1099: la conquista di Gerusalemme
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1099: in marcia verso Gerusalemme

Ricordiamo che Antiochia non aveva mai visto prima davanti alle sue mura oltre 300.000 Crociati. 200.000 erano arrivati solo perche lottavano contro la povertà e le malattie e molti pellegrini, non potendo sopportare i disagi della guerra santa e perdendo la speranza di raggiungere Gerusalemme, ritornarono in Occidente.

Molti si erano stabiliti ad Antiochia o Edessa, o in altre città liberate dal dominio degli infedeli. Ora l'esercito che doveva conquistare i luoghi santi aveva sotto la sua bandiera soltanto 50.000 combattenti. Tuttavia i baroni non esitavano a continuare la loro impresa. I guerrieri che erano rimasti nelle file Crociate dovevano affrontare molte prove, ma non dovevano più trascinarsi dietro una moltitudine inutile e imbarazzante; ora erano meno numerosi ed avevano da temere meno per la carestia.

Fortificati in qualche modo dalle perdite, ora erano forse più formidabili che all'inizio della guerra. La memoria delle loro imprese dava loro fiducia e coraggio e il terrore che incutevano le loro armi poteva far credere in Oriente che erano ancora un esercito immenso. Dopo aver sconfitto l'Emiro di Tripoli in una cruenta battaglia ed averlo costretto a pagare un tributo per la pace e la salvezza della sua capitale, tutti i Crociati si misero in marcia verso Gerusalemme. Era la fine di maggio e l'esercito cristiano si era avviato seguendo la strada lungo la costa, dove poteva essere rifornito dalle flotte di Pisa e Genova, oltre che dai pirati fiamminghi.

C'erano tre strade per arrivare a Gerusalemme, una passava per Damasco, semplice e quasi sempre in pianura; l'altra passava dal Libano, difficile per i trasporti; la terza passava lungo la costa: fu quest'ultima ad essere scelta dai guerrieri della croce.

Una folla di cristiani che già viveva in Libano accorse incontro ai suoi fratelli d'Occidente, portando loro da mangiare ed accompagnandoli nel loro cammino. Le cronache raccontano degli alfieri che marciavano alla testa dei pellegrini, seguiti dai diversi corpi dell'esercito; seguiva il clero e la folla di gente inerme che rallentava la marcia. Le trombe squillavano incessantemente e tutti avanzavano lentamente seguendo le bandiere; i capi ed i sacerdoti esortavano tutti i Crociati ad aiutarsi a vicenda, e tutti erano bravi, pazienti, sobri e caritatevoli, o almeno cercavano di esserlo.

I Crociati continuarono la loro marcia nelle terre di Botrys (oggi Batroun), Byblos (Gebail), e attraversarono il fiume Lycus (Nahr el-Kelb) alla sua foce. Tale era la paura che si era diffusa tra i musulmani per il loro passaggio, che non incontrarono nessun nemico. Dopo aver attraversato la foce del Lycus, l'esercito cristiano trovò una facile marcia nel ricco territorio di Beitut, poi i Crociati raggiunsero Sidone.

Alcuni soldati musulmani di Sidone, osarono minacciare i Crociati al loro arrivo e subito i capi dell'esercito cristiano presero questa minaccia a pretesto per impadronirsi della città; ma nulla poteva distogliere la loro l'attenzione verso il grande traguardo. La maggior parte dei Principi non cercava più di arricchirsi con le conquiste mentre si avvicinava alla Città Santa.

Dopo Sidone i Crociati raggiunsero la vecchia città di Tiro, dove si trattennero per qualche giorno riposando nei suoi lussureggianti giardini. I musulmani intrappolati nelle mura di Tiro inviarono ai pellegrini del cibo, pregandoli di rispettare i giardini e frutteti che ornavano la città. I cristiani, seguendo sempre la riva del mare, arrivarono nella piana di San Giovanni d'Acri. L'Emiro che comandava in questa città per contro del Califfo d'Egitto inviò loro del cibo e promise di far loro visita quando si sarebbero impadroniti di Gerusalemme.

Siccome i Crociati non avevano intenzione di attaccare San Giovanni d'Acri, accolsero con gioia la promessa dell'Emiro egiziano, ma qualche tempo dopo fu ben presto noto che l'Emiro non aveva altra intenzione che allontanarli dal suo territorio e favorire i loro nemici nei paesi che stavano per attraversare.

L'esercito cristiano abbandonò le campagne di San Giovanni d'Acri; dopo aver lasciato alla sua destra la città di Caifa, poté contemplare il monte Carmelo, per poi accamparsi nei pressi del lago di Cesarea, dove una colomba, sfuggita dalle grinfie di un falco, cadde senza vita nel mezzo di soldati cristiani.

Il Vescovo di Apt, che raccolse l'uccello, trovò sotto le sue ali una lettera dell'Emiro di San Giovanni d'Acri indirizzata all'Emiro di Cesarea, la quale diceva: “La razza maledetta dei cristiani ha appena attraversato il mio territorio e sarà tra poco nel tuo; che tutti i capi delle città musulmane vengano avvertiti dei loro progressi, e prendano provvedimenti per schiacciare i nostri nemici”.

Questa missiva fu letta dal Consiglio dei Principi davanti a tutto l'esercito. I Crociati, diedero sfogo alla loro sorpresa con sentimenti di gioia, e non misero più in dubbio che Dio li proteggeva, visto che mandava i suoi uccelli dal cielo per rivelare i segreti degli infedeli.

Pieni di nuovo entusiasmo, continuarono il loro percorso, incamminandosi lungo la costa sino a raggiungere Lydda, l'antica Diospolis famosa per il martirio di San Giorgio. I Crociati lasciarono a Lydda un Vescovo e dei sacerdoti per servire nella chiesa del martire e gli dedicarono un decimo di tutte le ricchezze catturate ai musulmani. Poi presero possesso di Ramla. Riuniti in questa città che avevano trovata disabitata, i Crociati erano solo a dieci miglia da Gerusalemme.

Mentre l'esercito cristiano stava avanzando, i musulmani che abitavano lungo le sponde del Giordano, si rifugiarono nella capitale della Palestina, alcuni per difenderla con le armi in mano, altri per cercare rifugio con le loro famiglie e i loro armenti. Al passaggio dei mussulmani, i cristiani del posto furono sommersi dagli insulti e le chiese vennero saccheggiate e bruciate.

Intanto i Crociati avevano raggiunto i monti della Giudea, sui quali c'era Gerusalemme. L'esercito cristiano avanzò in una valle stretta tra due montagne. In questo passaggio difficile, la minima resistenza dei musulmani avrebbe potuto trionfare sulla folla di pellegrini.

Dopo aver camminato sin dall'alba, i Crociati in serata arrivarono presso il villaggio di Anathot dove passarono la notte. Fu lì che ricevettero la notizia che Gerusalemme era in fiamme; i musulmani accorsi con le loro greggi nella Città Santa, avevano bruciato le chiese e saccheggiato le case dei cristiani.

I capi dell'esercito poi ricevettero una delegazione di fedeli di Betlemme che chiedevano aiuto contro i Turchi. Goffredo di Buglione ordinò immediatamente a Tancredi d'Altavilla di intervenire al comando di cento cavalieri.


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