1098: il primo assedio di Antiochia
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In un'altra occasione Tancredi, seguito solamente da uno scudiero, incontrò alcuni musulmani e tutti coloro che osarono tentare di fermarlo provarono la forza invincibile della sua spada. In mezzo alla gloriosa battaglia, l'eroe si fermò ed ordinò al suo scudiero di giurare davanti a Dio che non avrebbe mai riferito delle gesta cui aveva assistito.

Quindi le uscite degli assediati divennero meno frequenti. D'altra parte, visto che mancavano le macchine da guerra, i Crociati non potevano attaccare gli assediati nelle loro mura inaccessibili. I capi dell'esercito cristiano non potevano fare altro che attendere i Turchi in campo aperto o sperare nel favore del cielo che gli aprisse le porte di Antiochia.

Durante i primi giorni di assedio, l'esercito cristiano aveva quasi esaurito le scorte di cibo, per cui i Crociati si trovarono in preda alla fame. Quando cominciò l'inverno, cadde ogni giorno così tanta pioggia che gli accampamenti dei soldati di Gesù Cristo erano quasi sommersi dalle acque.

Le tempeste e le inondazioni causarono la distruzione delle tende, l'umidità rilassò gli archi, la ruggine corrose le lance e le spade. La maggior parte dei soldati rimase quasi senza vestiti; i più poveri tra pellegrini tagliarono gli alberi per costruire capanne, ma l'acqua e il vento vi penetrava attraverso e la gente non aveva alcun riparo contro i rigori della stagione.

Ogni giorno la situazione diventava più desolante ed i pellegrini riuniti in gruppi di due o trecento, vagavano per le pianure e le montagne, raccogliendo tutto ciò che poteva proteggerli dal freddo o sfamarli.

In mezzo alla miseria generale, i capi si riunirono in consiglio e decisero di tentare una spedizione nelle province limitrofe per procurarsi il cibo. Dopo la Messa di Natale, 20.000 pellegrini guidati da Boemondo di Taranto e dal Conte Roberto II di Fiandra, marciarono verso il territorio di Harenc.

Durante la spedizione dei Crociati, gli assediati di Antiochia erano usciti ed avevano attaccato l'esercito cristiano, ingaggiando in campo aperto una battaglia in cui il Vescovo Ademaro de Monteil perse la sua bandiera; ma alla fine i Crociati riuscirono a respingere indietro i Turchi.

Boemondo di Taranto ed il Conte Roberto II di Fiandra, durante la loro spedizione sconfissero tutti i distaccamenti di Turchi che incontrarono e ritornarono sotto le mura di Antiochia con un gran numero di cavalli e muli carichi di rifornimenti. Tuttavia i rifornimenti, non potevano bastare a lungo per la moltitudine dei pellegrini.

Tutte le campagne della Siria erano state devastate dai Turchi Selgiuchidi e dai cristiani: i Crociati, nelle loro spedizioni, spesso mettevano in fuga gli infedeli, ma le vittorie che ottenevano non portavano abbondanza nel loro campo. Per completare la tragica situazione, tutta le comunicazioni con Costantinopoli erano interrotte e le flotte di Pisa e di Genova non riuscivano a raggiungere i paesi occupati dai Crociati.


Turchi Selgiuchidi

Al porto che si trovava a sette ore da Antiochia non giungeva nessuna nave proveniente dalla Grecia o dall'Occidente. I pirati fiamminghi che si erano arruolati tra i Crociati a Tarso, erano stati sorpresi dai Bizantini e tenuti prigionieri per diverse settimane, per non parlare dei Crociati che nei loro campi morivano di fame e per le malattie.

L'arcidiacono di Toul, che guidava 300 pellegrini, a circa tre miglia da Antiochia fu sorpreso dai Turchi e perì miseramente con tutti i suoi compagni. Contemporaneamente avvenne la tragica morte di Suénon, figlio del Re di Danimarca: questo giovane Principe aveva portato in Terra Santa 1.500 pellegrini.

Aveva piantato da poco le tende tra le canne in riva ad un lago, quando i Turchi scesero dalla montagna ed attaccarono il campo nel buio della notte. Lui si difese a lungo ed i suoi uccisero molti nemici, ma alla fine, sopraffatto dalla fatica e dalla moltitudine dei nemici, cadde, coperto di ferite.

Ogni giorno, freddo, fame, epidemie, disastri di ogni tipo colpivano il campo cristiano. La mortalità era così alta che i sacerdoti non erano sufficienti a recitare le preghiere per i morti e mancava lo spazio per le sepolture. Il campo, pieno di funerali, non sembrava più quello adatto ad un esercito.

Non sembravano affatto dei soldati, molti non avevano più i vestiti e, senza riparo, languivano a terra esposti a tutti i rigori del freddo, riempiendo l'aria con i loro inutili lamenti. Altri, coperti di miserabili stracci, vagavano nella campagna come fantasmi, raccogliendo radici e mangiando erba.

Cani morti, vermi striscianti, gli animali più disgustosi placavano la fame di quelli che una volta disprezzavano il pane e, nelle loro feste, respingevano con disgusto le carni meno squisite. Uno spettacolo non meno spaventoso per i baroni ed i cavalieri, era quello di vedere morire i loro cavalli da battaglia, non potendo più dargli da mangiare. All'inizio dell'assedio, si potevano contare fino a 70.000 mila cavalli da battaglia, ora ce n'erano solo 2.000 che si trascinavano a fatica e non erano più adatti al combattimento.

Le diserzioni presto si aggiunsero a tutti gli altri flagelli. La maggior parte dei crociati aveva perso la speranza di catturare Antiochia. Qualcuno andò a cercare un riparo in Mesopotamia, altri si ritirarono nelle città della Cilicia che erano cadute nelle mani dei cristiani. Roberto II di Normandia si ritirò a Laodicea e non tornò se non dopo tre inviti a ritornare nell'esercito.

Tatikios, il generale dell'Imperatore Bizantino Alessio I Comneno, lasciò il campo dei Crociati con tutte le truppe sotto il suo comando, promettendo di tornare con i rinforzi e rifornimenti. La sua promessa, alla quale i Crociati non credevano, non placò la loro disperazione e questa disperazione giunse presto al culmine quando i pellegrini videro allontanarsi anche coloro che avevano dato esempio di pazienza e coraggio.

Il predicatore della Crociata, Pietro l'eremita, disperava del successo della spedizione e segretamente lasciò il campo cristiano. Il suo abbandono causò grande scandalo tra i pellegrini: inseguito e raggiunto da Tancredi d'Altavilla, dovette tornare ignominiosamente al campo. L'esercito lo accusò per la sua viltà e gli fece giurare sul Vangelo che avrebbe mantenuto la promessa per la quale aveva tanto predicato.


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