1203: il Regno di Isacco II e Alessio IV
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1204: l'oppressione di Alessio

Al suo ritorno a Costantinopoli, il giovane Imperatore Alessio IV Angelo fu ricevuto dal popolo senza alcuna dimostrazione d'allegria ed applaudivano alla sua vittoria in Tracia solamente i Crociati. Addirittura il suo trionfo lo rese ancora più odioso ai Bizantini, per cui egli, sentendo sempre di più la necessità della protezione dei Crociati, se ne stava giorno e notte nel loro campo, partecipando alle loro feste, ai giuochi ed anche ai più vili bagordi.

Non si rendeva neanche conto di essere trattato dai guerrieri Crociati con insolente familiarità, tanto che questi, per scherzo, una volta gli tolsero dal capo il diadema ornato di pietre preziose e gli posero invece il berretto di lana dei marinai veneziani. Queste cose, o vere o false che le fossero, divulgate tra il popolo accrebbero l'odio e il disprezzo per il giovane Imperatore.


lo storico Niceta Coniata

Niceta Coniata, uno storico contemporaneo bizantino, parla del figlio di Isacco II Angelo quasi con sdegno e dice che aveva il volto simile a quello dell'angelo sterminatore, che era un vero incendiario e che, invece di provare dolore per l'incendio della città, avrebbe desiderato che fosse stata ridotta tutta in cenere.

Lo stesso Isacco II Angelo accusava il figlio di inclinazioni pericolose e di corrompersi ogni giorno più con la società dei cattivi; ma aveva nei suoi confronti anche un motivo di risentimento, perché quasi tutto si faceva in nome del figlio e che si aveva poca cura del suo parere. E questa gelosia lo spinse a maledire il giovane Imperatore e ad approvare l'odio che gli portava il popolo.

Ma anche Isacco II Angelo non dava prova di essere un principe saggio e valoroso; oramai non si curava più della pubblica cosa e se ne stava chiuso nel suo palazzo in compagnia di monaci e di astrologi, i quali, magnificando la sua potenza, gli davano ad intendere che avrebbe liberato Gerusalemme e posto il suo trono sul monte Libano ed inoltre che a lui fosse riservato il dominio di tutto l'universo.

Isacco II Angelo poneva tutta la sua fiducia in una certa immagine della Madonna che portava sempre con sé e si vantava di conoscere mediante l'astrologia tutti i segreti dello Stato. Con tale confusione dell'intelletto, pensò che per rimediare a qualunque sedizione non vi fosse altro mezzo che togliere dall'Ippodromo e trasportare nel suo palazzo il Cinghiale di Calidone, una egregia opera dell'antica Grecia che era considerata dal popolo come simbolo della ribellione.

D'altra parte il popolo, non meno superstizioso di Isacco II Angelo, si vendicò delle proprie sventure con i bronzi e i marmi di Costantinopoli. Vi era nella piazza di Costantino una statua di Minerva, la quale aveva gli occhi e le braccia rivolti verso l'Occidente: il popolo immaginò che stesse chiamato i barbari, per cui la raggiunse, la rovesciò dalla sua base e la ridusse in frantumi.

1204: la rivolta di Murzuflo

Con queste turbolenze, calamità ed afflizioni, i ministri di Isacco II Angelo e di Alessio IV Angelo si preoccupavano di percepire le imposte per pagare le somme promesse ai Crociati: e tali esazioni non avvenivano senza vessazioni e ingiustizie, per cui si udivano da ogni parte lamentele e imprecazioni. Inizialmente era stato deciso di tassare solo il popolo, ma questo si ribellò; allora si impose un tributo straordinario ai cittadini più ricchi e si andavano spogliando le chiese dei loro ornamenti d'oro e d'argento.

Ma le somme raccolte non bastavano comunque a saziare l'ingordigia dei Crociati, che si misero a devastare le campagne intorno alla metropoli e saccheggiarono le case ed i monasteri della Propontide.

Queste ostilità accrebbero l'indignazione del popolo, il quale cominciò a mormorare contro l'Imperatore; poi decise di ribellarsi e corse al palazzo, reclamando che i suoi Principi disprezzavano contemporaneamente la causa di Dio e quella della patria.

Fra gli istigatori del popolo vi era un giovane principe della famiglia dei Ducas, di nome Alessio e soprannominato Murzuflo (dalle Sopracciglia folte). Costui, con la severità del suo aspetto, aveva la reputazione di essere leale e dal carattere vigoroso. Nascondeva la sua ambizione con magnifiche parole di patria, di libertà, di gloria e di religione, le quali avevano una potente influenza sugli animi del popolo.


Murzuflo

Era anche coraggioso e questo gli faceva guadagnare il favore dei più, visto che i monarchi e i cortigiani avevano una reputazione di pusillanimi che “temevano più di muover guerra ai Crociati che i cervi non temerebbero di assaltare un leone”. Dotato di voce potente, di sguardo fiero e di modi imperiosi, si sapeva ben destreggiare e parlava con enfasi contro la tirannide, per cui si fece un grande seguito tra il popolo, dando loro la speranza che un giorno sarebbe stato un valido difensore dell'Impero e liberatore di Costantinopoli.

Cominciò col persuadere il giovane Alessio IV Angelo che per guadagnarsi l'amicizia del suo popolo bisognava abbandonare l'amicizia dei Crociati ed essere loro ingrato; nel medesimo tempo incitava il popolo contro i Crociati ed infine prese egli stesso le armi.

Seguirono l'esempio i suoi amici e parte del popolo; Murzuflo, uscito dalla città con questa gente, raggiunse il campo dei Crociati immaginando di sorprenderli. La cosa però ebbe effetto contrario, perché non aveva nelle mani la ferocia che aveva nella lingua e, quando fu sul punto di combattere, i suoi amici spaventati alla vista dei Crociati, se ne fuggirono. Murzuflo, rimasto quasi solo, poco mancò che non cadesse nelle mani dei Crociati.

Questa mossa imprudente fece comunque crescere la stima e benevolenza del popolo nei suoi confronti. La gente, invece di rimproverarlo per avere implicato l'Impero in una nuova e pericolosa guerra, lodava il suo valore perché aveva osato affrontare le invincibili schiere dei Crociati. Il popolo ne augurava ogni bene e quelli stessi che lo avevano abbandonato fuggendo, scampato il pericolo, magnificavano il suo coraggio e promettevano di sterminare i nemici se fossero stati nuovamente condotti da lui.

Da una parte dunque si infuriavano i Bizantini, dall'altra minacciavano i Crociati: a Costantinopoli ed a Galata, dove questi erano accampati, non si parlava d'altro che di guerra e ognuno si armava.


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