.

Quando i Crociati videro l'esercito dell'Imperatore si ordinarono in battaglia presso le loro palizzate; davanti si posero i balestrieri e gli arcieri ed ogni portabandiera aveva ai lati due scudieri e alcuni sergenti d'armi. I Bizantini si avvicinarono fino ad un tiro d'arco, ben ordinati.

Giunse al Doge la notizia del pericolo dei Crociati ed egli comandò ai suoi di smettere di combattere ed abbandonare le torri catturate; quindi si mise alla loro giuda e li condusse al campo dei Crociati francesi.

I due eserciti rimasero molto tempo l'uno davanti all'altro senza combattere; i bizantini non osavano assaltare ed i Crociati si accontentavano di aspettarli col vantaggio della loro posizione. Dopo un'ora d'incertezza e di attesa, Alessio III Angelo fece suonare la ritirata; allora i Crociati, usciti delle loro trincee, si misero a rincorrere i bizantini, inseguendoli fino al Palazzo di Filota.


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